In più paesi d’Europa e negli Stati Uniti vi è stato in anni recenti un aumento vistoso di episodi di antisemitismo – omicidi, aggressioni fisiche, insulti e minacce nei media, profanazioni di luoghi di culto e cimiteri ebraici. I dati registrati sono una sottostima del fenomeno perché riflettono le denunce esplicite e non la miriade di casi che restano ignoti. Si agitano, soprattutto nel web, vecchi stereotipi quali il potere finanziario e politico degli ebrei, i fantasmi mistificatori di un complotto mondiale di cui gli ebrei sono fra gli ispiratori, la volontà di demolire attraverso gli immigrati la supremazia dell’etnia bianca, il negare l’esistenza legittima dello stato di Israele e l’uso distorto di Israele e degli ebrei del mondo come capro espiatorio di mali che affliggono l’umanità.
Le ‘proiezioni’ dell’antisemita
L’antisemitismo ha un insieme di concause complesse nella storia dell’Europa – religiose, razziali, politiche. Esso è manifestazione di ostilità e disprezzo di natura ontologica verso gli ebrei per quello che essi sono o meglio quelli che l’antisemita immagina, proietta e mistifica, non per quello che essi fanno. Dell’antisemitismo, della sua lunga, orribile storia sono ovviamente gli ebrei a soffrire, ma esso è un indice acuto del malessere di una società, del degrado di forme di convivenza civile e democratica. Esso riflette subculture e movimenti che esaltano l’identità etno-nazionale o persino razziale, l’intolleranza del diverso, il rifiuto dei diritti delle minoranze. Lottare contro la patologia antisemita non è un favore condiscendente che la società fa alla minoranza ebraica, ma un dovere morale verso te stessa se intende restare luogo di convivenza civile e non violenta.
Parallelismi con gli anni Trenta del Novecento sono fuorvianti. Non vi è un antisemitismo di Stato, ma in generale, le istituzioni pubbliche sono impegnate nel combattere rigurgiti antisemiti con un’azione di educazione, vigilanza e prevenzione. Azione peraltro insufficiente: in diversi segmenti della società europea restano zone di connivenza, copertura o sorda passività che alimentano insolenza e senso di impunità in coloro che predicano l’odio antiebraico.
Le iniziative europee e italiane
Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato nel 2018 una definizione operativa di atti di antisemitismo concordata in sede di IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance), un testo non giuridicamente vincolante ma offerto a legislatori, educatori, università, associazioni culturali come ausilio sul piano del contrasto a tale patologia. Vi hanno aderito oltre 30 paesi fra cui l’Italia. Sulla base di ciò, 13 paesi membri dell’Ue hanno intrapreso piani d’azione diretti a combattere l’antisemitismo. La stessa Commissione europea, i governi tedesco e italiano hanno designato Commissari con l’incarico specifico di vigilare sul ricorrere di atti antiebraici e di promuovere una fattiva attività di prevenzione. In Italia, in particolare è stata nominato un Coordinatore nazionale nella persona della prof.ssa Milena Santerini.
Nel 2021 è stato reso pubblico un documento prodotto sotto la sua guida da un working group composto da ministeri, università, Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec) e Unione delle Comunità ebraiche italiane, con il compito di definire una strategia. Ancor più recente e meritorio sul piano della buona pedagogia un documento, reso noto dal Ministero della pubblica istruzione nel novembre scorso, contenente le “Linee guida in contrasto contro l’antisemitismo nella scuola”.
L’Osservatorio antisemitismo del Cdec documenta il ripetersi di insulti e minacce verbali dirette contro ebrei, atti vandalici in luoghi ebraici e, soprattutto, violenza digitale. Il rapporto osserva che “il web ha permesso la formazione di una cultura dove l’antisemitismo assume accettabilità sociale, in particolare fra i giovani. La promozione di teorie cospirative, la demonizzazione degli ebrei e dello stato ebraico, e l’uso degli ebrei/sionisti come capro espiatorio diventano norma… Il tentativo di legittimare l’antisemitismo colpisce le difese che la società ha eretto contro il razzismo”.
La compresione della Shoah
Nel celebrare la Giornata della Memoria, con la scomparsa dei testimoni diretti, perseguitati e deportati, il problema di come conservare e trasmettere la memoria è questione di importanza capitale, di cui da tempo si discute. Due le strade utili e complementari. Da un lato, la letteratura, i racconti, le testimonianze, le autobiografie – da Primo Levi a Liliana Segre, da Saul Friedlander a Janina Bauman e molti altri. Dall’altro, resta cruciale l’impegno educativo rivolto ai più giovani. Lo stesso Primo Levi e Elie Wiesel ci insegnano come sia complesso, quasi impossibile l’esercizio di comprensione della Shoah, ma che il conoscere ed assimilare la lezione di quell’orrore possa servire all’umanità oggi e in futuro per non ricadervi. A questo fine è utile, necessario il confronto con il presente o il passato prossimo: un mondo il nostro che, pur con le differenze profonde con lo sterminio nazista, a quasi 80 anni dalla Shoah non ha debellato violenze, eccidi di massa e offese ai diritti umani.
Foto di copertina ANSA/CIRO FUSCO