I riflettori accesi in alcune zone del mondo hanno fatto scomparire dall’attenzione di media e governi i crimini e, in particolare, i casi di violenza sessuale commessi da Daesh in Iraq. Per indicare alla comunità internazionale i crimini di cui sono state vittime molte donne e molti uomini, l’UNITAD, il Team investigativo di esperti per promuovere la responsabilità per i crimini commessi da Daesh/Isil, istituito con la risoluzione del Consiglio di sicurezza 2379 del 2017, ha pubblicato, il 3 dicembre 2023, un rapporto sui crimini commessi tra il 2014 e il 2017 e sull’inquadramento in relazione alle norme di diritto internazionale penale e di diritto internazionale umanitario violate (Isil). Il Team è stato guidato dall’inviato speciale Christian Ritscher e ha avuto il mandato di raccogliere e preservare materiale probatorio relativo a possibili crimini di guerra e contro l’umanità commessi da Daesh in Iraq.
I crimini internazionali – si precisa nel rapporto – non cadono in prescrizione e, quindi, le prove raccolte potranno essere utilizzate anche a distanza di tempo. L’Iraq sta compiendo passi avanti nella direzione dell’accertamento della responsabilità penale degli autori di crimini di guerra e contro l’umanità, ma il cammino è ancora lungo. Lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL) ha colpito individui sulla base della religione e del genere e il rapporto si sofferma sui crimini di violenza sessuale contro donne e ragazze. L’ISIL ha agito partendo dal presupposto che tutti coloro che erano percepiti come pagani, come gli yazidi e altri gruppi di cristiani, dovevano essere colpiti: gli uomini uccisi e le donne violentate e ridotte in schiavitù. Non solo. Numerosi i casi di matrimoni forzati, con vittime bambine di età superiore a 9 anni. Nel rapporto, ricco di testimonianze di familiari delle vittime e delle stesse vittime, si specifica che sono in corso ulteriori indagini per verificare se gli atti e la strategia contro gli yazidi e gli sciiti possa essere considerata genocidio, anche se nel rapporto si ritiene che la diversità etnica dei componenti dell’ISIL solleva dubbi circa l’esistenza di un piano genocidario.