Confini e connessioni: transizioni e geografie politiche in trasformazione

La politica internazionale di oggi è contraddistinta da un insieme eterogeneo, ma interconnesso, di transizioni – ecologiche, digitali, geopolitiche e culturali, per citarne alcune – che ridefiniscono in profondità le modalità attraverso cui si relazionano le società e in cui si esercitano e si contestano le forme di potere. Le transizioni in corso non si limitano a modificare gli assetti istituzionali, ma investono i codici culturali, le gerarchie economiche e le architetture normative che hanno finora sorretto l’ordine internazionale multipolare. 

In un contesto instabile, le transizioni ridisegnano i confini

Tali cambiamenti avvengono oggi in un quadro di già pressante instabilità, generata e alimentata da numerosi fattori: tra gli altri, possiamo citare l’aggressione russa all’Ucraina; la guerra a Gaza; le crisi climatiche e il loro nesso con le migrazioni e la scarsità di risorse; la diffusione della minaccia della disinformazione, tra i più giovani ma non solo, che alimenta divisioni e barriere. 

Si tratta di fenomeni che contribuiscono a disegnare una realtà in cui i confini diventano sempre più porosi, mentre le connessioni assumono forme nuove, spesso ambivalenti, e impongono una riflessione critica sulla necessità di rafforzare meccanismi multilivello di cooperazione e integrazione. A loro volta, le geografie politiche non sono più statiche, ma in trasformazione, attraversate da attori statali e non statali, reti transnazionali, e dinamiche locali che assumono rilevanza globale. 

Di questi e di altri temi si è parlato durante l’iniziativa del 17 maggio 2025 “ConfinSenzaConfini”, promossa dal Comune di Gemona del Friuli e dal suo Assessorato alla Cultura. L’evento (che segue il filone della prima edizione “Oltre i muri” tenutasi nel 2024), aperto anche alla partecipazione di giovani studenti degli istituti superiori della regione, ha rappresentato un’occasione preziosa per riflettere su quanto il concetto stesso di confine sia oggi in mutamento, e quanto sia urgente immaginare nuove connessioni, più fluide, più inclusive

Tre spunti di riflessione danno forma ai concetti di confine e connessione

La rilevanza analitica e politica dei concetti di confine e connessione oggi si sviluppa su almeno tre spunti di riflessione: l’importanza della rilettura del sistema internazionale e del concetto di governance globale; il destino delle reti di cooperazione politica, economica e culturale; e, in una  prospettiva europea, il ruolo di attori come l’Ue e l’Italia nel panorama internazionale.

Facendo uno sforzo per tradurre nella pratica tali spunti, vale la pena sottolineare come lo spazio globale che oggi abitiamo è fortemente polarizzato, ancor più se si considera l’effetto diverso da paese a paese, e da regione a regione, delle transizioni sopra menzionate. All’interno di questo quadro, il legame tra Europa e Stati Uniti, che tradizionalmente si sono impegnati affinché la cooperazione internazionale e transnazionale producesse modelli di sviluppo pacifici, appare tutt’altro che lineare o coeso. Al contrario, si presenta come frammentato, selettivo e disomogeneo, riflesso di divergenze strategiche, tensioni normative e asimmetrie strutturali. Se da un lato esistono segnali di rilancio della cooperazione transatlantica su dossier specifici, dall’altro persistono ambiguità politiche, disallineamenti economici e sfiducia reciproca che ne limitano la portata sistemica. 

Il ruolo dell’Italia e il nodo educativo come terreno di competizione

In tale prospettiva, l’Italia rappresenta un caso emblematico. Tradizionalmente ponte tra est e ovest, oltre che centrale nella geopolitica del Mediterraneo, Roma ha svolto storicamente un ruolo di mediatore e continua a essere un interlocutore strategico, anche nella valorizzazione della sua proiezione culturale e di politica estera. Al di là dei tradizionali esempi che vedono la sicurezza, la difesa, l’energia, la diplomazia della salute o i mercati al centro del dibattito negli ultimi mesi, il nodo educativo assume una rilevanza crescente, soprattutto a fronte della decisione dell’amministrazione Trump – in linea con un orientamento generalmente protezionista – di restringere l’accesso a studenti e ricercatori stranieri ai principali atenei americani. Tale rilevanza si accentua ulteriormente se si pensa al trasferimento di conoscenze e competenze alla base del sistema di istruzione che ha reso possibile borse di studio, scambi universitari, e programmi congiunti, anche grazie alla diplomazia culturale e accademica. L’ambito educativo diventa dunque oggi terreno di competizione e non più opportunità di cooperazione. A fronte di questa ritirata selettiva, infatti, l’Europa sta tentando – con risultati ancora diseguali – di occupare lo spazio lasciato aperto: Francia e Italia provano a giocare un ruolo attivo, in particolare attraverso le collaborazioni accademiche con i paesi del Mediterraneo e dei Balcani, o provando ad attrarre o richiamare “cervelli” dall’estero. La stessa questione educativa è centrale anche per le transizioni che il mondo dovrà affrontare nel futuro, in particolare per il ruolo che l’accademia può avere nel decostruire e ricostruire una narrativa efficace e utile alla lettura di questi fenomeni.

È su questi piani intrecciati che si gioca oggi il ruolo e l’idea stessa di Occidente come comunità fondata su democrazia, diritti e libero mercato, seppur sottoposta a tensioni crescenti. Ed è inoltre a fronte di queste spinte che continuano a intrecciarsi i diversi piani internazionale, nazionale e locale, che i confini hanno contribuito a ridefinire. 

Responsabile del Programma Formazione e ricercatrice dell'Istituto Affari Internazionali per il programma Mediterraneo e Medio Oriente e Africa. È membro dell’Editorial Committee della rivista The International Spectator e di COST (European Cooperation in Science and Technology).

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