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Nuovi attacchi e nuovi sondaggi

Antisemitismo: la bestia risorge in Germania e in Europa

17 Ott 2019 - Giorgio Gomel - Giorgio Gomel

All’inizio del 2019 avevamo sottolineato il risorgere inquietante di sentimenti e atti diretti contro individui ed istituzioni ebraiche negli ultimi anni in più Paesi d’Europa: omicidi, aggressioni fisiche e verbali, profanazioni di luoghi di culto, cultura e cimiteri ebraici. Alcuni episodi particolarmente nefandi furono riportati dai mezzi d’informazione –  gli assassinii alla scuola ebraica di Tolosa, al museo ebraico di Bruxelles, al supermercato kasher parigino, alla sinagoga di Copenhagen -; molti altri restano ignoti in quanto le statistiche ufficiali, che pure hanno rilevato per l’anno trascorso un aumento marcato di ostilità antiebraica in Paesi quali la Germania, la Francia e il Regno Unito, registrano le denunce esplicite e non la casistica sotterranea. Secondo il Ministero dell’Interno tedesco, in particolare, il 2018 aveva segnato un aumento del 20% di atti di antisemitismo, giunti nel corso dell’anno a circa 1800, imputabili per il 90% a formazioni di estrema destra.

Il triste caso della Germania
La barbarie antisemita colpisce ora in modo più eclatante la Germania, con un attentato diretto contro la sinagoga di Halle, una piccola città della Sassonia, regione orientale del paese dove militano da tempo gruppuscoli neonazisti organizzati.

La patologia dell’antisemitismo persiste, ricorre, con pervicacia mai sopita, ancora 75 anni dopo gli orrori dello sterminio nazista e inquina larghi strati della società europea. Riesuma vecchi stereotipi quali il potere finanziario e politico degli ebrei e l’invenzione mistificatoria di un complotto mondiale. Un’analisi recente condotta in Germania, infatti, indica per esempio che oltre il 50 % degli aderenti ed elettori di Alternative fur Deutschland (AfD) – partito fascistoide e xenofobo che ha ottenuto l’11 % dei suffragi nelle elezioni europee del maggio scorso e oltre il 27 % nella Sassonia – ritiene che gli ebrei detengano un potere eccessivo nel mondo. L’antisemitismo, inoltre, produce e diffonde nuove farneticanti falsità attribuendo agli ebrei la volontà mefitica di demolire, attraverso l’ingresso di immigrati dall’Africa e dal Medio Oriente, la supremazia dell’etnia ‘bianca’ in Europa, così come in America o nella Nuova Zelanda dell’attentato alla moschea di Christchurch. Minaccia, infine, il presente e il futuro degli ebrei europei, negli Anni Trenta del 1900 circa il 60 % dell’ebraismo mondiale, oggi appena 1,5 milione circa, solo il 10 % degli ebrei del mondo.

Come racconta Yascha Mounk, noto politologo di Harvard e lui stesso ebreo tedesco: “Quando ero ragazzo in Germania dovevo passare un cordone di polizia quelle rare volte che andavo in una sinagoga… Mi fa ancora più rabbia pensare alle circostanze che rendono necessaria la presenza (della polizia). Come può essere che oltre settant’anni dall’Olocausto ogni scuola ebraica, sinagoga, centro della comunità ebraica necessiti di protezione?…Ora che sta per ricorrere il primo anniversario dell’attacco ancora più letale alla sinagoga di Pittsburgh il mio timore è che la vita degli ebrei negli Stati Uniti possa diventare più simile alla vita degli ebrei in Germania…”.

Prevale la paura, rapporti inquietanti 
L’azione delle istituzioni pubbliche, sia nel campo dell’educazione alla memoria delle nefandezze del Novecento e della sua trasmissione, che in quello della prevenzione e del contrasto del malanno antisemita, appare inadeguata. Vi sono fasce della società europea dove connivenza o sorda passività rispetto all’ideologia antisemita alimentano un senso di impunità insolente in coloro che predicano il razzismo e l’intolleranza del diverso. Come osservò nel 2017 Manuel Valls, allora primo ministro di Francia, il malanno antisemita ha natura multiforme, origini e facce diverse, ma è un barometro del degrado della democrazia di un Paese: vi è oggi un confluire perverso fra l’antisemitismo classico della destra estrema e quello islamista, un’ideologia che importa nelle città d’Europa il conflitto israelo-palestinese in un’ottica di contrapposizione fra arabi ed ebrei, lo snatura e lo deforma, sotto la spinta della predicazione all’odio di imam integralisti.

In Italia, secondo l’ultimo rapporto redatto dall’Osservatorio antisemitismo del Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec), nel 2018 si sono avuti quasi 200 episodi di antisemitismo, non aggressioni fisiche, ma insulti e minacce verbali, atti vandalici in luoghi ebraici e, soprattutto, violenza digitale. Il rapporto osserva in merito che “il web ha permesso la formazione di una cultura dove l’antisemitismo assume accettabilità sociale, in particolare fra i giovani. La promozione di teorie cospirative, la demonizzazione degli ebrei e dello stato ebraico, e l’uso degli ebrei/sionisti come capro espiatorio diventano norma… Il tentativo di legittimare l’antisemitismo colpisce le difese che la società ha eretto contro il razzismo”.

L’Agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra) ha pubblicato il secondo sondaggio, dopo il primo uscito nel 2013, circa la percezione dell’antisemitismo, sulla base di un’indagine che ha coinvolto 16.500 cittadini ebrei intervistati in 12 Paesi della Ue.  L’indagine registra la percezione di pregiudizi e umori antisemiti da parte degli intervistati; non è pertanto un indicatore di sentimenti o atti antisemiti, ma un barometro del senso di pericolo, di un’ansia diffusa per un problema che incombe e spaventa.

L’85 % degli intervistati ritiene che antisemitismo e razzismo siano il problema maggiore dell’Europa – solo l’Italia fa eccezione a questo riguardo -, l’89 % che l’antisemitismo si sia acuito nel loro Paese e che sia particolarmente grave quello diffuso dal web. Ne risulta un sentimento di insicurezza fisica per sé e le famiglie, che influisce sul modo di vita, fino al punto che un terzo evita di visitare luoghi ebraici, quasi il 40% valuta se emigrare dal proprio Paese e un terzo denuncia di avere subito aggressioni o insulti antisemiti nell’anno precedente. Il 70 % degli intervistati infine  ritiene che l’azione dei governi non sia sufficiente a reprimere e debellare l’antisemitismo nel proprio Paese. Un’esortazione forte ad agire.