Una deludente scelta europea

Il Consiglio Affari esteri dell’Ue ha approvato il lancio dell’operazione militare navale Aspides, il cui obiettivo è di assicurare la libertà di navigazione nel Mar Rosso e Golfo Persico e difendere imbarcazioni civili e commerciali dai continui attacchi lanciati dal gruppo yemenita degli Houthi dall’inizio dell’offensiva israeliana a Gaza. Rimane da capire se la missione sia uno strumento efficace per prevenire ulteriori attacchi e assicurare la stabilità di questa importante rotta marittima dalla quale transita circa il 12% del commercio mondiale. 

Gli attacchi Houthi danneggiano il commercio italiano ed europeo

Dopo i messaggi contraddittori delle alte cariche europee in sostegno o critica a Israele e il voto disgiunto dei paesi Ue all’Assemblea delle Nazioni Unite sul cessate il fuoco, con Aspides gli Stati membri sembrano quasi voler affermare che l’Europa è ancora capace di prendere decisioni comuni in materia di politica estera. Con la missione l’Europa tenta poi di mostrare solidarietà e capacità di autonomia strategica agli alleati atlantici. Invece di unirsi alla missione anglo-americana Prosperity Guardian che contrattacca gli Houthi, la missione Aspides ha strettamente carattere difensivo e si propone di proteggere le imbarcazioni europee senza però impegnarsi in controffensive. Riaffermando il carattere difensivo di Aspides, i Ventisette sperano poi di ribadire l’impegno costante dell’Europa nella regione del Golfo ma anche quello volto alla distensione delle tensioni. 

La missione è, infine, un modo per rassicurare le proprie imprese europee il cui commercio dipende dalla stabilità del Mar Rosso e negli stretti di Baab al-Mandab, Hormuz e Suez. Gli attacchi hanno portato a un aumento delle spese assicurative per le imbarcazioni che decidono di transitare nel Mar Rosso, o a un aumento dei costi per quelle che decidono di percorrere rotte marittime alternative. 

Tra i paesi europei l’Italia è tra i più colpiti. È proprio dalla viabilità nel Mar Rosso e dall’utilizzo del Canale di Suez, infatti, che dipende la centralità del Mediterraneo e di molti dei porti italiani. Seconda potenza industriale in Europa, la nostra penisola realizza il 54% delle proprie esportazioni via mare, di cui il 42,7% transita proprio attraverso il Mar Rosso, il Canale di Suez per poi arrivare nei nostri porti. Il volume del commercio estero italiano sta perdendo circa 95 milioni di euro al giorno dal novembre 2023. Tra i porti italiani che soffrono di più c’è sicuramente Trieste, dove arriva da Suez gran parte delle merci che poi vengono distribuite in Europa centrale. Anche i porti di Genova e Gioia Tauro risentono del conflitto. Genova, da cui parte il 30% della tratta con la Cina, rischia di perdere il proprio rilievo in Europa, visto che nelle ultime settimane il costo del nolo medio per il trasporto dei container è più caro in Italia che nel porto di Rotterdam. Gioia Tauro, primo porto italiano dopo il Canale di Suez, sta subendo una diminuzione di traffico, poiché le navi che circumnavigano l’Africa iniziano a fermarsi in Spagna, oppure proseguono verso nord, optando per il trasporto terrestre della merce dal Mare del Nord attraverso l’Europa centrale.   

La missione europea Aspides rischia di essere un fallimento

Ma con il lancio della missione, l’Europa rischia di fallire sia nel proprio intento di risolvere il problema degli attacchi Houthi sulle rotte del Mar Rosso sia in quello di resuscitare la sua credibilità in politica estera. Anche se difensiva, la missione potrebbe non essere percepita come tale. Lanciata in assenza di una posizione europea chiara per il cessate il fuoco a Gaza, o una linea diplomatica per la risoluzione della questione palestinese, la missione rischia di confermare tra gli Houthi e i numerosi attori legati a Teheran, la percezione di un’Europa appiattita sulla posizione americana, parte di un polo occidentale da considerarsi un bersaglio nel suo insieme. L’impegno militare di Stati Uniti, Gran Bretagna ed Europa nel Mar Rosso rischia poi di rafforzare la legittimità del gruppo yemenita come difensori in prima linea della causa palestinese. Di fatto, provoca un effetto a catena che incoraggia gli Houthi e la miriade di gruppi alleati con Teheran a continuare attacchi su diversi fronti costringendo l’Occidente a dispiegare risorse militari, rendendolo parte di una progressiva espansione del conflitto invece che di una soluzione. 

Dai paesi arabi, e più in generale dal sud globale, l’immagine che emerge è quella di un’Europa che delude. I tempi lenti con cui l’operazione Aspides è stata lanciata sono altresì un sintomo dell’impaccio con cui l’Ue si sta muovendo. Piuttosto che duplicare la strategia americana, tagliando in qua e in là gli elementi in contrasto con la propria politica estera, l’Europa avrebbe potuto ispirarsi all’esperienza di molti paesi del Golfo, e in particolare dell’Arabia Saudita, facendo ricorso alla dissuasione militare mantenendo al contempo aperto il canale della diplomazia e del dialogo con i propri avversari. Dopo anni di conflitto in Yemen, è stato il ritorno dell’Arabia Saudita al dialogo con l’Iran e con gli Houthi ad aver portato a una drastica diminuzione degli attacchi sulle sue infrastrutture—risultato che non è stato invece ottenuto in anni di controffensiva militare. 

Aspides può essere un modo per l’Europa di raccontare a se stessa che è ancora capace di fare politica estera. Ma, in realtà, è il sintomo di un’Europa intenta a ricucire le divisioni interne e sempre meno capace di definire il suo ruolo nel conflitto in corso e nell’ordine globale che questo contribuirà a definire.  

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