La crisi in Ucraina e il ruolo dell’Osce

Tempo fa, per descrivere le complessità dei processi negoziali dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), un suo ex alto funzionario evocò le mitologiche fatiche di Sisifo. L’organizzazione si regge su un processo decisionale consensuale, ma l’ampio numero di Stati partecipanti, 57, ciascuno con priorità geopolitiche diverse, talora confliggenti, non rende agevole il raggiungimento del consenso. Tuttavia, quando il clima politico internazionale l’ha permesso, l’Osce, come Sisifo, è riuscita a spingere il masso in cima alla collina.

La situazione in Ucraina

Questa condizione favorevole si è limpidamente registrata all’ultimo Consiglio Ministeriale Osce, svoltosi a Stoccolma il 2 e 3 dicembre, dove ho guidato la delegazione italiana. Il Consiglio è l’organo politico principale dell’Osce: è lì che si opera per la risoluzione dei conflitti attivi nella regione e si assumono nuovi impegni politici per la stabilità e la sicurezza nell’area. Oggi, se volgiamo lo sguardo ai conflitti dell’area, prevale una sensazione di paralisi, in particolare riguardo alla crisi in Ucraina, che l’Italia segue con crescente attenzione.

Come ho ribadito in occasione della mia partecipazione alla Piattaforma Crimea lo scorso agosto, l’Italia sostiene l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina. La soluzione politica della crisi è legata al negoziato fra le parti per l’attuazione degli Accordi di Minsk e un nuovo vertice del Formato Normandia (Francia, Germania, Ucraina, Russia) potrebbe dare un impulso importante al processo diplomatico.

Il progressivo deterioramento del quadro negoziale e della situazione sul terreno desta crescente preoccupazione. Per questo il ruolo dell’Osce, che ha una missione di monitoraggio nel Paese sin dal 2014, rimane fondamentale sia per la facilitazione dei negoziati sia per la tenuta del cessate il fuoco. Qui, dunque, non è in discussione il metodo multilaterale, e men che meno siamo di fronte ad una sua sconfitta.

Foro di cooperazione tra blocchi

Al contrario, l’OSCE resta una risorsa preziosa per la cooperazione di sicurezza e per la stabilizzazione dei conflitti, su cui non fa affidamento solo l’Italia – da sempre protagonista in seno all’organizzazione – ma anche gli altri principali attori, come comprovato dal dialogo che ha avuto luogo a Stoccolma tra il Segretario di Stato americano Antony Blinken e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.

L’Osce offre un foro di dialogo che resta unico, per l’estensione della sua latitudine e per la sua vocazione di meccanismo “virtuoso” nel confronto tra Paesi o blocchi portatori di visioni differenti. Il principale valore aggiunto dell’Osce, anche per l’ Unione Europea, è il suo approccio equilibrato e onnicomprensivo alla sicurezza, per cui uguale dignità assumono la sicurezza politico-militare tra gli Stati e la sicurezza all’interno degli Stati, declinata in termini di tutela di diritti umani e di sviluppo sostenibile.

L’Osce è un lento, tortuoso ma cruciale esercizio di costruzione della fiducia tra Paesi membri, ancora più necessario in una fase di polarizzazione e diffidenza sui temi della sicurezza. E allora non possiamo che lavorare insieme per allontanare l’ingannevole evocazione di Sisifo fatta dall’ex alto funzionario: il mito di Sisifo indica l’inutilità e non la complessità di un’impresa mentre i processi negoziali dell’Osce saranno pur complessi ma sono tutt’altro che inutili perché mirano alla sicurezza degli Stati partecipanti e dei loro cittadini.

Foto di copertina EPA/RUSSIAN FOREIGN MINISTRY PRESS SERVICE

Ultime pubblicazioni