In gioco ragion d’essere e legittimità del G7

Nelle ultime settimane, con un po’ di ritardo rispetto alle attese, il governo italiano ha cominciato a rendere noti gli obiettivi e le linee di azione che intende perseguire durante il suo turno di Presidenza del G7 nel 2024. In realtà già nei mesi scorsi, l’esecutivo aveva avuto modo, in più occasioni, di esplicitare alcuni impegni prioritari della Presidenza.

Ci sarà di certo continuità su due capitoli dell’agenda del G7 che hanno assunto un rilievo di primo piano durante le ultime due presidenze (tedesca e giapponese): il sostegno all’Ucraina contro l’aggressione russa e il contrasto ai piani egemonici della Cina. Su entrambi i fronti il governo appare saldamente allineato agli altri membri del G7. La premier Giorgia Meloni ha preso posizioni inequivocabili sull’assistenza economica e militare all’Ucraina (anche se il contributo italiano, va detto, rimane inferiore a quello di altri membri del Gruppo).

Anche la posizione sui rapporti con Pechino non si discosta da quella messa a punto durante le ultime presidenze del G7. Il governo Meloni ha mostrato di non sottovalutare il rischio che vitali interessi nazionali possano essere messi a repentaglio dall’espansionismo cinese, come mostrano alcune decisioni, fra cui le misure per la protezione di settori strategici e la disdetta dell’accordo con Pechino sulla nuova via della seta (Belt and Road Initiative). Tuttavia, non si può escludere che nei prossimi mesi emergano contrasti, soprattutto a livello transatlantico, sulle entità e gli strumenti dell’appoggio a Kyiv o sulle misure per ridurre la dipendenza economica da Pechino; contrasti che si ripercuoterebbero inevitabilmente sul G7. In tal caso, l’Italia avrebbe il delicato compito, in quanto detentrice della presidenza, di favorire credibili soluzioni di compromesso al Vertice di giugno.

Non va dimenticato che temi come i rapporti commerciali, i sussidi all’industria, la cooperazione in campo tecnologico e il contrasto al cambiamento climatico sono stati spesso al centro di accese dispute fra i membri del G7, non solo durante la presidenza Trump ma anche di recente. Durante la presidenza Biden, grazie al ritrovato clima cooperativo tra le due sponde dell’Atlantico, è stato possibile intraprendere vari tentativi per appianare le divergenze in questi settori, ma i risultati sono stati finora ben al di sotto delle aspettative. Al momento sembrano esservi i presupposti per posizioni unitarie del G7 su gran parte dei dossier internazionali, ma la presidenza italiana farebbe bene a non sottovalutare le persistenti tensioni interne al Gruppo che potrebbero acuirsi in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, in particolare le elezioni parlamentari nell’Ue e quelle presidenziali negli Usa.

Ridefinire la legittimità del G7 nel contesto globale

C’è poi una sfida più ampia che riguarda la stessa ragion d’essere e legittimità del G7. Nei paesi del cosiddetto Global South il G7 è sempre più percepito come una sorta di “comitato direttivo” (steering group) dell’Occidente, un club esclusivo che mira essenzialmente alla promozione degli interessi dei paesi occidentali e del Giappone. È un fatto innegabile, e da tempo ampiamente riconosciuto, che il G7 non sia in grado – data la sua membership ristretta e il suo peso declinante negli equilibri mondiali – di guidare il processo diplomatico per la soluzione di problemi cruciali per il destino dell’umanità, come la salute globale o la crisi climatica. Altri sono i contesti nei quali si possono raggiungere accordi globali su questi temi. Non che altrove le intese siano a portata di mano. Lo stesso G20 sta vivendo una crisi profonda a causa delle rivalità crescenti tra le maggiori potenze e altri raggruppamenti, come i Brics, sono tutt’altro che coesi e faticano a decollare.

Il punto è che, in questo contesto oltremodo frammentato della cooperazione internazionale e nel quale le istituzioni multilaterali hanno sempre più difficoltà ad assolvere la loro missione, il G7 non può pretendere di imporre soluzioni preconfezionate alle grandi sfide internazionali. È però fondamentale che continui a coltivare l’ambizione di intraprendere iniziative che abbiano caratteristiche tali da poter essere utilmente discusse e possibilmente recepite in contesti più ampi, dove hanno voce anche altre regioni e gruppi di paesi. Non è un’impresa facile. Anche perché alcune delle misure promosse di recente dal G7, per esempio quelle mirate a ridurre il rischio economico o i nuovi regimi di sanzioni, hanno effetti negativi in molti paesi del cosiddetto Global South. L’ostilità verso il G7 scaturisce anche dai contraccolpi di queste politiche occidentali.

Rafforzare la cooperazione globale: il G7 e il Global South

Il G7 deve pertanto puntare a rafforzare e ampliare quelle parti della sua agenda che possono costituire la base per una più stretta cooperazione con i paesi meno sviluppati – spesso in bilico tra l’Occidente e i suoi rivali strategici – e in particolare con i paesi africani che, come confermato nel recente Vertice Italia-Africa, saranno il “fuoco regionale” della presidenza italiana. I leader del G7 dovranno perciò impegnarsi a sviluppare ulteriormente le linee di azione in settori cruciali per il dialogo con il Global South, come la salute globale, gli strumenti multilaterali per la ristrutturazione del debito, la mitigazione degli effetti della crisi climatica e la sicurezza alimentare.

È essenziale, peraltro, che al Vertice di giugno si approfondiscano anche gli accordi sugli strumenti finanziari necessari per tenere fede agli impegni su queste tematiche. Solo così l’offerta di cooperazione e partnership con gli altri paesi potrà risultare credibile. In quest’ottica, è da salutare con favore la scelta del governo italiano di dare risalto ai rapporti con i paesi africani e, più in generale, con i paesi più svantaggiati, nel solco anche delle significative iniziative diplomatiche intraprese dall’Italia negli ultimi anni su temi come la salute globale e la sicurezza alimentare.

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