La deterrenza nucleare nella prospettiva tedesca

Ha senso scrivere una recensione di un libro scritto in tedesco e non disponibile in altre lingue? Sì, se si tiene conto dell’importanza del tema e delle implicazioni per la nostra sicurezza nazionale.

In Deutschlands nukleare Interessen nach dem Ukraine-Krieg (Nomos Verlag, Baden-Baden, 2023), Karl-Heinz Kamp affronta la deterrenza nucleare, un tema scomodo di cui l’autore ha dedicato gran parte della sua vita professionale. Kamp ha trascorso molti anni nel mondo dei think-tank prima di vincere l’incarico di direttore delle ricerche al NATO Defence College di Roma, divenne poi Presidente dell’Accademia Federale per la Politica di Sicurezza di Berlino e più recentemente ebbe un ruolo da dirigente al Ministero della Difesa tedesco.

Kamp racconta come, dalla caduta del muro di Berlino fino ad oggi, sia il mondo politico (governativo e parlamentare) che quello tecnico-amministrativo (ministeri di esteri e difesa) e militare in Germania abbiano trascurato lo studio e la comprensione della deterrenza nucleare e la deterrenza estesa. Da più di trent’anni, a parte poche eccezioni, la maggioranza dell’establishment politico e militare tedesco si è concentrato sul disarmo come elemento centrale di una politica di sicurezza nazionale e si sentì confermato quando, nella primavera del 2009, l’allora Presidente degli Stati Uniti Obama a Praga annunciò la sua visione di un mondo libero da armi nucleari. Questa ‘illusione’ collettiva finì bruscamente con l’aggressione russa all’Ucraina il 24 febbraio 2022 e con le ripetute minacce di Vladimir Putin contro i paesi sostenitori di Kyiv.

Le contraddizioni della deterrenza nucleare

Un capitolo importante del libro tratta della logica e delle contraddizioni legate alla deterrenza nucleare. Kamp spiega che, per ottenere il risultato politico di una deterrenza credibile, le armi nucleari devono essere utilizzabili militarmente in modo credibile ed essere percepite come tali da un avversario. L’autore non nasconde le sue perplessità su alcune scelte fatte in passato, ad esempio quando vennero dispiegati ‘sistemi suicidi’ come la Davy Crockett, testate nucleari per artiglieria con due a quattro chilometri di raggio, che non avrebbe permesso la sopravvivenza a chi le sparò, oppure le mine nucleari, nascoste lungo i confini e che avrebbero ‘arato’ il proprio terreno in caso di detonazione.

La deterrenza estesa a paesi alleati nella NATO è da sempre stata soggetto di dubbi e paranoie europee e ha fondamentalmente ruotato intorno alla questione di fondo se Washington sarebbe stata disposta a rischiare la propria testa per difendere Berlino, Varsavia oppure Roma. Varie dichiarazioni di Donald Trump prima e durante la sua presidenza hanno nuovamente alimentato dubbi europei sulle garanzie di sicurezza statunitensi, ma sono poi state smorzate dall’amministrazione Biden.

Gli interessi nucleari della Germania

Un altra parte didatticamente importante del libro tratta degli ‘interessi nucleari’ della Germania. Kamp esclude categoricamente l’opzione di una Germania Federale dotata di proprie armi nucleari ma spiega che anche un paese non dotato di proprie armi nucleari ha ‘interessi nucleari’, che sono fondamentalmente quattro: (1) protezione da aggressione militare, (2) accesso ad informazione su piani operativi e dottrinali di utilizzo di armi nucleari, (3) avere voce indiretta in capitolo sui piani di Washington, e (4) avere voce indiretta in capitolo su questioni legate al controllo degli armamenti e al disarmo. Kamp spiega che questi quattro tipi di interesse nucleare esistevano già durante la guerra fredda ma valgono tuttora ed hanno bisogno di essere aggiornati e sviluppati ulteriormente, tenendo conto del nuovo contesto internazionale creatosi con l’aggressione russa contro l’Ucraina.

Il libro inoltre tratta di molti altri temi legati al nucleare, spiegando i retroscena che portarono alla creazione del Gruppo di Pianificazione Nucleare della NATO, commentando l’utilità operativa degli aerei a doppia capacità F35 con bombe B61 di ultima generazione e analizzando possibili scenari e dispiegamenti futuri, tenendo conto dell’avvenuto allargamento della NATO ad est. Kamp menziona anche il programma statunitense B-21 Raider, che, a parere di chi scrive, meriterà particolare attenzione anche negli futuri scenari di deterrenza estesa verso stati europei alleati.

Non tutto nel libro di Kamp convince al 100 percento e andrebbe approfondito ulteriormente. Kamp è transatlanticista e non ha peli sulla lingua quando si tratta di criticare ‘l’illusione di una Unione Europea militarmente significativa’ ed i ‘castelli di sabbia di un deterrente nucleare europeo’ basato sul nucleare francese, ma concordo con l’autore che ‘nel prossimo futuro non esiste una alternativa credibile al deterrente esteso statunitense’. Caso mai bisognerebbe parlare di aggiunta, non di alternativa – ma la cosa viene in parte già riconosciuta, anche attraverso i testi ufficiali dei vertici NATO.

Un nuovo dialogo sulla deterrenza

Un ultimo aspetto del libro, che meriterebbe attenzione anche in Italia, è la proposta di Kamp di sviluppare un dialogo trilaterale fra Parigi, Londra e Berlino sulla deterrenza, prendendo spunto dagli accordi di Lancaster House fra Francia ed Inghilterra del 2010. Londra aveva suggerito un dialogo simile alla Germania nel 2016 ma la cosa non ebbe seguito, anche per via di Brexit. Visto da una prospettiva tedesca l’idea ha una sua logica, ma quali sono le implicazioni in base alla prospettiva italiana?

Sia come sia, il deterrente nucleare è un tema difficile e scomodo ma va affrontato, anche in Italia, ed il libro di Kamp è un ottimo contributo al dibattito, che speriamo si svilupperà. Magari partendo da una traduzione in italiano del suo libro ed indicandolo come lettura obbligatoria a qualsiasi futuro addetto ai lavori del settore.

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