La guerra di Putin vista da Andrei Kolesnikov

Andrei Kolesnikov è ricercatore presso il Carnegie Endowment for International Peace.di Mosca, un istituto di ricerca che è stato chiuso poco dopo del inizio della guerra russa contro l’Ucraina.  La ricerca di Kolesnikov si concentra sulle principali tendenze che plasmano la politica interna russa, con particolare attenzione ai cambiamenti ideologici all’interno della società russa. Il podcast dell’intervista realizzata da Nona Mikhelidze, ricercatrice senior dell’Istituto Affari Internazionali, è disponibile qui.

Grazie Andrei per aver accettato il nostro invito. Mi permetta di chiederle direttamente: qual è il motivo principale per cui il Presidente Putin ha avviato la guerra su larga scale contro l’Ucraina?

Non vedo alcuna ragione razionale. È piuttosto la sua personale idea dell’ordine mondiale. L’Occidente non lo ha riconosciuto come un suo pari per diversi decenni e Putin ha deciso di iniziare a ricostruire il mondo per sé. Per farlo, aveva bisogno di azioni straordinarie, come questa guerra. E credo che anche mobilitare le masse a suo sostegno sia un obiettivo importante, ma secondario, perché l’obiettivo principale è creare, ricreare, rifare il mondo secondo le sue regole, secondo la sua visione del mondo. Tutto questo sembra irrazionale e orribile per il XXI secolo; ma lui è una persona della metà del XX secolo e per questo si è comportato così. E parlando di questioni razionali, direi che, non so se lo volesse o meno, ma ha rafforzato il suo potere personalistico, all’interno della Russia. Per i russi è diventato più forte, e per i russi intendo non solo il pubblico, ma anche l’elite.

Pur partendo dal presupposto che la Russia ha invaso l’Ucraina, qui in Italia c’è ancora un grande dibattito su chi debba essere incolpato in questa guerra. Un’ipotesi è che l’intenzione dell’Ucraina di entrare nella NATO o, più in generale, l’espansione della NATO verso est dal 1999 sia stata la motivazione che ha spinto il presidente Putin a invadere l’Ucraina. Ci sono poi altri gruppi di esperti che ritengono che questa politica estera assertiva abbia in realtà a che fare con la politica interna di Putin e sia più legata al rafforzamento dell’autoritarismo in Russia. Lei che ne pensa?

Si tratta più che altro della natura autoritaria del regime russo. Forse non è così visibile dall’Occidente, ma dal 2012, quando Putin è tornato al potere, e dal 2014, quando ha annesso la Crimea,  ha provocato un’ondata senza precedenti di, diciamo, quasi-patriottismo. Dal 2020 poi, quando aveva quasi terminato il suo mandato presidenziale e annullato le conquiste democratiche della Russia, ha costruito un regime autoritario a tutti gli effetti, persino con elementi di totalitarismo, in termini di mobilitazione della gente, cercando di far sì che la gente si esprimesse maggiormente a sostegno di questo regime con la dura repressione non solo dell’opposizione politica, ma anche della società civile in quanto tale. Quindi, la Nato non è un motivo reale, è un motivo artificiale. Tutti capiscono che la Nato non era affatto una minaccia per la Russia.

Putin crede che l’Ucraina sia sempre stato il suo territorio, che gli appartiene e che l’Occidente dovesse allontanarsi da esso. E dopo anni di stallo, perché con i negoziati di Minsk ha semplicemente imitato l’attività pacifica, l’attività negoziale,   ha deciso di compiere dei passi risoluti per raggiungere il suo obiettivo personale di rendere l’Ucraina parte della Russia. E, ancora una volta, in questo senso, l’Unione europea, la Nato, gli Stati Uniti d’America sono semplicemente delle ragioni artificiali per questo conflitto. Putin ha semplicemente perseguito i propri obiettivi.

Quando dice che voleva rendere l’Ucraina parte della Russia, cosa intende esattamente? Voglio dire, parte della Federazione Russa, o c’era qualche progetto per creare una confederazione tra Russia, Bielorussia e Ucraina?

Possiamo parlare in termini di territori, legalità, confini legali, qualcosa del genere, ma lui pensa in termini ideologici, filosofici, come Russkiy Mir”, “il mondo russo”. E in questo senso, almeno il centro est, il sud dell’Ucraina, questi territori del mondo russo, forse in forma di Stato cuscinetto, forse in forma di territorio quasi legale della Russia, non importa. Vuole semplicemente controllare il territorio. In questo senso, vuole semplicemente ricreare, in qualche misura, l’impero russo. Putin è principalmente imperialista, non nazionalista russo. Per lui è importante ricreare la giustizia, restituire i territori. E in questo momento sta raggiungendo questo obiettivo. Quando ha occupato, ad esempio, i territori della regione di Kherson, le zone nella regione di Zaparojia, intendeva dire che non si trattava di un’occupazione, ma di una liberazione di questi territori. Sì, inizialmente non era il suo obiettivo. Intendeva solo Donetsk e Luhansk, ma in questa situazione, se l’esercito russo ha preso questi territori, è una buona ragione per tenerli sotto il controllo russo. Forse, secondo lui, potrebbero essere territori indipendenti. Potrebbero essere territori che fanno parte della Russia. Questa è una questione secondaria per lui, la storia più importante è il controllo su questi territori.

Quindi, seguendo la sua logica, Putin dovrebbe essere contrario non solo all’adesione dell’Ucraina alla Nato, ma anche all’adesione dell’Ucraina all’Ue, perché ciò implicherebbe la perdita di tutta l’Ucraina, della sua orbita geoeconomica e geoculturale?

Assolutamente sì, ha ragione. Questa è la sua interpretazione. E in alcuni discorsi il Ministro degli Esteri Lavrov ha affermato che l’adesione dell’Ucraina all’Unione europea è inaccettabile per la Russia. Quindi, possiamo parlare dell’argomento in termini culturali e storici. Per la Russia è davvero ideologicamente inaccettabile qualsiasi tipo di adesione dell’Ucraina a un’organizzazione europea. È impossibile ancorare l’Ucraina all’Occidente. E ricordiamo che nel 2014, il principale fattore scatenante dell’aggressione russa edell’invasione della Crimea è stato il fatto che l’Ucraina avesse deciso di firmare gli accordi di associazione con Unione europea.. Quindi, in questo senso, Putin continua semplicemente la sua strategia.

Quando Putin ha iniziato la guerra il 24 febbraio, sembrava che il suo obiettivo generale fosse quello di controllare l’intera Ucraina, per questo ha tentato di assaltare Kyiv. Poi abbiamo visto che l’Ucraina è riuscita a difendersi e ora Lavrov, alcuni giorni fa, ha detto che la priorità sarebbe stata quella di difendere o liberare la regione del Donbass. Ma ancora una volta, stiamo assistendo all’occupazione di Kherson, Melitopol e Mariupol. E ce chi sostiene che il Cremlino stia ancora considerando un altro assalto a Kyiev dopo aver completato la battaglia nel Donbass. Quindi, esiste un obiettivo finale in questa fase della guerra? Oppure, se sarà deciso sul campo di battaglia, quale sarà l’obiettivo finale?

Putin ripete continuamente che tutto va secondo il suo piano, ma nessuno conosce i dettagli del suo piano, né le fasi intermedie di questo piano. E direi che gli obiettivi di Putin sono opportunistici, dipendono dalle situazioni attuali, dalla situazione attuale dei campi di battaglia, dai negoziati impossibili che sono scomparsi. Il problema è che per lui non c’è modo di tornare indietro, perché impantanandosi nella guerra, espandendosi come territorio da occupare, non mostrando buona volontà, Putin sta tagliando la strada ai negoziati di pace. Questo è il problema principale. E in questo senso, non ha un obiettivo generale.

Ha solo obiettivi temporanei, intermedi, e cambia continuamente piano. Possiamo seguire qualsiasi uso, qualsiasi parola del Ministro degli Affari Esteri, del Ministro della Difesa, di diversi diplomatici, dello speaker della Duma, eccetera eccetera, ma solo Putin prende le decisioni finali. E può fermare questa guerra, in qualsiasi momento e anche se sarà considerata dall’Occidente o dall’Ucraina come una sconfitta della Russia, Putin troverà le parole per descrivere la sconfitta come una vittoria, e sarà accettata, percepita dalla maggioranza della popolazione come una vittoria. Quindi, tutto dipende dalla sua personale comprensione della situazione attuale.

Quindi, questo significa che in realtà non c’è alcun problema per lui ad avere una strategia di uscita, poiché qualsiasi tipo di risultato può essere venduto come una vittoria?

Sì, sì, assolutamente. Immaginiamo che domani voglia fermare questa guerra. Può dire: “Abbiamo liberato quasi tutto il territorio di Donetsk e Luhansk. Abbiamo dimostrato la nostra forza. Tutto il mondo era contro di noi, ma abbiamo difeso la nostra sovranità. Abbiamo la prova che siamo forti, che possiamo vivere senza l’Occidente. Siamo autosufficienti”. Può annunciare che, ad esempio sui territori di Kherson e Zaporizshia, ci saranno dei referendum, oppure può suggerire alla parte ucraina di iniziare i negoziati sullo status di questi territori, qualsiasi cosa. Quindi la gente dirà: Ok, questo è un risultato accettabile, questo è un buon momento per fermare la guerra e ricominciare a vivere come prima della guerra, cosi l’occidente può rimuovere le sanzioni perché vogliamo andare in vacanza in Europa”. Quindi, la gente è molto flessibile in termini di comportamento e di accettazione di qualsiasi risultato di questa campagna.

Ok. Ma cosa sta succedendo nella realtà? Voglio dire, c’è un piano reale per organizzare nei prossimi giorni -o forse più tardi, a settembre – dei referendum a Kherson per ripetere lo scenario di Donetsk-Luhansk?

È un’opzione possibile, perché per il momento, nonostante il nostro scenario immaginario di finire la guerra domani, Putin non ha alcuna intenzione di farlo nella realtà. Non credo che il Cremlino abbia una decisione definitiva su questo argomento, perché ci sono segnali molto contraddittori dal Cremlino e da diversi oratori. L’addetto stampa del presidente ha detto che il Cremlino non ha una decisione in merito, ma allo stesso tempo qui è il vecchio mantra del Cremlino che la gente di quel territorio è in grado, deciderà da sola, dove vuole vivere sul territorio del regime neonazista o in Russia, in libertà e avendo molte capacità di sviluppare questi territori. Tradotto dal linguaggio del Cremlino al linguaggio normale, significa che hanno intenzione di occupare i territori, imitando il referendum e dimostrando la volontà della maggioranza della popolazione dei territori. Quindi, significa che i normali colloqui di pace sono abbastanza problematici, perché capiamo che la parte ucraina non sarà pronta a discutere questi punti… i territori devono essere liberati dall’esercito russo, e potrebbe essere il primo punto di questi possibili negoziati di pace.

Quindi lei pensa che in questo momento non ci siano speranze realistiche per i negoziati?

Sì. E il problema principale è Putin stesso. È lui la principale fonte di problemi in senso generale – come nel caso dell’inizio dell’operazione speciale, dell’instaurazione del regime autoritario in Russia – ma è lui la fonte del fallimento del processo negoziale. Non ha alcun tipo di buona volontà, non dimostra la sua buona fede. Si comporta come una persona che semplicemente osserva la situazione. È stato così durante i negoziati di Istanbul, quando nessuno ha osservato alcun tipo di opinione di Putin su questo problema, se accettasse o meno i punti di questo accordo, un possibile accordo, [in quanto] è rimasto muto. E questo significa che vuole continuare, forse capisce i rischi economici per la Russia. Non è un folle, ma allo stesso tempo è molto più importante per lui continuare questo processo di conferma dei punti di forza della sua politica, di sé stesso, del suo Paese, della sua Russia.

Quindi tutto si deciderà sul campo di battaglia, ma quanto è realmente informato Putin su ciò che accade sul campo di battaglia? Perché ci sono state alcune voci secondo cui ha tutti questi yes-men e non ha informazioni reali sulla situazione in corso sulle operazioni militari.

Nel periodo prebellico ha ripetuto più volte che le informazioni dei servizi speciali sono particolarmente affidabili per lui. Ciò significa che ha avuto informazioni false per molti, molti, molti anni. Ed è stato un fallimento del intelligence. Si è trattato di una vera e propria comprensione sbagliata di ciò che è l’Ucraina nelle circostanze attuali, di ciò che è l’auto-identificazione ucraina, di ciò che è l’anima ucraina, la coscienza ucraina, ecc. Quindi ha commesso un errore, ma ora continua a insistere sulla sua posizione. Forse sta cercando di creare questo mondo artificiale, non solo per la popolazione russa, non solo per il pubblico interno, ma forse anche per sé stesso. Si tratta di una sorta di circolo vizioso di disinformazione [da] quando è stato disinformato dai suoi servizi speciali.

Poi, i suoi organi di propaganda hanno disinformato la popolazione russa. E ora tutta questa atmosfera di informazione rovina la sua stessa comprensione dell’attuale situazione sul campo di battaglia e, in generale, del conflitto russo-ucraino. Penso che, sì, in generale, sia davvero disinformato. E forse personalmente non è in grado di lavorare con le informazioni perché, sta continuando a comportarsi come un ufficiale del KGB, non di più ma con diversi pregiudizi. Ma, nelle attuali circostanze, deve lavorare in modo moderno con diversi tipi di informazioni da diverse fonti. Non ha questa capacità, diciamo.

Volevo tornare alla domanda iniziale, cioè se l’Occidente avrebbe potuto fare qualcosa per evitare questa guerra e se, più in generale, questa guerra avrebbe potuto essere evitata.

Penso che non fosse possibile evitare questa guerra, perché l’unica fonte di questa cosiddetta operazione speciale è Putin stesso, e l’Occidente ha fatto del suo meglio. Direi che tutti questi negoziati, tutti questi tentativi di capire la posizione di Putin, l’anima di Putin, diciamo, tutti questi tentativi di compiacere Putin sono stati tutti vani. Putin ha cercato di fermarsi ma la sua parte emotiva era molto più forte quando ha preso questa orribile decisione di iniziare l’ “operazione speciale”. Quindi non posso incolpare l’Occidente in questo senso. Il problema di Putin è Putin stesso. Il problema della Russia è Putin. La storia della Russia degli ultimi anni è fortemente personalizzata da Putin e dobbiamo ammetterlo.

La mia ultima domanda è: il putinismo è possibile senza Putin?

Sì e no. Da un lato temo che anche senza Putin la Russia manterrà lo status di Stato autoritario, ma allo stesso tempo la storia della Russia, la storia dell’Unione Sovietica dimostrano che la scomparsa del leader cambia quasi tutto, anche quando Stalin è morto da un giorno all’altro, i suoi più stretti alleati hanno iniziato la liberalizzazione del regime e del sistema. Quindi, credo che nel caso in cui gli alleati di Putin, per esempio uno come Patrushev, vengano mantenuti, la liberalizzazione di questo regime potrebbe essere molto modesta nei primi anni. Ma in generale questo processo è inevitabile.

Articolo prodotto nell’ambito del progetto dell’IAI – “L’impegno selettivo dell’Ue con la Russia”, finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale

Foto di copertina EPA/SERGEY GUNEEV / KREMLIN POOL / SPUTNIK / POOL

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