L’investimento nello spazio, la Space Economy, è un settore in rapida crescita che include attività come la produzione di satelliti, servizi di lancio e sfruttamento dei dati spaziali. L’Italia sta investendo in questo settore con un piano strategico di circa 4,7 miliardi di euro e punta a raggiungerne 7,3 di investimenti entro il 2026, anche grazie ai fondi del PNRR e a quelli destinati all’Agenzia Spaziale Europea. Perché è importante investire nello spazio?
Mi sembra che la tendenza globale sia di aver finalmente compreso che l’investimento nello spazio è indispensabile da un punto di vista tattico, strategico, economico, ecologico.
Questi quattro punti cardinali sono espressi sia dalle funzioni delle grandi agenzie internazionali che si occupano di spazio — mi riferisco ovviamente alla NASA, all’Agenzia Spaziale Europea e alle altre agenzie spaziali — ma da, direi, una ventina d’anni ormai questo settore si è aperto al privato che, come potete immaginare, non investe se non c’è un ritorno.
Quindi, l’aspetto economico negli ultimi 15 anni si è dimostrato prominente, non soltanto nelle telecomunicazioni, ma anche per gli altri aspetti legati ai dati satellitari: mi riferisco alla navigazione, alla difesa, safety and security. E poi, in piccola parte, ma per quanto mi riguarda — ovviamente, da astronauta — rilevante: la parte di esplorazione.
Perché sottolineo quest’ultimo aspetto? Perché esplorazione significa inizialmente il raggiungimento di un nuovo obiettivo, di una nuova frontiera. Ma in un secondo luogo, dopo lo studio da parte dell’aspetto scientifico, sicuramente l’utilizzo di risorse, in particolare quelle che sulla Terra sono rare e sono limitate e che invece nello spazio sono infinite.
La recente legge, che reca disposizioni per la regolamentazione e lo sviluppo dell’economia dello spazio, precisa che per economia dello spazio si intende “l’intera gamma di attività e l’uso di risorse che creano valore e benefici per gli esseri umani nel corso dell’esplorazione, la ricerca, la comprensione, la gestione e l’utilizzo dello spazio, che rappresenta una delle principali traiettorie di sviluppo dell’economia mondiale”. Quali sono le insidie e le opportunità della Space Economy?
Le insidie sono quelle legate a qualcosa di nuovo: quando si comincia un’avventura, i primi passi possono essere incerti ed è anche possibile andare in direzioni che si rivelano più complesse di quanto ci si aspetta.
Con questo cosa intendo dire però? Che a ogni nuova difficoltà corrisponde un’opportunità. Inizialmente dobbiamo comprendere quali sono gli aspetti da curare e nei quali possiamo contribuire come Italia, come Europa. È chiaro che le collaborazioni internazionali devono essere utilizzate al meglio per comprendere cosa è stato fatto in passato, per non commettere gli stessi errori e anche quali possono essere le direzioni di innovazione che possono presentare dei rischi, ma come sempre quando si porta un’innovazione, quando si è i primi in un campo, quando si è i primi a offrire un’opportunità, i risultati poi compensano decisamente gli sforzi iniziali.
Posso fare un esempio: se 20 anni fa la compagnia americana SpaceX si è impegnata a creare un sistema rivoluzionario che permette di recuperare i booster — cosa che oggi è una realtà assodata e che prima non esisteva —, possiamo pensare che la proposta europea dell’Agenzia Spaziale Europea di disegnare un Lunar Lander che possa portare 10.000 kg di carico sulla superficie lunare per creare un servizio che renderà l’esplorazione della superficie lunare sostenuta, sostenibile, è un’innovazione forse ad alto rischio, ma che comunque creerà opportunità di sviluppo di tecnologia che al momento non esiste e poi opportunità di ritorno quando questo servizio verrà offerto agli operatori che vorranno utilizzare la superficie lunare per la propria esplorazione.
Lo stato dell’arte della colonizzazione dello spazio? Cosa dobbiamo aspettarci e in che tempi?
Qualche anno fa, in un blog scritto da me mentre mi trovavo a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, ebbi l’opportunità di provare sulla mia pelle il fatto che, sebbene i nostri scienziati, i nostri tecnici e i nostri ingegneri siano bravissimi a far sembrare facili cose estremamente complesse, lo spazio è ancora un territorio di frontiera.
Non siamo ancora coloni dello spazio, non lo abbiamo colonizzato; siamo agli inizi pionieristici della nostra avventura spaziale. Siamo da 25 anni nell’orbita bassa terrestre, non ci siamo ancora trasformati in una specie interplanetaria, siamo ancora ben lontani dalla superficie della Luna.
Questo perché è difficile, è estremamente complesso; sono necessari investimenti importanti e cooperazioni importanti. Forse una delle cose che più mi piace dello spazio, in particolare dell’Agenzia Spaziale Europea, è che è un’impresa che costruisce ponti, genera opportunità anziché scavare buche o costruire muri.
E quindi le opportunità e le tempistiche dipenderanno dalla nostra volontà — di cittadini europei e di leader — di spingere nella direzione giusta, spingere sull’acceleratore per andare sempre più avanti in quella che diventerà la grande opportunità per l’umanità: creare un mondo migliore sulla Terra utilizzando risorse che sulla Terra non ci sono.
Vuol provare a raccontare l’emozione di vedere la Terra dallo Spazio?
Servirebbe molto più tempo di quello che ho a disposizione, perché è come se mi venisse chiesto cosa vuol dire vivere.
Per chi ha passato come me più di un anno sulla Stazione Spaziale Internazionale, si è trasformato in un certo senso in una persona che vive la vita di ogni giorno in un ambiente straordinario come quello spaziale. Vivere nello spazio o osservare il proprio pianeta da 400 km di distanza è un privilegio le cui emozioni non sono descrivibili, perché non esistono le parole per descrivere quello che non riusciamo a vivere ogni giorno e neanche a immaginare.
Luca Parmitano, astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e colonnello dell’Aeronautica Militare Italiana, è stato ospite all’Istituto Affari internazionali, protagonista dell’evento “Lo Spazio che cambia: AstroTalk con Luca Parmitano”.
Giornalista professionista, si occupa di attualità internazionale. Da molti anni segue la politica estera per Radio Radicale, per la quale cura e conduce la trasmissione serale Spazio transnazionale. Collabora con “Focus Storia”, rivista edita da Arnoldo Mondadori Editore. Dal settembre del 2019 ha assunto l’incarico di Responsabile della comunicazione dell’Istituto Affari Internazionali, dal gennaio 2020 è direttore responsabile di AffarInternazionali.






