Il periodo dell’attuale presidenza francese, dal 2017 al 2022, è stato un momento particolarmente travagliato per le relazioni bilaterali fra Italia e Francia, che hanno rivestito di fatto un’importanza inedita nella storia degli ultimi decenni.
Nel 2017 Emmanuel Macron era stato eletto con uno slancio europeista: la sera della sua vittoria una cerimonia al Louvre dove celebrava la sua vittoria con la colonna sonora dell’Inno alla Gioia.
La svolta di Lione
Poteva essere anche l’occasione del rilancio dei rapporti con l’Italia, un altro grande paese europeista, ma non è stato così. Fra la rinegoziazione da parte di Emmanuel Macron dell’accordo di ripresa del cantiere navale francese STX da parte di Fincantieri e l’impossibilità di trovare una soluzione condivisa per l’accoglienza dei migranti provenienti dal canale di Sicilia, la relazione si inceppò molto velocemente.
Il rapporto fra l’allora presidente del consiglio Paolo Gentiloni ed Emmanuel Macron era buono, perché condividevano i valori di famiglie politiche europee compatibili, ma le incomprensioni si accumularono durante l’estate del 2017, anche quando fu organizzato dalla Francia il vertice della Celle Saint Cloud sulla Libia, che non portò a nulla se non a irritare un’Italia ultrasensibile in materia.
Il vertice bilaterale di Lione del settembre 2017 permise di rimediare a questi dissapori, ma niente venne veramente risolto. Durante la conferenza stampa del summit un giornalista dell’Ansa chiese ad Emmanuel Macron se non fosse il caso di pensare a un trattato bilaterale fra Italia e Francia sul modello di quello franco-tedesco, una sollecitazione alla quale il presidente francese rispose in modo positivo.
Questa fu la scintilla di un percorso che iniziò ufficialmente durante la visita di Emmanuel Macron a Roma nel gennaio del 2018, con la nomina di un gruppo italo-francese di esperti incaricato di lavorare alla stesura di un trattato. Ma la relazione si stava comunque deteriorando.
Già nell’ambito del clima particolarmente teso della campagna per le politiche italiane del 2018, ci furono una serie di screzi sia sui migranti sia in materia di controlli sulla frontiera fra i due Paesi. Con le elezioni del marzo 2018 e la successiva travagliata, costituzione di un esecutivo Movimento 5 Stelle-Lega in Italia, si arrivò a un’opposizione sia interna sia esterna fra Italia e Francia.
L’allora ministro degli interni Matteo Salvini affermava quotidianamente una posizione critica nei confronti della Francia e del suo presidente, una posizione che aveva creato una corrispondenza fra il rifiuto dell’“Europa di Macron” e il rigetto di quella di “Salvini e Orbán” presto avanzata dal presidente francese.
Francia-Italia: crisi e relazioni tese dalla Libia ai gilet gialli
Non si trattava di un semplice epifenomeno di polarizzazione politica esterna e interna intorno a una crisi migratoria che soffriva anche di molte strumentalizzazioni. Già nel 2017 esistevano una serie di dossier importanti sui quali Parigi e Roma erano in disaccordo.
Dall’inizio degli anni 2000 abbiamo potuto costatare la ripetizione dei problemi su scala bilaterale, partendo dalle difficoltà di gestione degli investimenti diretti, come fu il caso dell’OPA di Edf su Edison, fino a un’incomprensione di fondo – per non dire poi un risentimento – italiana verso la Francia a seguito dell’intervento in Libia del 2011.
L’insieme di questi fattori fu portato a una forma di parossismo dall’esecutivo Conte I, insieme a esternazioni anti-francesi che rimandavano al peggior momento della relazione bilaterale, quasi ricordando l’atmosfera successiva allo “schiaffo di Tunisi” del 1881.
L’apice della tensione bilaterali è stato raggiunto nel 2019, con il richiamo dell’ambasciatore Christian Masset a Parigi per protestare dopo la visita del ministro Luigi Di Maio a un comitato di Gillet gialli.
Di fronte a questo blocco fra Roma e Parigi, il presidente Mattarella intervenne per ristabilire il dialogo amichevole con Emmanuel Macron, aprendo di fatto un canale diplomatico alternativo a quello del governo italiano. Ma fu il cambio di esecutivo italiano con il passaggio al governo Conte II che permise un ulteriore ravvicinamento.
Con il vertice bilaterale di Napoli nel febbraio 2020, vennero ristabilite le relazioni bilaterali e si aprirono canali di comunicazione e collaborazione fra i principali dicasteri francesi e italiani, oltre a una serie di connessioni che si rivelarono poi molto utili per la gestione della crisi pandemica che vide la creazione di meccanismi di solidarietà europea.
Questo momento positivo si tradusse anche nel rilancio dei lavori per la stesura di un trattato bilaterale, affidato alle rispettive diplomazie. Con la nomina di Mario Draghi a capo del governo italiano il processo subì un’accelerazione: nel 2021 abbiamo assistito a una vera e propria rincorsa che ha visto anche Sergio Mattarella impegnarsi in una visita di stato in Francia e che si è conclusa con la firma del trattato del Quirinale nel mese di novembre. Esiste una grande compatibilità politica ma anche umana fra Emmanuel Macron e Mario Draghi: il trattato riflette anche l’innalzamento del profilo internazionale del governo italiano sotto la guida di Draghi.
Trattato del Quirinale: un nuovo meccanismo franco-italiano
Il trattato del Quirinale ha riconosciuto che l’intensità delle relazioni bilaterali tra Italia e Francia e le numerose sfide europee richiedono uno strumento di governance adatto a gestire il rapporto e cercare di contrastare – per non dire eliminare – le crisi cicliche. Esso prende anche spunto dal meccanismo franco-tedesco che dal 1963 ha contribuito a migliorare e istituzionalizzare il rapporto fra Parigi e Berlino.
A qualche mese dalla firma dell’accordo di collaborazione tra Italia e Francia si vedono già gli effetti di questo trattato: da parte francese con la creazione un meccanismo automatico di consultazione con l’Italia su una serie di dossier, una sorpresa per gli addetti ai lavori italiani, che scoprono il lato funzionale di questa diplomazia. Poiché il ciclo politico influisce sull’andamento delle relazioni tra Stati, i risultati delle elezioni presidenziali francesi possono definire scenari di continuità o di stallo a seconda del risultato. Tuttavia, la crisi diplomatica precedente al trattato è stata fondamentale per la sua risoluzione e per il consolidamento delle relazioni bilaterali.
La presidenza Macron ha segnato quindi un progresso notevole nella relazione bilaterale con l’Italia: il presidente francese è stato il catalizzatore della crisi nel 2017, ma anche quello che ha sempre creduto in una forma di soluzione costruttiva con l’Italia, quella del Trattato appunto. Per l’Italia, la questione della continuità, o meno, dell’operato di Macron rappresenta una posta in gioco fondamentale per il rapporto bilaterale tra i due Paesi, nonché per la politica europea, poiché essa definisce scenari diversi in termini di possibili convergenze nel contesto dell’Unione.
Foto di copertina ANSA/ FILIPPO ATTILI – UFFICIO STAMPA GOVERNO