In questo podcast, Tamara Alrifai, direttrice delle relazioni esterne e della comunicazione dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA), ripercorre gli ultimi sviluppi che coinvolgono l’organizzazione: dall’astensione dell’Italia al voto dell’Assemblea Generale sull’estensione del mandato dell’UNRWA, all’incursione delle autorità israeliane nella sede di Gerusalemme Est, fino al possibile ruolo dell’Agenzia nella futura ricostruzione di Gaza.
«L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato con ampia maggioranza l’estensione del mandato dell’UNRWA. Ciò significa che la maggior parte dei governi del mondo, ossia gli Stati membri dell’ONU, sostiene l’UNRWA come agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, che fornisce assistenza sanitaria, istruzione e servizi sociali ai rifugiati palestinesi nei Territori palestinesi occupati, in Siria, Giordania e Libano. Purtroppo, alcuni partner tradizionali dell’UNRWA, paesi con un forte peso politico e un ruolo influente, si sono astenuti dal voto sull’estensione del mandato. L’Italia è tra questi. Per l’UNRWA è motivo di delusione che uno dei suoi principali partner storici, nonché un governo membro dell’Unione Europea e della comunità internazionale, non si sia sentito sufficientemente a suo agio da votare a favore di un’Agenzia delle Nazioni Unite, parte del sistema multilaterale internazionale e attore fondamentale in un conflitto di lunga durata e di estrema complessità come quello israelo-palestinese».
«Le forze di sicurezza israeliane – la polizia israeliana – hanno fatto irruzione nella sede dell’UNRWA nella Gerusalemme Est occupata. Non si era mai visto prima che un governo rimuovesse la bandiera delle Nazioni Unite per sostituirla con quella nazionale. Si tratta di un messaggio estremamente forte rivolto alla comunità internazionale, al sistema multilaterale e alle Nazioni Unite, ed è soprattutto una violazione delle immunità e dei privilegi diplomatici di cui gode un’agenzia delle Nazioni Unite in base a una Convenzione internazionale della quale Israele fa parte. Al di là del significato diplomatico e politico, vi è anche un forte valore simbolico nel fatto che la sede di un’agenzia dell’ONU nella Gerusalemme Est occupata sia stata perquisita dalla polizia del governo del paese che è considerato l’occupante di quello stesso territorio. Si tratta di un evento profondamente preoccupante, che colpisce l’UNRWA e le Nazioni Unite nel loro complesso».
«L’UNRWA conta 12.000 dipendenti a Gaza. Questi sono gli insegnanti, gli educatori, gli assistenti sociali, gli ingegneri, i medici, gli infermieri e tutte le figure che contribuiscono al funzionamento di servizi essenziali come il sistema sanitario, quello educativo e la protezione sociale. Questo è il fulcro della risposta umanitaria – la distribuzione di cibo, la fornitura di acqua potabile e la gestione dei rifugi – che durante la guerra è stata garantita proprio dai 12.000 operatori di UNRWA. Tuttavia, questo non è il loro compito ordinario. Il loro lavoro ordinario è contribuire allo sviluppo umano dei rifugiati palestinesi fino a quando non verrà raggiunta una soluzione politica. Per questo motivo, il “Piano di pace”, che auspichiamo sinceramente abbia successo, così come la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che mira finalmente a porre fine alla guerra, sono qualcosa che accogliamo con favore. Tuttavia, sarà difficile che qualsiasi transizione possa realizzarsi senza il lavoro svolto oggi dai 12.000 dipendenti dell’UNRWA nel contesto della devastazione di Gaza e della distruzione della maggior parte del suo settore pubblico: dalle strutture sanitarie rase al suolo, al sistema educativo e alle scuole distrutte, con bambini che a Gaza sono rimasti senza istruzione per tre anni, fino alla gestione dei rifiuti solidi e alle conseguenze sull’ambiente. Un’entità che svolge le funzioni di un settore pubblico deve continuare a operare, e questa entità è l’UNRWA. Pertanto, riteniamo che la prosecuzione del lavoro dell’UNRWA sia un elemento fondamentale per il successo del cessate il fuoco, per il futuro di Gaza e per qualsiasi piano futuro relativo alla sua governance e alla sua amministrazione».






