I grandi giochi (invernali) di Xi Jinping

“Insieme per un futuro condiviso”. È questo il motto con cui Pechino si appresta a organizzare la XXIV edizioni dei Giochi olimpici invernali, e a diventare così la prima città al mondo ad aver ospitato sia un’edizione invernale sia un’edizione estiva delle Olimpiadi. Rispetto ai Giochi del 2008, tuttavia, la manifestazione che si aprirà il 4 febbraio 2022 sembra avere un valore politico e simbolico profondamente diverso, sia a livello interno sia sul piano internazionale.

I Giochi olimpici nella Cina di Xi

Le Olimpiadi di Pechino 2008, svoltesi all’insegna dello slogan “Un mondo, un sogno”, avevano suscitato in numerosi osservatori internazionali la speranza – ampiamente disattesa – di un incipiente processo di liberalizzazione politica che accompagnasse l’impetuosa crescita economica del gigante cinese. Per la leadership comunista dell’epoca, quella era stata invece l’occasione per mostrare al mondo gli enormi passi in avanti compiuti dal paese del Dragone sul piano organizzativo e tecnologico, “una dimostrazione inequivocabile che la Cina ce l’aveva finalmente fatta”

Nel 2022, la Cina di Xi Jinping non ha certo bisogno di un riconoscimento del suo status di potenza globale. Piuttosto, il significato simbolico dei Giochi sembra essere quello di proclamare al mondo la forza del “pensiero” di Xi, incentrato sulla riaffermazione della centralità assoluta del Partito comunista cinese, su un modello di leadership e di governo fortemente autoritario e sulla proiezione esterna del “rinnovamento” della nazione cinese come ispirazione per il mondo intero, con toni marcatamente nazionalisti.

In questa prospettiva di leadership globale, va letta la promessa di Pechino di organizzare dei Giochi “verdi” e “puliti”, addirittura “carbon-neutral”: riadattando per l’occasione molti degli impianti dei Giochi del 2008 anziché costruirne di nuovi, trapiantando altrove i 20.000 alberi rimossi per realizzare le piste da sci, utilizzando energia rinnovabile da impianti eolici e solari e riducendo smog e inquinamento atmosferico, anche tramite un temporaneo rallentamento dell’attività dell’industria pesante locale. Resta il fatto che la scelta di organizzare dei Giochi invernali in una regione in cui le precipitazioni nevose sono in genere molto ridotte comporterà un ricorso massiccio alla neve artificiale, come avvenuto in ogni caso già durante i precedenti Giochi di Pyeongchang 2018.

Il ruolo del Comitato olimpico

I Giochi del 2022 sono stati assegnati a Pechino nel 2015, a seguito di un serrato ballottaggio con la città kazaka di Almaty. In quell’occasione, l’unica candidatura proveniente da un paese democratico, quella di Oslo, era stata ritirata per i costi troppo elevati e per le riserve del comitato promotore verso alcune delle richieste avanzate dal Cio, il Comitato olimpico internazionale.

La prospettiva di assegnare le Olimpiadi invernali a un paese poco rispettoso dei diritti umani non è sembrata preoccupare più di tanto il Comitato olimpico. La linea morbida del Cio verso Pechino è stata particolarmente evidente nella gestione del caso Peng Shuai, la tennista cinese che aveva accusato di violenza sessuale un alto funzionario del Partito comunista cinese e di cui si erano perse le tracce. In generale, dal 2015 a oggi, i rappresentanti del Cio hanno a più riprese glissato sugli abusi perpetrati dalle autorità cinesi nello Xinjiang, a Hong Kong e in Tibet, in nome del principio di “neutralità” del movimento olimpico, mentre alcuni esponenti di primo piano delle istituzioni sportive internazionali si sono persino lasciati sfuggire (per poi ritrattare) che l’organizzazione dei Giochi sarebbe “più semplice” in regimi dittatoriali. Nel complesso, come ha affermato Christophe Dubi, direttore esecutivo dei Giochi, per il Cio organizzare i Giochi di Pechino è stato “facile”.

App, controlli e boicottaggi

L’impegno delle autorità cinesi per assicurare il successo dei Giochi è stato in effetti a tutto campo. Un esempio lampante è quello dei protocolli per il contenimento dei casi di Covid-19 tra atleti e delegazioni straniere, resi particolarmente rigidi per volontà di Pechino – al punto da scoraggiare la popolazione dall’intervenire nel caso in cui assistessero a incidenti stradali con il coinvolgimento di veicoli legati alla manifestazione. In un paese che continua a perseguire una ferrea strategia di “zero Covid”, per il governo cinese è fondamentale assicurare che i Giochi non si trasformino nella porta d’ingresso per il virus nel paese.

Delle misure anti-Covid fa parte l’obbligo, per tutti gli atleti, di scaricare una app, MY2022, che potrebbe mettere a rischio i dati personali e i file degli utenti: di qui l’indicazione che sarebbe stata data agli atleti di diversi paesi occidentali di portare con sé non i propri telefoni personali, ma dei burner phones. Più in generale, le preoccupazioni per la sicurezza di atleti e giornalisti sono notevoli. Poche settimane fa, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha affermato che Pechino “accoglie con favore i suggerimenti costruttivi dei media internazionali”, ma al contempo si “oppone ai tentativi di distorcere i fatti in nome della libertà di stampa per diffamare la Cina e le Olimpiadi invernali di Pechino”. Non può quindi stupire che Global Athlete, movimento internazionale di atleti olimpici e paralimpici, abbia invitato i partecipanti ai Giochi a non prendere posizioni pubbliche contro il regime di Pechino durante la loro permanenza in Cina, incoraggiandoli invece a esprimersi pubblicamente al proprio ritorno.

La diplomazia del boicottaggio

In questo contesto, Stati Uniti, Australia e Regno Unito (non a caso, firmatari pochi mesi fa dell’accordo di sicurezza AUKUS) hanno annunciato, assieme a Canada, Belgio e Danimarca, il boicottaggio diplomatico dei Giochi – vale a dire, l’assenza di rappresentanze diplomatiche ufficiali a Pechino 2022, ben distinta, tuttavia, da un pieno boicottaggio, che avrebbe comportato la non partecipazione dei propri atleti. Di fronte a queste mosse, fonti ufficiali cinesi hanno reagito sostenendo che gli Stati Uniti starebbero pianificando di “sabotare” i Giochi, addirittura invitando gli atleti a non impegnarsi a fondo nei Giochi.

Anche se dal 4 febbraio saranno le cronache sportive a dominare, l’avvicinamento alle Olimpiadi di Pechino ha insomma dimostrato ancora una volta quanto profondo sia il legame tra sport e politica, internazionale e non solo.

Foto di copertina EPA/ROMAN PILIPEY

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