L’Ucraina nella storia dell’ebraismo europeo

Nella storia dell’ebraismo europeo e delle sue manifestazioni intellettuali e politiche l’Ucraina ha rivestito una posizione preminente. Odessa evoca Isaac Babel, Leone Ginzburg, Vladimir Jabotinskij, Lev Pinsker. Czernowitz (oggi Cernivci in ucraino, un secolo fa sotto la sovranità rumena) Paul Celan e Aharon Appelfeld. Kiev Golda Meir e Vladimir Horowitz. Molti altri potremmo elencare.

Le vittime ebree in Ucraina

Anche il demone dell’antiebraismo ha vissuto in quel paese un’esistenza imperitura. Ne furono vittime gli ebrei assassinati dalle bande di cosacchi guidate da Cheml’nitsky nella prima metà del ‘600 con il sostegno degli zar russi e nei pogrom scatenati sul finire dell’800 dopo l’assassinio dello zar Alessandro II; nelle violenze antiebraiche nel corso della guerra civile del 1919-20; nello sterminio di massa da parte delle armate naziste con l’invasione del 1941 e la partecipazione complice dei collaborazionisti ucraini guidati da Stepan Bandera che massacrarono ebrei in Ucraina e Polonia.

Odessa, negli anni ’30 del Novecento abitata da quasi 200 mila ebrei, un terzo della popolazione cittadina, una città con un’impronta culturalmente ebraica alla stregua di Vienna, Berlino o Vilna, ne registra oggi un numero esiguo.

Assurge a simbolo degli eccidi la vicenda di Babij Jar dove nel settembre 1941 i nazisti massacrarono oltre 30 mila ebrei nello spazio di due giorni e dove per molti anni nel regime sovietico postbellico non vi fu neppure una lapide commemorativa, come ricordarono il poeta Evtushenko e il compositore Shostakovic. Anche a Odessa nell’ottobre di quell’anno vi fu un eccidio di massa di analoghe dimensioni, una barbarie compiuta dalle armate naziste e rumene alleate.

Vivono in Ucraina poco più di 40.000 ebrei, secondo le statistiche dell’Institute for Jewish policy research di Londra, circa l’1 per mille della popolazione complessiva del paese. Lo stesso Presidente Zelenskij eletto nel 2019 e il primo ministro Groysman in carica fra il 2016 e il 2019 nascono in famiglie ebraiche fortemente assimilate negli anni dell’Unione Sovietica, dove le identità etnico-religiose erano compresse, negate e il sistema era segnato dall’antisemitismo di stato. La loro concezione ed azione politica sono connotate dal tentativo arduo di conciliare il patriottismo antirusso con l’opposizione ai nazionalisti ucraini che tuttora celebrano le gesta immonde dei collaborazionisti filonazisti nella Seconda guerra mondiale e nel genocidio.

Il ruolo di Israele e gli ebrei ucraini

Circa 250.000 ebrei ucraini sono emigrati in Israele con la dissoluzione dell’URSS negli anni ’90 del Novecento; altri 30.000 circa con il conflitto esploso nel Donbass nel 2014.  In questi giorni altri ebrei ucraini così come israeliani residenti in Ucraina cercano di lasciare il paese aggredito dalla Russia. L’Agenzia ebraica ha allestito punti di transito in località sui confini ucraini con la Polonia, la Moldavia, la Romania e l’Ungheria.

Il governo d’Israele è apparso  nel periodo precedente l’aggressione russa piuttosto silente, ambivalente, mosso da calcoli di convenienza,  in parte perché preoccupato della condizione delle comunità ebraiche sia in Ucraina che in Russia, ma  soprattutto nell’intento di preservare la sua libertà d’azione contro installazioni militari in Siria dove la Russia detiene basi e contingenti a difesa del regime di Assad e dove Israele e Russia hanno quindi un comune interesse a non pregiudicare relazioni strategiche di sicurezza reciproca. Con lo scoppio delle ostilità il governo però ha cambiato registro difendendo il principio dell’integrità territoriale e della sovranità degli stati (vedi Ucraina) e annunciando l’impegno a votare in favore di mozioni di condanna dell’aggressione russa in sede ONU. Il sistema di alleanze del paese, in primis con gli Stati Uniti e l’Occidente, ha prevalso sulle altre considerazioni.

Foto di copertina EPA/SERGEY DOLZHENKO

Ultime pubblicazioni