Signor Presidente,
Per noi dello IAI è un grande onore e una vera gioia festeggiare con Lei questo 60° anniversario.
Sessant’anni sono un tempo lungo, e lo IAI è cambiato profondamente, un cambiamento di cui sono stata testimone negli ultimi vent’anni. Eppure ho avuto anche modo di constatare come, in un certo modo, lo IAI non sia cambiato affatto.
Un tempo, riflettendo i pilastri tradizionali della politica estera dell’Italia, ci occupavamo di Europa, di relazioni transatlantiche e di Mediterraneo, oltre a seguire i temi della difesa e del commercio internazionale. Queste rimangono aree prioritarie, ma abbiamo approfondito e allargato lo sguardo.
Quando ci occupiamo di Europa, guardiamo anche ai Balcani occidentali e l’Europa orientale. Quando studiamo la difesa, allarghiamo l’orizzonte alle questioni di sicurezza e allo spazio. Quando pensiamo al Mediterraneo, lo facciamo consapevoli che non esistono confini netti tra la riva sud ed il Medio Oriente e l’Africa subsahariana. La nostra ricerca sugli attori globali inizia ma non finisce certo con gli Stati Uniti, estendendosi anche alla Russia, alla Cina e altri Paesi dell’Asia. E quando ci occupiamo di economia, approfondiamo i nessi della geoeconomia e della governance globale. Ci sono poi temi che un tempo non rientravano nell’agenda dell’Istituto, come l’energia, il clima, le migrazioni, il digitale e lo sviluppo sostenibile, che oggi invece sono al cuore del nostro lavoro. Lo IAI, 60 anni dopo, è più grande, più diversificato, più giovane e più femminile.
Ma lo IAI non è solo cresciuto. Si è anche adattato a un contesto politico interno e internazionale profondamente diverso anche solo rispetto a 20 anni fa. In passato i valori fondanti dello IAI erano condivisi dalla politica, dalle istituzioni e dall’opinione pubblica. Potevamo permetterci di fare “solo” ricerca con e per gli addetti ai lavori. Oggi quei valori sono contestati internazionalmente quanto anche internamente. Questo ci ha portati a riflettere su come la nostra missione dovesse adattarsi. Non si trattava più solo di interagire coi nostri omologhi in altri Paesi e con le istituzioni italiane e europee. Ci siamo sentiti chiamati in causa a rispondere alla crescente esigenza di conoscenza di questioni internazionali che viene da un’opinione pubblica, e in particolar modo dai più giovani, spesso spaesata da un dibattito in cui la disinformazione abbonda. Tocchiamo con mano questo problema, soprattutto dopo la crisi pandemica, l’invasione russa dell’Ucraina, la guerra in Medio Oriente e ora anche con la minaccia di un abbandono dell’Europa da parte degli Stati Uniti.
A 60 anni dalla sua fondazione, lo IAI si sente parte in causa delle sorti dell’Italia e dell’Europa. È uno IAI consapevole che non può dare per scontati i suoi valori, ma deve promuoverli attivamente.
Ed è in questo senso che si può dire che lo IAI non sia cambiato affatto. I nostri valori, iscritti nello Statuto, sono gli stessi voluti da Altiero Spinelli 60 anni fa. La liberal democrazia, i diritti umani, il diritto internazionale, l’integrazione europea e il multilateralismo erano e restano il nostro faro, la nostra guida.
E sono valori che Lei, Signor Presidente, incarna e difende ogni giorno. Ed è per questo che non poteva farci regalo più grande che festeggiare con noi il 60° compleanno dello IAI.
Grazie.
Direttore dell'Istituto Affari Internazionali, part-time professor alla School of Transnational Governance dell'European University Institute, professore onorario all’Università di Tübingen e amministratore non esecutivo e indipendente di Acea.