Putin e quel disperato bisogno di guerra all’Ucraina

L’importanza delle elezioni presidenziali in Russia svoltesi il 15-17 marzo non riguarda il loro esito bensì quel che ci dicono sulla traiettoria della Russia e della guerra in Ucraina.

La vittoria di Putin non è frutto di una competizione elettorale

Che Vladimir Putin avrebbe stravinto le elezioni, assegnandosi un quinto mandato e divenendo così il leader russo più longevo dai tempi di Josef Stalin, era una delle pochissime certezze di questo periodo di profondi sconvolgimenti. L’elezione di Putin non è mai stata un cigno nero, piuttosto un gigantesco rinoceronte grigio che tutti avvistavano nitidamente da lontano. In Russia non c’è stata alcuna competizione elettorale. I tre contendenti ufficiali di Putin – Leonid Slutsky, Nikolai Kharitonov e Vladislav Davankov – sono sostenitori del presidente. L’unica voce fuori dal coro, Boris Nadezhdin – con un approccio più critico nei confronti non tanto di Putin quanto della sua guerra in Ucraina – è stato squalificato dalla contesa elettorale, mentre l’unica vera minaccia al potere di Putin è stata assassinata. Come noto, infatti, il leader dell’opposizione democratica Alexey Navalnhy è stato ucciso a febbraio nella colonia penale artica di Kharp. Al netto dei brogli, della propaganda e dell’intimidazione, è difficile non stravincere quando non c’è competizione. Insomma, l’operazione elettorale speciale in Russia, con la vittoria schiacciante di Putin, è andata come voluto e ampiamente previsto.

Cosa ci dice questo 87%

Eppure queste elezioni ci dicono molto sia sulla Russia sia sulla sua guerra contro l’Ucraina. Il fatto che non siano state elezioni democratiche non rende irrilevante la vittoria di Putin con l’87% dei voti, ossia ben 10 punti percentuali in più rispetto alla sua ultima vittoria nel 2018. Lo stesso aumento ha caratterizzato anche l’affluenza, un dato tanto (o forse più) significativo di quello sull’esito, specie in un sistema autoritario. Questo, tuttavia, non significa che non ci sia una reale opposizione a Putin: le lunghe file ai seggi a mezzogiorno di domenica 17 marzo in Russia e davanti alle ambasciate russe in diverse città europee e del Caucaso, di cittadini russi che coraggiosamente e silenziosamente hanno aderito all’appello dell’opposizione democratica a presentarsi alle urne a quell’ora in segno di protesta, ci parlano di un’opposizione che resiste, nonostante la violenza e la repressione. Tuttavia, è probabile che anche se questa opposizione avesse avuto piena libertà di esprimersi e votare liberamente il proprio candidato, Putin avrebbe comunque vinto seppur non con l’87% dei voti. Sarebbe fuorviante, infatti, dedurre che alla luce dei brogli e della repressione Putin non goda di un reale sostegno della maggioranza nel suo Paese. Non è una novità che la maggioranza dei russi sia profondamente nazionalista e anti occidentale, amante dell’uomo forte al potere e dell’idea – mai veramente abbandonata – di essere un impero, considerando i Paesi limitrofi indegni di sovranità. Oppure, più banalmente, questa maggioranza vuole tenersi alla larga dalla politica e sarebbe disposta a votare chiunque le venga suggerito o imposto. Putin rappresenta perfettamente questa maggioranza.

Putin ha bisogno della guerra in Ucraina

L’esito delle elezioni in Russia ci dice inoltre che la guerra per Putin sta svolgendo la funzione voluta in casa. Negli ultimi due anni, il leader russo ha trasformato la narrazione e la legittimazione del conflitto nel suo Paese: l’invasione dell’Ucraina non ha più solo o principalmente lo scopo di denazificare e demilitarizzare il Paese, alla vigilia di una sua ipotetica entrata nella Nato, ma è diventata una nuova grande guerra patriottica contro l’Occidente. Questa è una narrazione che ha molta più presa sull’opinione pubblica russa e le elezioni, nonché il terribile attacco al Crocus City Hall di Mosca del 22 marzo scorso, lo dimostrano. Non a caso Putin è ingaggiato nel tentativo maldestro di scaricare la responsabilità indiretta dell’attacco su Kyiv.

Se la prosecuzione della guerra funziona così bene per Putin, anzi se Putin ne ha bisogno per alimentare il suo consenso interno, perché mai dovrebbe porvi fine con un cessate il fuoco e una trattativa? Le elezioni in Russia e l’attacco al Crocus City Hall confermano ciò che è evidente da tempo: della guerra Putin ha e continuerà sempre più ad avere un disperato bisogno. A noi trarne le dovute conseguenze.

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