Sulla scia di una nuova corsa globale ai minerali grezzi critici, necessari per accelerare la transizione dall’energia fossile a quella pulita, l’Africa si presenta ancora una volta come un campo di battaglia politico e di geosicurezza sia per le potenze consolidate (Ue, Regno Unito e Stati Uniti) sia per quelle emergenti (Cina, India, Russia, Iran, Turchia, Emirati Arabi Uniti). La Cina sta rapidamente ampliando la sua influenza sul continente, diventando il principale partner commerciale bilaterale dell’Africa, superando sia l’Ue che gli Stati Uniti. Il commercio cinese con l’Africa è aumentato di oltre il 226% tra il 2006 e il 2018, evidenziando i legami diplomatici ed economici in espansione tra le due regioni.
In occasione di un recente Forum sulla cooperazione Cina-Africa (FOCAC) a Pechino, la Cina si è impegnata a stanziare ulteriori 51 miliardi di dollari per finanziare lo sviluppo in Africa nei prossimi tre anni. Sebbene gli investimenti e le linee di credito cinesi siano accolti con favore da molti Paesi africani alle prese con infrastrutture sottosviluppate e limitazioni di capitale, l’approccio della Cina è stato oggetto di un crescente scrutinio. Un numero crescente di studiosi sta cercando di comprendere e di disaggregare le relazioni Cina-Africa in un contesto geopolitico dinamico e polarizzante, caratterizzato dalla competizione tra potenze consolidate e aspiranti tali.
Per la maggior parte, l’Africa si trova intrappolata tra le proverbiali potenze “vecchie” e “nuove”, incapace di articolare una visione unitaria e una posizione comune. A differenza della Cina, che ha una politica estera centralizzata, l’Africa comprende 54 Paesi diversi e distinti, ciascuno con i propri obiettivi di politica estera. Questa diversità sottolinea la complessità di formulare una posizione africana coesa sulle questioni globali, poiché i Paesi tendono ad allineare i propri strumenti di politica estera per servire al meglio i propri obiettivi economici, politici e di sicurezza.
Sicurezza e diplomazia: il peso crescente degli aiuti militari nelle relazioni Cina-Africa
A differenza dell’Europa, della Russia o degli Stati Uniti, l’impegno della Cina con il continente africano è relativamente recente e risale principalmente all’era post-indipendenza. In questo periodo, la Cina ha cercato di stabilire relazioni diplomatiche strategiche con gli Stati africani di recente indipendenza, enfatizzando la sua politica di non interferenza negli affari interni dei Paesi sovrani. Nella seconda metà del XX secolo, la Cina si è gradualmente orientata verso partnership economiche più profonde con l’Africa. Questi legami sono stati formalizzati in modo significativo nel 2013 con il lancio della Belt and Road Initiative (BRI) sotto la guida del presidente Xi Jinping, segnando uno sforzo concertato per espandere l’influenza economica e politica della Cina nel mondo in via di sviluppo.
La penetrazione finanziaria della Cina in Africa può essere attribuita, in parte, al relativo “ritiro” dell’Ue e degli Stati Uniti, insieme alle loro limitate capacità di prestito dopo la crisi finanziaria globale del 2008. Di conseguenza, i prestiti e gli investimenti cinesi sono diventati sempre più interessanti per i governi africani, in cerca di alternative alle pratiche di prestito condizionato delle istituzioni finanziarie internazionali come il FMI e la Banca Mondiale.
Dalla sua istituzione nel 2000, la FOCAC è diventata una piattaforma fondamentale per rafforzare la collaborazione tra Cina e Paesi africani. Convocata ogni tre anni, la FOCAC ha facilitato l’espansione del commercio, degli investimenti e del sostegno finanziario cinese, offrendo prestiti “accessibili” per lo sviluppo delle infrastrutture, la creazione di posti di lavoro e la crescita economica. Per approfondire i legami economici e diplomatici, la Cina ha attuato diverse iniziative strategiche, tra cui la creazione del China-Africa Business Council (CABC) nel 2004, che mira a guidare le imprese private cinesi negli investimenti in Africa. Questa strategia ha dato risultati significativi, posizionando la Cina come il più grande partner commerciale bilaterale dell’Africa e il principale finanziatore del continente. Nel 2021, il commercio Cina-Africa aveva superato i 245 miliardi di dollari. La centralità della FOCAC in questo contesto è evidente nella sua crescente rilevanza, con un aumento della partecipazione da 40 capi di Stato e di governo africani nel 2006 a 51 nel vertice del 2024 a Pechino. Tuttavia, nonostante la Cina sia il primo partner commerciale dell’Africa, le relazioni commerciali rimangono squilibrate, con la Cina che esporta in Africa più di quanto importi.
Il recente impegno cinese di 51 miliardi di dollari al vertice FOCAC di quest’anno, sebbene inferiore ai 60 miliardi promessi nel 2015, sottolinea il crescente impegno commerciale e strategico di Pechino nei confronti dell’Africa. Oltre a questo impegno finanziario, la Cina ha stanziato 140 milioni di dollari in aiuti militari, l’importo più elevato finora destinato alla sicurezza africana. Questi aiuti comprendono l’impegno a formare 6.000 militari e 1.000 agenti delle forze dell’ordine, nonché a stabilire una partnership per l’attuazione dell’Iniziativa di sicurezza globale (GSI).
La GSI rappresenta la visione strategica della Cina per riorientare il panorama della sicurezza globale, allontanandosi da un sistema di alleanze incentrato sugli Stati Uniti. Questa iniziativa si basa sull’impegno cinese del 2018 di 100 milioni di dollari per sostenere l’African Standby Force (ASF) e l’Africa Capacity for Immediate Response to Crisis. Sebbene l’impatto a lungo termine di questi sviluppi sulla sicurezza africana debba ancora essere valutato, essi evidenziano l’importanza crescente delle questioni di sicurezza nelle relazioni Cina-Africa, specialmente nei Paesi in cui gli investimenti cinesi possono essere a rischio.
L’industria cinese dei veicoli elettrici e la corsa globale ai minerali grezzi critici dell’Africa
Il bisogno della Cina di minerali grezzi critici e di altre risorse, nonché di un mercato per vendere i prodotti in eccesso, ha spinto il paese ad approfondire gli impegni con i Paesi africani. Destinata a diventare il più grande consumatore di petrolio al mondo entro il 2030, la Cina ha cercato di rafforzare i legami diplomatici con Paesi africani ricchi di minerali, come Nigeria, Sud Sudan, Angola e Repubblica Democratica del Congo (RDC). Gli studi dimostrano che la Cina gestisce l’80% del cobalto mondiale e il 61% del litio, permettendole di incrementare la produzione di veicoli elettrici, con aziende e società cinesi che ora rappresentano il 51% delle vendite globali di tali veicoli . Ad esempio, la casa automobilistica cinese BYD detiene una quota di mercato del 21%, la più alta a livello mondiale.
Poiché la produzione attuale supera la domanda, la Cina sta cercando mercati alternativi, compreso quello africano, e sta anche cercando di aumentare la produzione di veicoli elettrici in Africa per aggirare le tariffe dell’Ue e degli Stati Uniti sui produttori cinesi. Ad esempio, il Marocco è diventato il principale produttore di veicoli elettrici in Africa. Attualmente, il mercato africano conta circa 20.000 veicoli elettrici e meno di 1.000 stazioni di ricarica in tutto il continente, ma le aziende cinesi hanno avviato o stanno per avviare impianti di produzione in almeno 21 Paesi africani, tra cui Egitto, Sudafrica, Botswana, Ruanda e Kenya.
La produzione di veicoli elettrici e l’accesso a minerali grezzi critici, come litio, nichel e cobalto, utilizzati nelle batterie, sono diventati elementi fondamentali dell’impegno della Cina nei confronti dei Paesi africani. Con l’accelerazione della transizione dall’energia fossile a quella pulita, l’Africa è diventata un campo di battaglia geoeconomico e politico, poiché UE, Stati Uniti, Cina e altri cercano di dominare l’industria dei veicoli elettrici e la relativa catena del valore. Sostenuta dalla legge sulle materie prime critiche, l’Ue mira a azzerare le emissioni di carbonio entro il 2050. Questa legge fa parte della strategia dell’Ue di coinvolgere i Paesi africani: diversi Paesi dell’Ue offrono accordi di fornitura in cambio di investimenti nell’economia verde dell’Africa. Ad esempio, l’Ue ha stipulato accordi con la RDC, il Ruanda, lo Zambia e la Namibia per assicurarsi le materie prime.
Vedendo un’opportunità per far crescere le proprie economie e aumentare la produzione nazionale, diversi Paesi africani, tra cui Zimbabwe, Ghana e Nigeria, hanno vietato l’esportazione di minerali grezzi critici, insistendo sulla necessità di raffinare queste risorse all’interno dei propri confini come parte del processo di valorizzazione locale. Per quei Paesi che ci riusciranno, questo potrebbe porre le basi per una maggiore collaborazione tra le aziende minerarie private cinesi e i governi africani. Tuttavia, molto dipenderà dall’affidabilità delle infrastrutture elettriche e di trasporto.
Il ruolo della Cina nella diplomazia globale dell’Africa
Oltre ai legami bilaterali, la Cina sta cercando di approfondire il suo impegno diplomatico con i Paesi africani nei principali forum globali, tra cui le Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza. Un esempio pertinente è la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sulla cooperazione fiscale internazionale, avviata dai Paesi africani per combattere i flussi finanziari illeciti (IFF). Secondo un rapporto storico guidato dall’ex presidente sudafricano Thabo Mbeki, l’Africa perde ogni anno circa 100 miliardi di dollari a causa degli IFF. La convenzione, che dovrebbe essere approvata dall’Assemblea Generale nel corso di quest’anno, mira a stabilire standard fiscali globali su ricchezza, prelievi ambientali e IFF.
È interessante notare che, mentre alcuni Paesi del Nord globale, tra cui Gran Bretagna, Stati Uniti e Ue, si sono astenuti o opposti al mandato fiscale per motivi tecnici o settoriali, la Cina e la Russia si sono allineate al Sud globale, cogliendo l’opportunità di rafforzare le relazioni diplomatiche con gli Stati africani. Nonostante non siano tradizionalmente associati alla trasparenza finanziaria, Cina, Russia e Corea del Nord hanno sostenuto la creazione di un nuovo organismo delle Nazioni Unite per affrontare una questione cruciale per lo sviluppo dell’Africa. L’Assemblea Generale ha deciso di istituire un’agenzia intergovernativa delle Nazioni Unite per scopi fiscali, anche se sono stati compiuti sforzi per limitarne la portata.
Questo sviluppo evidenzia una dinamica diplomatica strategica, con la Cina e la Russia che sfruttano la percepita mancanza di entusiasmo da parte dei Paesi occidentali nei confronti della Convenzione fiscale delle Nazioni Unite. In questo modo, dimostrano il loro sostegno all’agenzia e alla cooperazione africana, nonostante la loro complessa storia in materia di trasparenza finanziaria. In particolare, nel luglio 2008, allineandosi alla posizione comune dell’Unione Africana sullo Zimbabwe, la Cina e la Russia hanno votato contro la bozza di risoluzione S/2008/447 del Consiglio di Sicurezza, che mirava ad autorizzare un intervento militare sostenuto dalle Nazioni Unite in risposta alla situazione politica e dei diritti umani nel Paese.
La Cina e la questione del debito in Africa
Sebbene gli investimenti e le linee di credito cinesi siano accolti con favore da molti Paesi africani alle prese con infrastrutture sottosviluppate e limitazioni di capitale, l’approccio della Cina è oggetto di crescente scrutinio. I critici esprimono preoccupazioni riguardo a quella che è stata definita la “diplomazia della trappola del debito”, in cui i Paesi incapaci di onorare i propri prestiti sono costretti a fare concessioni strategiche, aumentando così la loro vulnerabilità economica e politica.
Sebbene Pechino non abbia affrontato la questione del debito durante il vertice, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha sottolineato la grave sfida del debito che molti Paesi africani devono affrontare. Ha osservato che l’elevato onere del debito in Africa rende sempre più difficile per i Paesi poveri investire nello sviluppo sostenibile e ha chiesto la riforma dell’architettura finanziaria internazionale, evidenziando l’importanza della cooperazione sud-sud per guidare i progressi verso obiettivi di sviluppo condivisi.
Diversi Paesi africani sono fortemente indebitati con la Cina, e sono stati segnalati casi di sequestro forzato di infrastrutture strategiche, come i porti marittimi, da parte di funzionari cinesi quando i Paesi non riescono a rimborsare i prestiti. Le autorità cinesi hanno fermamente negato queste accuse, definendole campagne diffamatorie orchestrate dai rivali per minare i loro legami diplomatici e le forti partnership economiche con i Paesi africani.