La politica estera italiana in Medio Oriente dopo il 7 ottobre 2023

Da circa un anno l’Italia e l’Europa assistono a cambiamenti epocali nella vicina regione del Medio Oriente. L’attentato di Hamas del 7 ottobre 2023 ha scatenato una feroce risposta di Israele sulla striscia di Gaza. Benjamin Netanyahu, alla guida di una coalizione di destra, ha posto come suo primo obiettivo quello di indebolire, o forse anche rovesciare, il regime della Repubblica Islamica dell’Iran e i suoi alleati parte del cosiddetto asse della resistenza. Nel corso dell’anno Israele e Iran sono arrivati a più riprese vicini a un conflitto diretto.

La guerra per procura tra Israele e Iran ha inoltre portato a un prevedibile ampliamento del conflitto verso il Libano. Lo Stato ebraico ha infatti cercato di indebolire Hezbollah attraverso operazioni militari al confine tra i due stati, dove è stanziata la missione di pace Unifil, e nella capitale Beirut. Dopo uno scambio di attacchi durato parecchi mesi, a ottobre Israele ha lanciato un’offensiva nel cuore della periferia sud della capitale, quartier generale di Hezbollah. L’indebolimento di Hezbollah e quello dell’asse della resistenza hanno creato le condizioni per un altro cambiamento epocale nella vicina Siria: la caduta del regime di Bashar al-Assad, nodo logistico, militare e territoriale dell’asse della resistenza.

Gli impatti sulla sicurezza marittima e il ruolo italiano

A questo complesso quadro di conflitti e rivolgimenti, si è aggiunta una lunga lista di scontri per procura che hanno avuto un diretto impatto sull’Italia: primi tra tutti gli attacchi delle milizie yemenite degli Houthi – anch’essi alleati di Teheran – contro Israele e imbarcazioni civili e commerciali occidentali nel Mar Rosso. Il puzzle della stabilità regionale trova nella questione palestinese un nodo irrisolto, che continua a generare crisi e tensioni. Sinora, i Paesi del Golfo si sono mostrati titubanti nel prendere posizione, guardando a Israele e all’Iran come cause dell’instabilità nella regione.

Di fronte a questi stravolgimenti repentini, nel complesso l’Italia si è limitata a un ruolo di osservatore. In sede di consiglio europeo, Roma ha sostenuto l’appello al cessate il fuoco umanitario. Nelle dichiarazioni del G7 dei ministri degli Esteri di fine novembre, il governo ha riaffermato il suo sostegno per la “soluzione a due stati” come chiave per la fine della guerra in Medio Oriente. Tuttavia, gli appelli al cessate il fuoco e alla soluzione a due stati si sono rivelati formule prive di sostanza politica, slegati da una visione strategica sul conflitto e sul possibile contributo italiano per risolverlo o alleviarlo.

La gestione interna e le sfide diplomatiche

Tenendo un basso profilo, l’Italia ha tuttavia gestito forse meglio di altri la polarizzazione interna creata dal conflitto in Medio Oriente tra sostenitori di Israele e della Palestina. A dispetto di alcune tensioni registratesi nel contesto universitario, in Italia gli episodi di violenza islamofoba o antisemita sono rimasti limitati in confronto ad altri Paesi europei.

Di fronte a un conflitto complesso, Roma sembra aver deciso di non poter o non voler giocare un ruolo forse perché focalizzata più sull’Africa che sul Medio Oriente, o semplicemente per una questione di calcolo politico. La logica sottostante a questa decisione appare quella di una delega ad altri Paesi europei, ma soprattutto agli Stati Uniti, che negli ultimi decenni hanno avuto un ruolo determinante nel definire gli equilibri di potenza nella regione.

Le conseguenze economiche e strategiche

Il fatto che il conflitto in Medio Oriente sia non solo proseguito, ma si sia anzi ampliato nel corso del 2024 obbliga l’Italia a un ripensamento strategico del suo approccio alla regione e del suo ruolo di possibile mediazione nel conflitto stesso. Roma – ma anche Bruxelles – dovrebbero prendere atto del fatto che le priorità strategiche di Israele non coincidono necessariamente con quelle dell’Italia e dell’Europa.

La riprova più evidente di questo disallineamento è stato l’attacco israeliano alle postazioni ovest dell’UNIFIL dove è stanziato il contingente italiano, che ha suscitato aspre critiche da parte del ministro della Difesa verso Israele. Roma ha storicamente investito personale e risorse in questa missione, finalizzata a garantire il rispetto della risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1701, e ha interesse a che sia Israele che il Libano non la compromettano.

La strategia militare di Israele potrebbe inoltre entrare in conflitto con gli interessi economici dell’Italia. Il conflitto per procura ha infatti avuto un forte impatto sui commerci dell’Italia verso l’Asia che transitano attraverso il Mar Rosso. Gli attacchi dei miliziani Houthi hanno aumentato vertiginosamente i costi di assicurazione per le compagnie commerciali marittime italiane, modificato le rotte marittime dal Mediterraneo verso Capo Verde e diminuito considerevolmente l’attività dei porti italiani (Genova, Trieste e Gioia Tauro) e del canale di Suez in Egitto.

Le implicazioni regionali e il ruolo dei partner strategici

La caduta del regime in Siria e l’emergere di una nuova leadership di ribelli fortemente legata agli ambienti islamisti e della Fratellanza musulmana a Damasco mette ulteriormente a rischio la stabilità di Paesi chiave per l’Italia: dall’Egitto e la Giordania fino all’Iraq, dove l’Italia ha investito nella Coalizione per la lotta contro lo Stato Islamico e nella missione NATO a sostegno della riforma del settore della sicurezza.

L’Italia deve anche tenere presente quali sono i suoi possibili alleati in Medio Oriente, come i Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG), con cui Roma e Bruxelles hanno interessi comuni nel mantenimento della stabilità regionale. In questo senso, l’Italia può fare leva sulle relazioni già costruite in ambito bilaterale e multilaterale, per un più forte coordinamento sulle crisi della regione.

Prospettive future e strategia diplomatica

Roma può lavorare per consolidare la distensione tra CCG e Iran, già in corso grazie alla mediazione della Cina, incentivare una coesistenza pacifica tra le sponde del Golfo e incoraggiare l’Iran a investire nella diplomazia più che nel sostegno militare ai suoi alleati parte dell’asse della resistenza. Supportare un riorientamento strategico di Teheran è anche un passo nel definire i parametri di coesistenza tra questo e Israele. I Paesi del Golfo, così come Egitto, Giordania e Iraq, sono inoltre controparti cruciali per dare sostanza alla formula della “soluzione a due stati” in Israele e Palestina. Se è vero che l’orientamento politico dell’attuale governo israeliano non lascia intravedere molte speranze per l’ottenimento di un tale obiettivo, tuttavia, l’azione coordinata dell’Italia e dell’Europa con quella dei Paesi del CCG può aumentare le possibilità di riuscita.

Per molto tempo l’Italia ha fatto riferimento al concetto di Mediterraneo allargato come area di interesse strategico. Questo concetto, tuttavia, necessita urgentemente una presa di coscienza di quelle che sono le priorità e gli interessi italiani di fronte a un Medio Oriente completamente trasformato dopo il 7 ottobre 2023.

Questo articolo è un estratto dell’annuale Rapporto sulla politica estera italiana 2024, realizzato dall’Istituto Affari Internazionali. La presentazione del Rapporto si terrà il 6 febbraio alle 17:30 presso la sede dello IAI, con una tavola rotonda che vedrà la partecipazione di politici, giornalisti ed esperti nazionali.

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