Nome in codice Sarmat: l’identikit del nuovo missile intercontinentale russo

Dopo due decenni di sviluppo e alcuni anni di ritardo sulla tabella di marcia, Mosca è pronta ad aggiornare il proprio deterrente nucleare attraverso lo schieramento di una nuova generazione di missili balistici intercontinentali.

Lo scorso 20 aprile la realizzazione della svolta tanto attesa dal Cremlino: il primo test di volo completo del nuovo vettore balistico Sarmat. Un’arma che il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin non ha esitato a definire come uno strumento “senza pari al mondo”.

Il test

“Oggi alle 15:12 orario di Mosca, un missile balistico intercontinentale (Icbm) Sarmat è stato lanciato con successo dal cosmodromo di Plesetsk nella regione di Arcangelo – nel nord ovest del Paese – […]. Le testate di prova hanno raggiunto il poligono di Kura, nella penisola della Kamchatka”, lembo di terra alle estreme propaggini orientali dell’ex impero zarista. Questo il comunicato stampa con cui il Ministero della Difesa russo ha reso noto l’avvenuto test di quello che gli stessi apparati russi hanno definito come uno dei più avanzati prodotti dall’industria missilistica nazionale.

Secondo quanto riportato dalla Reuters, il Cremlino si propone di avviare il dispiegamento dei nuovi missili entro il prossimo autunno, un anno in ritardo rispetto a quanto annunciato dal viceministro della Difesa Alexei Krivoruchko nei primi mesi del 2020. Al fine di evitare ulteriori ritardi e costi, i nuovi vettori verranno schierati nelle stesse strutture militari della regione siberiana di Krasnoyarsk che attualmente ospitano i missili intercontinentali SS-18 Voevoda (o Satan I, secondo la denominazione Nato). A rivelarlo è stato Dmitry Rogozin, direttore generale dell’agenzia spaziale Roscosmos, in un’intervista rilasciata alla tv di stato russa.

Un nuovo missile per la triade nucleare russa

Parte integrante del programma di modernizzazione delle forze nucleari russe avviato nei primi anni 2000, il missile Sarmat (o Satan II) rappresenta la naturale evoluzione della componente terrestre della triade nucleare di epoca sovietica. Il nuovo vettore – che andrà a sostituire il Voevoda, entrato in servizio ormai più di trent’anni fa – ha una lunghezza di circa 35 metri, un peso complessivo superiore alle 208 tonnellate e una gittata massima di circa 18 mila chilometri.

Volendo fare una comparazione tra le due generazioni di Icbm, il nuovo vettore può vantare una maggiore peso di lancio, una maggiore gittata e una più ampia varietà di testate trasportabili. Infatti, oltre alla possibilità di poter sganciare una potenza distruttiva sostanzialmente pari a quella del Voevoda (circa otto megatoni, nell’ipotesi del trasporto di dieci testate), il Sarmat sarà in grado di trasportare fino a un massimo di 24 velivoli a planata ipersonica Avangard. In quest’ultimo caso, però, la potenza distruttiva sarebbe relativamente minore: circa 3,6 megatoni.

Sebbene il numero delle testate potenzialmente dispiegabili – così come la possibilità di utilizzare velivoli di difficile tracciamento come l’Avangard e l’impiego di “falsi bersagli” (decoys) – possano essere considerati di per sé come fattori volti alla massimizzazione delle probabilità di superare le difese missilistiche avversarie, la maggiore gittata del vettore potrebbe introdurre una nuova variabile a favore delle forze di Mosca. Diversi analisti, infatti, hanno sottolineato come il potenziale lancio del missile attraverso una rotta passante per il polo Sud possa mettere in difficoltà i sistemi anti-missile statunitensi, tradizionalmente puntati a difesa della rotta artica. Simile, invece, la tipologia di propellente utilizzato per alimentare il vettore.

Secondo un’analisi del Royal United Services Institute (Rusi), la decisione dei vertici politico-militari russi di proseguire con il propellente liquido sarebbe da ricollegare alla consapevolezza di non disporre di una base industriale abbastanza solida da costruire un missile intercontinentale alimentato da propellente a stato solido capace di trasportare – secondo la tradizione sovietica – un elevato numero di testate.

Non solo deterrenza

La vicinanza temporale del test con l’avvio della seconda fase del conflitto in Ucraina, a soli cinque giorni dall’affondamento dell’incrociatore lanciamissili Moskva nel Mar Nero, ha indotto alcuni osservatori a interrogarsi sulle ragioni che hanno portato il Cremlino ad autorizzare il lancio. Due i filoni interpretativi principali: il primo, legato alla dimensione esterna del conflitto; il secondo, invece, alla dimensione interna.

La prima interpretazione ricollegherebbe il test alla volontà dei vertici politico-militari russi di aumentare la tensione per scongiurare un più ampio coinvolgimento occidentale nel conflitto ucraino o l’ingresso di nuovi membri nell’Alleanza Atlantica. In questo senso, il Sarmat sarebbe soltanto l’ultimo tassello della narrativa “nucleare” di Putin. Secondo la seconda scuola di pensiero, invece, il volo del Sarmat sarebbe un elemento strumentale al consolidamento del fronte interno. “La tempistica del test rivela che i russi vogliono avere qualcosa di tecnologicamente avanzato da mostrare in vista del Giorno della Vittoria”, ha affermato Jack Watling, senior research fellow del Rusi. “In un momento in cui – ha aggiunto Watling – la tecnologia [russa] sembra non aver fornito i risultati voluti [sul campo di battaglia]”.

La risposta del pentagono

“Un test di routine che non ci sorprende. Non consideriamo questo come una minaccia agli Stati Uniti o agli alleati”. Poche le righe utilizzate da John Kirby, portavoce del Dipartimento della Difesa statunitense, per commentare il lancio russo. Un lancio, peraltro, già ampiamente notificato da Mosca secondo quanto stabilito dalle clausole dal trattato New START.

Il senso della nota stampa del Pentagono diviene più comprensibile se si prova a estrarre il volo del Sarmat dalla dinamica del conflitto. Inserito – infatti – nella logica di deterrenza che da decenni caratterizza i rapporti tra i due Stati, il test del nuovo vettore non appare come un pericoloso ampliamento delle capacità nucleari di Mosca quanto piuttosto come il difficoltoso tentativo di porre fine all’obsolescenza di un vettore mediante il dispiegamento di un missile più avanzato ma con capacità distruttive analoghe. Un nuovo capitolo, in sintesi, di una storia che si ripete da decenni.

Foto di copertina EPA/RUSSIAN DEFENCE MINISTRY PRESS SERVICE / HANDOUT HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES

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