Piazza Ponterosso: un mercato di frontiera nella Guerra Fredda

Piazza Ponterosso è una bella piazza al centro di Trieste, a pochi passi dal celebre Molo Audace. Oggi è un luogo di passaggio della città, ma dagli anni Sessanta fino al crollo della ex Jugoslavia è stata centro di un esperimento politico straordinario: il suo mercato, fatto di bancarelle e negozi di jeans, attirava ogni settimana frotte di jugoslavi che venivano in Italia per fare compere, al di là di quella cortina di ferro non così invalicabile, mettendo in comunicazione mondo occidentale e mondo socialista in una situazione unica in tutta la guerra fredda. 

Trieste: faro di pace tra Paesi in crisi

La sua storia viene da lontano e affonda le sue radici nel rapporto tra Italia ed ex Jugoslavia nel secondo dopoguerra. Nel periodo tra 1945 e 1954, la situazione tra i due paesi rimase a lungo tesa, tanto che un francobollo era in grado di causare una crisi diplomatica. Nel febbraio del 1954, l’Italia ne emise uno per celebrare l’introduzione della televisione con una rappresentazione dello stivale e, appunto, di una televisione; la presenza nei territori italiani non solo di Trieste, ma anche della parte d’Istria ricompresa nella zona B che sarebbe passata definitivamente in mano jugoslava, scatenò una crisi che fu sanata a fatica, ma che non impedì a fine anno di arrivare al memorandum di Londra che fissò il confine.

Negli stessi anni era proseguito un dialogo molto serrato e produttivo a livello ministeriale: tra i suoi frutti c’è l’Accordo di Udine, siglato nel 1955, che sistematizzava degli scambi di note del 1949 in cui si regolavano traffico e commercio transfrontaliero. Il sistema di lasciapassare che venne costruito per agevolare la vita dei transfrontalieri favorì anche il mercato di Piazza Ponterosso. Complice la situazione internazionale, con lo smarcamento della Jugoslavia dal blocco sovietico, il movimento di persone e merci ai valichi di frontiera si fece presto ben più massiccio, permettendo a Trieste di diventare un centro di attrazione per gli jugoslavi che riuscivano a spingersi in occidente. 

Qui entra in gioco la piazza: trovandosi al centro del Borgo Teresiano, quartiere risalente all’epoca dell’imperatrice Maria Teresa, era in posizione commercialmente strategica. Con la definitiva attribuzione all’Italia, Trieste cominciò ad attrarre immigrazione interna, prevalentemente dal sud Italia. Queste comunità si concentrarono in buona parte nella zona del Borgo Teresiano, dando vita così a uno dei luoghi economicamente più prosperi di tutto il Triveneto.

Piazza Ponterosso: “dove il socialismo aiuta il capitalismo”

È difficile stabilire un momento di nascita per il mercato. L’esplosione del commercio si registrò però a metà degli anni Sessanta, con il successo dei jeans come oggetto di massa. Prima la novità era stata rappresentata dal caffè, poi era toccato a oro, ricambi per automobili e macchine da scrivere, ma furono i jeans a segnare il cambio di passo, ambiti dalle giovani generazioni di italiani e jugoslavi come simbolo di anticonformismo. Col tempo il commercio di jeans si espanse al punto da sfiorare il contrabbando: arrivavano dalla Jugoslavia acquirenti, con mezzi pubblici e privati, che acquistavano centinaia di capi per rivenderli oltre confine dopo averli nascosti ai controlli con i metodi più ingegnosi. 

Nello stesso periodo, il dialogo politico fra le due parti proseguiva: è interessante ipotizzare un parallelismo con la fase di distensione tra Italia e Jugoslavia che culminò proprio con la metà degli anni Sessanta. La motivazione di questa distensione era legata alla definitiva rinuncia italiana di qualsiasi rivendicazione sui territori della zona B in cambio dell’accettazione della Jugoslavia come baluardo interposto tra il confine friulano e i paesi del Patto di Varsavia. La scelta fu ribadita quando, in occasione di alcune rivendicazioni della Bulgaria su territori macedoni di confine, l’Italia esplicitò che non avrebbe cercato vantaggi dallo spostamento di truppe jugoslave verso est.

Mentre la situazione politica internazionale si muoveva secondo queste direttrici, il mercato e la reputazione di Ponterosso continuavano a crescere. Gli jugoslavi lo vedevano come una sorta di grande parco giochi e a livello politico veniva descritta con sfumature quasi propagandistiche: nel documentario “Gita a Trieste” del 1969, la voce narrante lo descrive così: “da nessuna parte il capitalismo e il socialismo collaborano come in questo mercato. Il povero piccolo mercante ha il cliente che compra la sua roba di scarto. A Ponterosso il socialismo aiuta il capitalismo”. 

Per i triestini il discorso era più sfumato. Trieste è da sempre città mercantile, con uno status di porto franco garantito dalla patente concessa sin dal 1719 dagli Asburgo, e dunque tutelato e regolamentato dall’alto. A Ponterosso invece si era assistito a una crescita che le autorità non avevano saputo governare. La città era costantemente impreparata a gestire le orde di turisti-acquirenti che si riversavano nei fine settimana, lasciando il Borgo prostrato. Le testimonianze riportate nel progetto “Ponterosso Memorie” dell’Associazione CiZeroUno raccontano una comunità divisa che talvolta mostrava la propria insofferenza tanto nei confronti di chi mercanteggiava quanto verso gli jugoslavi: non mancava l’ostilità, che però non sfociò mai in esplicito rifiuto né tantomeno fermò le attività fino a tutti gli anni Ottanta. I primi colpi si fecero sentire con la crisi economica jugoslava, preludio di quella tragica rottura politica che si sarebbe concretizzata con lo scoppio delle guerre dei Balcani. Una pagina del Meridiano descrisse la fine del commercio come “il più grande disastro dalla fine della Guerra”, lasciando la città impoverita e “soffocata” da jeans rimasti invenduti. 

Oggi a Piazza Ponterosso è tornato il mercato ittico. Le bancarelle hanno ceduto il passo a strutture più moderne, dando nuova visibilità alle eleganti costruzioni che costituiscono l’ossatura della piazza. I confini si sono riaperti, forse in maniera più duratura e con un valore diverso da quello del passato, trasformando a tutti gli effetti la piazza in una frontiera.

Ultime pubblicazioni