Iran-Israele e il ruolo della comunità internazionale

Israele e Iran non vogliono entrare in un conflitto aperto. Tuttavia, gli scambi di fuoco delle ultime settimane – prima l’attacco israeliano all’ambasciata di Damasco e poi la rappresaglia iraniana – potrebbero inavvertitamente portarci a questo risultato. L’Europa deve guardare agli stati arabi della regione, e in particolare ai membri del GCC, come alleati per aiutare a sventare questa possibilità. Una condizione necessaria affinché ciò avvenga è che, nelle ore e nei giorni successivi all’attacco, l’Europa non commetta gli stessi errori compiuti dopo il 7 ottobre, parteggiando a favore di una parte contro l’altra, rendendosi quindi vittima della competizione tra due attori, invece che potenziale canale di dialogo.

Il 7 ottobre ha cambiato le regole non scritte di competizione tra Tehran e Tel Aviv, portando entrambe le parti ad alzare l’asticella delle tensioni. Segnali di un cambiamento rispetto al passato sono rappresentati dall’attacco di Israele all’ambasciata iraniana di Damasco e dalla decisione di Tehran di rispondere lanciando un attacco dal proprio territorio a quello israeliano. In passato, Israele si limitava a colpire milizie pro-iraniane in Siria e in Iraq. Dal canto suo, Tehran continuava ad armare una serie di gruppi para-militari suoi alleati dispiegati alle frontiere con Israele. Il conflitto tra i due rimaneva latente ma a bassa intensità. Vi era, inoltre, il ruolo degli Stati Uniti nel porre dei limiti alle operazioni di Israele per evitare una conflagrazione regionale.

Ora entriamo in una nuova fase dove le regole della competizione tra i due attori sono cambiate. Entrambi vogliono dimostrare la propria capacità di colpire e umiliare l’altro. Dopo il 7 ottobre, l’attuale governo israeliano punta non solo allo sradicamento di Hamas, ma sembra determinato anche a costruire un cuscinetto di sicurezza contro tutti gli attori legati a Tehran. L’Iran fa leva sull’offensiva israeliana per consolidare la propria legittimità come unico difensore della causa palestinese e per rafforzare i legami con i gruppi paramilitari suoi alleati in Iraq, Siria e Libano, espandendo così la propria influenza strategica nel mondo arabo.

Il ruolo dell’Europa nella crisi in Medio Oriente

Il ruolo delle grandi potenze è cambiato. La competizione tra Iran e Israele avviene in un contesto dove non vi è una potenza globale a fissare i limiti di questo scontro – gli Stati Uniti dimostrano una diminuita capacità di influenza su Israele – né una potenza regionale capace di controbilanciare e mediare tra questi due attori. L’Arabia Saudita ci ha provato, ma senza successo, sancendo un accordo con Tehran e alludendo, nei giorni prima del 7 ottobre, alla volontà di normalizzazione con Israele.

Le conseguenze di una competizione “senza regole” sono molte per una regione così vicina all’Europa. Il levante arabo (Iraq, Siria, Libano e Giordania) rischia di diventare teatro di confronto tra questi due attori, aggravando le crisi profonde che già attraversano questi paesi. Crisi come quella del Mar Rosso (dove gli Houthi, gruppo yeminita legato a Tehran, lanciano attacchi su imbarcazioni occidentali che cooperano con Israele) rischiano di protrarsi, aggravarsi e moltiplicarsi in altri contesti. Inoltre, il conflitto israelo-palestinese continua ad appronfondirsi, diffondendo instabilità in Medio Oriente e attenuando la polarizzazione globale tra Occidente e Sud globale a favore di Cina e Russia.

L’Europa e gli Stati membri, insieme agli Stati arabi della regione e in particolare ai membri del GCC, hanno tutto l’interesse a collaborare per sventare una crisi regionale e dispongono di alcuni mezzi per farlo. In primo luogo, il dialogo con l’Arabia Saudita è necessario per far avanzare una proposta araba sul conflitto israelo-palestinese in cambio di un ritorno al processo di normalizzazione tra Israele e Riyadh.

Europa e paesi del GCC possono inoltre porsi come canali di dialogo per aiutare Israele e Iran a definire le regole non scritte della competizione in questa nuova fase della storia e evitare uno scontro diretto. Membri del GCC che hanno relazioni di lungo periodo con l’Iran – come l’Oman – possono aiutare a definire in modo più chiaro le intenzioni di Tehran e le conseguenze di ulteriori attacchi lanciati da Israele su obiettivi iraniani.

Gli stati dell’Unione europea con una lunga tradizione di cooperazione con Israele possono fare lo stesso sulla parte israeliana. La diplomazia europea deve quindi diventare canale di dialogo tra le parti in conflitto invece di porsi in modo unilaterale a favore o contro una di esse.

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