Il terzo governo Sánchez al giro di boa

Il governo Sánchez III nacque già dalla scelta del premier di sciogliere il Parlamento, all’indomani della sconfitta nelle amministrative del 2023, senza attendere la scadenza naturale.

Tale scelta fu dettata dall’assunzione di un rischio politico di Pedro Sánchez: spingere la sinistra a ricompattarsi e a rivitalizzarsi di fronte alla sfida imposta dall’avanzare, ormai robusto, della destra (i popolari erano diventati il primo partito alle amministrative) e dalla situazione del paese che aveva attraversato la crisi catalana e non solo, anche quella del Covid-19.

Il leader socialista guidò quella che venne definita la remontada e si avvicinò agli avversari del partito popolare – risultato ancora il primo partito – quel tanto che bastava per poter permettergli di essere competitivo in termini di maggioranza in parlamento. Questa fu in qualche modo garantita dalla difficoltà di Vox, da una parte, e dalla, quasi imprevista, resistenza di Sumar di Yolanda Díaz e dal mantenimento degli accordi con i partiti nazionalisti.

Questi sono i prodromi di quello che poi è diventato il governo “en minoría” di Sánchez, solidificatosi su un rapporto complesso più che con la sinistra con le forze che gli garantirono la maggioranza, cioè i partiti baschi e catalani sopra tutti, compreso, con una certa dinamica, Junts per Catalunya di Carles Puigdemont.

La nascita quindi del terzo governo del premier Pedro Sánchez ha in sé questi elementi strutturali precari, soprattutto la maggioranza trova sostanza sul piano parlamentare su una sorta di “desistenza contrattata”, se si può dire, con il partito di Carles Puigdemont.

L’Opposizione Divisa e la Strategia del “Sanchismo”

Questa situazione non può che essere irrimediabilmente ostile (e molto di più) all’opposizione che però spesso è divisa. I popolari non considerano Vox un alleato stabile, per ragioni culturali, pur essendo quest’ultimo nato da una costola del Ppe, e con il quale amministrano, e sono, inevitabilmente, separati anche in Europa.

Inoltre questo problema di coesione si intreccia con i limiti ideologici della visione centralista dei popolari e non ci si riferisce solo alla grave questione catalana, ma anche ad altre aree di crisi della democrazia spagnola.

Se si vuole, in forme diverse, ma sia Casado, sia ora Feijóo, uno più populista, l’altro più pragmatico ed ex presidente della Galizia, hanno abbandonato la tradizione politica di Aznar e del suo tentativo di avanzamento del disegno autonomico, che qualche risultato aveva espresso agli inizi del nuovo secolo, perseguendo invece azioni politiche conflittive a senso unico (salvo forse quando si parla di magistrati), senza trattenere insulti e violenza verbale, spesso contro la persona del premier.

La scarsa visione politica sulla questione catalana, sulla legge di amnistia (avallata dalla Corte Costituzionale), solo per citare gli argomenti più noti, è forse l’aspetto della loro azione politica più evidente.

Da un punto di vista politologico, quello che i popolari e Vox chiamano con sprezzo, anche morale, il “sanchismo” in realtà si fonda sulla consapevolezza dei limiti del consenso del PSOE e dei partiti alla sua sinistra e quindi sulla necessità politica di accordi e patti con le formazioni “regionaliste” (vedi il robusto rapporto tra PSOE e i baschi del PNV), patti che servono a estendere la coalizione di governo e la forza dei socialisti sul piano nazionale e a rafforzare implicitamente il tradizionale bipolarismo.

Forse è proprio questa condizione di instabilità del governo, così particolare nel panorama europeo, che lo rende più stabile e più coeso, anche se può apparire un ossimoro.

Comunque, il governo di Sánchez è riuscito, grazie anche all’andamento brillante dell’economia, per due anni a dare una certa stabilità alla società spagnola dopo le crisi.

Finora ha riscosso più successi che fallimenti, anche nella giungla parlamentare, ad iniziare dal superamento dello scoglio politico dell’amnistia (nei confronti dei politici catalani coinvolti nel fallito processo di secessione), ma anche grazie allo sviluppo economico, alle politiche dell’immigrazione e alla risoluta e dinamica attività in politica estera, compresa quella europea sotto gli occhi di tutti: su Gaza, sull’Ucraina, sull’America Latina. La leadership di Sánchez tra i partiti socialisti non solo europei è ben radicata.

Il Boom Economico Spagnolo

La Spagna è ormai il quarto paese al mondo per attrazione di investimenti, grazie alle politiche di flessibilità del mercato del lavoro, di opportunità di investimento e di incentivazione. Nell’ultimo anno ha aumentato il PIL del 3,2%, l’incremento più elevato tra i paesi dell’Ocse.

Inoltre la crescita dell’economia è avvenuta attraverso le esportazioni e la produzione di automobili (e non solo attraverso il turismo), e anche grazie alla forte collocazione del paese in Europa e nel mondo.

In tutti questi sette anni di conflitto politico all’opposizione, i popolari non sono riusciti a proporre un’alternativa possibile ai governi Sánchez II e Sánchez III, in termini soprattutto di visione e di interpretazione del paese; troppo è l’astio politico, ormai sconfinato in odio, che ha attraversato nell’ultimo decennio le crisi forse più devastanti della sua storia democratica.

Gli Scandali e le Sfide Attuali

Tuttavia, quasi come nell’ultimo governo di Felipe González negli anni Novanta, anche in quello di Sánchez, seppure in forma più ridotta al momento, sono affiorati degli scandali di corruzione legati a due politici vicini al premier, che sono ancora in corso e tutti ancora da dimostrare.

I casi dell’ex ministro José Luis Ábalos e del responsabile dell’organizzazione, Santos Cerdán, hanno fiaccato la proiezione del governo. Inoltre, anche altre due indagini – sebbene in una fase di stallo, e su denuncia di una formazione di estrema destra, Manos Limpias, verso la moglie e il fratello dello stesso premier – per “traffico di influenze” hanno peggiorato la situazione.

In soccorso del governo Sánchez è arrivato in luglio l’ennesimo scandalo nelle file del Ppe, quello dell’ex ministro delle Finanze, Cristóbal Montoro. Da una parte sta mitigando i problemi del governo Sánchez, dall’altra sta mettendo un freno, momentaneamente, l’azione politica dello stesso Ppe.

Tuttavia, di recente, per voce di un membro del suo vertice, il Ppe ha fatto sapere che in autunno ripartirà l’iniziativa politica contro la moglie e il fratello.

La linea di Feijóo non cambia: il logoramento del presidente del governo passa dall’assalto ai problemi della sua famiglia.

Leonida Tedoldi

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