Depositate le spiegazioni dell’Ungheria sul mancato arresto di Netanyahu

Arrivano i chiarimenti – si fa per dire – dell’Ungheria che non solo non ha proceduto ad arrestare il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, destinatario di un mandato di arresto emesso il 21 novembre 2024 dalla Corte penale internazionale, ma lo ha accolto a Budapest con tutti gli onori (PTC Hungary, Annex I, Annex II).

L’Ungheria30 spiega il mancato arresto con un cavillo legislativo

L’Ungheria, a seguito della richiesta della Pre-Trial Chamber I, resa pubblica il 16 aprile 2025 (ICC-CPI- Ungheria), ha provato a giustificarsi invocando il diritto interno. In particolare, secondo il Governo, il modello dualista a cui aderisce l’Ungheria nei rapporti tra diritto internazionale e diritto interno richiede sempre l’adozione di una legge nazionale di attuazione. Pertanto, poiché l’Ungheria ha ratificato lo Statuto nel 2001, ma non ha promulgato la legge interna, i giudici e le autorità nazionali competenti non possono eseguire provvedimenti coercitivi come i mandati di arresto. 

Una questione di immunità?

Orban chiama anche in causa l’immunità rilevando che non è possibile eseguire un mandato di arresto nei confronti di un capo di Governo in carica. L’articolo 27 dello Statuto che invece stabilisce l’irrilevanza delle qualifiche ufficiali dinanzi alla Corte si può applicare, ad avviso dell’Ungheria, solo “agli Stati parte che hanno incorporato questa rinuncia all’immunità nell’ordinamento interno”. L’Ungheria non ha promulgato la legge interna di attuazione dello Statuto e, quindi, l’articolo 27 non è applicabile. In aggiunta, l’Ungheria ricorda che l’articolo 98 dello Statuto prevede che gli Stati non siano tenuti a dare esecuzione a norme che comportino una violazione di obblighi internazionali. Questa norma, di conseguenza, impone all’Ungheria di rispettare l’immunità dei Capi di Stato e di Governo di Paesi terzi che non hanno rinunciato all’immunità. 

Un’accusa alla corte

In ultimo, abbandonati i motivi giuridici, l’Ungheria accusa la Corte di aver adottato un atto non in modo imparziale e oggettivo, ma per fini politici intaccando così la sua stessa credibilità. 

Professore ordinario di diritto internazionale, giornalista pubblicista e avvocato. Collabora abitualmente con Il Sole 24 ore e il settimanale giuridico Guida al diritto.

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