Il discorso di apertura di Rafael Grossi, Direttore generale della Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA).
Permettetemi di esporvi la nostra prospettiva su quanto sta accadendo: i problemi, le sfide e le situazioni relative al programma nucleare iraniano sono entrati in una fase completamente nuova e dobbiamo comprenderne le reali dimensioni.
Non si tratta solamente del fatto che non è più “business as usual”: le cose in Iran non sono più com’erano. Due sono i fattori molto importanti che influenzano questa mia osservazione: il primo sono ovviamente gli attacchi del mese di giugno, che hanno costituito eventi estremamente traumatici (non mi addentrerò nei motivi e nelle giustificazioni, che sono oggetto di una discussione politica).
È ovvio che dal momento in cui si ricorre all’uso della forza nei confronti di un programma nucleare in corso e soggetto a salvaguardie, ci troviamo in una situazione molto difficile per quanto riguarda il proseguimento e la capacità dell’Agenzia di continuare a svolgere le sue funzioni. Questo è ciò che abbiamo cercato di fare sin dalla conclusione delle operazioni militari, e dalla tregua negoziata a giugno che ha posto fine alle operazioni militari in quella zona. Quest’ultime hanno avuto una conseguenza molto chiara, che era e continua ad essere il grave, gravissimo e esteso danneggiamento delle infrastrutture nucleari in Iran, in particolare nei siti di Natanz, Isfahan e Fordow, dove gli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica ispezionavano gli impianti quasi a giorni alterni. Paradossalmente, l’ultima ispezione che abbiamo potuto effettuare in quella zona risale all’11 giugno, praticamente poche ore prima dell’inizio di questa campagna militare.
Ovviamente, a parte le considerazioni relative all’uso della forza, ciò significava che dovevamo ritirare tutti i nostri ispettori dall’Iran per motivi di sicurezza. Ho dato l’ordine di evacuare perché era chiaro che non potevamo avere ispettori in un Paese sotto attacco. Non ho preso questa decisione alla leggera, ma ovviamente la mia principale preoccupazione era la sicurezza dei miei ispettori, sapendo bene che andarsene era un conto, ma tornare sarebbe stato molto difficile dopo quello che era successo.
Le nuove restrizioni iraniane: un sistema di ispezioni completamente trasformato
Come forse ricorderete, l’Iran ha avuto, e continua ad avere, un’opinione estremamente critica del ruolo dell’Agenzia e della mia persona in modo molto personale e diretto. Non solo, ma ha introdotto una legge che è stata proposta al Majlis e poi firmata dal presidente Pezeshkian, che sospende ogni cooperazione con l’Agenzia e la subordina a una serie di considerazioni piuttosto soggettive, legate a diverse preoccupazioni di sicurezza dell’Iran che devono essere prese pienamente in considerazione dall’Agenzia.
Un altro fattore importante è che l’Iran ha istituito un nuovo sistema per gestire le notifiche di ispezione. Per molti anni, decenni in realtà, anche prima dell’accordo sul nucleare iraniano, l’agenzia iraniana aveva un sistema che rispecchiava sostanzialmente quello che abbiamo con qualsiasi altro Stato che ha accordi di salvaguardia o protocolli aggiuntivi: un accordo di natura tecnica tra il nostro dipartimento di salvaguardia e l’ufficio o l’istituzione di salvaguardia di ciascun Paese, in base al quale, in conformità con il CSA (Accordo di salvaguardia globale) e l’AP (Protocollo aggiuntivo), nei casi in cui si applica, notifichiamo le ispezioni. Si tratta principalmente di considerazioni logistiche – quando arriviamo, che tipo di attrezzature, quale attività verrà svolta – e, solo occasionalmente, anche di sicurezza. Ci sono una serie di parametri che sono configurati in generale nel CSA e in particolare negli allegati relativi agli impianti e in altri documenti necessari per lo svolgimento delle ispezioni.
Tutto questo non esiste più. Ecco perché dico che “non è più come una volta”. È stato istituito un nuovo sistema in base al quale, in qualità di Agenzia, possiamo inviare notifiche di ispezione. Ma quest’ultime vengono inoltrate ai vertici della gerarchia, al Consiglio supremo di sicurezza nazionale, un’istituzione molto vicina alla Guida Suprema, che si potrebbe dire addirittura sostituisca alcune delle autorità del presidente. Quindi, ad esempio, un’ispezione a un reattore di ricerca o anche a un piccolo laboratorio adiacente, che è un’attività quasi di routine con pochissime preoccupazioni in termini di proliferazione nucleare, sebbene ovviamente pertinente da ispezionare, deve passare attraverso un sistema che non ha precedenti e lascia molto spazio al governo iraniano per valutare se sia accettabile, non accettabile, ricevibile o meno.
Consapevoli della difficoltà di un processo come questo, abbiamo avviato una serie di colloqui e negoziati con i nostri colleghi iraniani, che hanno portato a un incontro molto discusso, e direi anche criticato, che ha avuto luogo al Cairo, in Egitto, con il ministro degli Esteri iraniano, il Dott. Abbas Araghchi, con cui collaboro da molti anni. In quell’occasione non abbiamo firmato un accordo, anche se viene chiamato “accordo del Cairo”, ma uno strumento più modesto che delinea una serie di intese tecniche che era importante ribadire alla luce della nuova legislazione, che ovviamente crea obblighi per l’Iran ma non per l’Agenzia. Quindi dovevamo conciliare e raggiungere un accordo con l’Iran sul fatto che, anche in presenza di questa nuova legislazione, l’entità, l’accordo di salvaguardie globali e lo scheletro normativo che abbiamo continuano ad applicarsi. Mentre qualsiasi paese ha la possibilità di istituire il sistema che desidera, perché è una competenza sovrana di un paese, ciò non può essere fatto in contraddizione ostacolando o impedendo le attività di ispezione di cui abbiamo bisogno.
Questo è stato il valore e l’importanza di quell’incontro che è stato completo, direi – perché a volte forse a causa della mancanza di informazioni non si ha un quadro completo della situazione –, e che ci ha permesso di tornare davvero in Iran. Da allora abbiamo effettuato più di 10 ispezioni nel Paese, ma con un’importante avvertenza. Non siamo stati in grado di tornare alle strutture attaccate, che fanno parte di questo spazio che per l’Iran richiede speciali considerazioni di sicurezza nazionale.
Una cooperazione parziale e una crisi ancora aperta
Quindi la situazione con l’Iran è questa al momento. Abbiamo un sistema di ispezioni, lento – o rallentato, se volete in modo considerevole –, ma siamo tornati. Non possiamo dire che non ci sia alcuna cooperazione con l’Iran, anche se c’è questa parentesi molto importante intorno a queste strutture, e l’importanza di questo sta nel fatto che questi luoghi sono quelli in cui si trova la maggior parte – se non tutto – l’uranio arricchito al 60% anche dopo gli attacchi. Quindi questa situazione non può essere considerata soddisfacente. I colloqui continuano ancora oggi, abbiamo diversi cicli, in diverse forme, in diversi formati, di diplomazia discreta, cercando di trovare una via d’uscita, una soluzione a questo problema.
Come sapete, tra pochi giorni si terrà un’altra sessione del Consiglio dei governatori dell’AIEA, durante la quale presenterò ancora due relazioni: una conclusiva sulla risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza, che riguarda essenzialmente l’accordo sul nucleare iraniano, poiché abbiamo raggiunto la data di scadenza e non sono più previste attività di ispezione in merito, e un’altra relazione tradizionale sull’Iran.
Per dirla in termini non burocratici, ci troviamo in una situazione che non è stabilizzata: abbiamo ancora questa questione aperta su come continuare e impegnarci con l’intero programma in Iran, su come cercare di depoliticizzare lo svolgimento delle ispezioni, che è un obbligo per l’Iran e non una misura volontaria o dipendente dal rafforzamento della fiducia dell’Iran nell’Agenzia sulla base di quello che il Paese percepisce essere le volontà dell’Agenzia. Naturalmente, l’Agenzia ha l’obbligo di prendere in considerazione le preoccupazioni di sicurezza che l’Iran potrebbe avere. Questo è il motivo per cui ascoltiamo, perché ci impegniamo con loro cercando di definire eventuali preoccupazioni specifiche che potrebbero avere. Ho detto pubblicamente e lo ripeto oggi che la soluzione per questa situazione ricorrente che ha portato a una grave crisi nel mese di giugno risiede in un accordo diplomatico: i colloqui sono ancora in corso con noi e alcuni altri Paesi, compresi gli Stati Uniti.
L’altra grande crisi: Zaporizhzhzhia e il lavoro dell’AIEA in Ucraina
L’altro grande tema che occupa le prime pagine dei giornali internazionali è naturalmente la situazione nella centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande centrale elettrica d’Europa situata in un territorio occupato, dove l’Agenzia è riuscita a stabilire una presenza dal 1° settembre 2022. Quindi, da più di tre anni siamo lì, con centinaia di ispettori ed esperti di sicurezza dell’Agenzia che si sono alternati. Siamo riusciti a stabilire questa presenza che ci permette non solo di informare e monitorare la situazione sul posto, che di per sé è molto preoccupante e potrebbe portare a un incidente nucleare con gravi conseguenze radiologiche, ma anche, e soprattutto, di trasformarci in un’operazione che non ha precedenti nella storia dell’AIEA. Ora siamo presenti non solo lì, ma anche a Rivne, a Khmelnitskyy, a Chornobyl e anche nell’Ucraina meridionale.
Quindi l’AIEA è presente in tutta l’Ucraina e anche in queste parti del territorio occupato. Devo dire, per coloro che hanno seguito più da vicino la questione, che negli ultimi giorni siamo riusciti a negoziare e ottenere con successo non uno, ma due cessate il fuoco consecutivi della durata di alcuni giorni, sotto la supervisione e il monitoraggio dell’AIEA, che hanno permesso di svolgere un lavoro fondamentale per riparare le due linee principali che alimentavano la centrale nucleare e che sono essenziali per garantire le funzioni di raffreddamento. Inizialmente si è trattato della linea Dniprovska sul lato del territorio occupato dalla Russia e poi della linea Ferosplavna sull’altro lato. Abbiamo mantenuto regolari cicli di negoziati e colloqui con entrambe le parti, con me alla guida del team dell’AIEA impegnato in colloqui ad alto livello che hanno coinvolto molto spesso il presidente dell’Ucraina e il presidente della Federazione Russa. Questa settimana sarò in Russia e poi tornerò a Kyiv per il proseguimento di queste importanti consultazioni.
Questi sono i due principali temi su cui l’Agenzia sta svolgendo un ruolo fondamentale in due delle crisi, questioni o situazioni più rilevanti che possiamo vedere nell’agenda internazionale in questi giorni. Naturalmente, c’è anche l’“agenda normale” dell’AIEA, che è incredibilmente importante anche quando si tratta del nostro lavoro in nuovi settori in cui vediamo progredire le attività nucleari. L’intelligenza artificiale, la modularità dei reattori, i nuovi progetti: sono tutti settori in cui l’Agenzia è attivamente impegnata nella diffusione di informazioni, nella progettazione di nuovi approcci di salvaguardia e anche nell’aggiornamento, se necessario, delle norme di sicurezza e delle linee guida in materia di sicurezza. Si tratta di un processo continuo, di un lavoro costante, di cui siamo ovviamente estremamente orgogliosi e che naturalmente continuerà.

