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“Terra e buoi dei paesi tuoi”, un libro di Marco Magnani

Globalizzazione e rivoluzione digitale hanno ridotto le distanze geografiche. La crisi economica ha ulteriormente messo in discussione il ruolo del territorio nel processo di crescita dell’impresa. A essere colpite da questo tsunami sono soprattutto le imprese di dimensioni piccole e medie. Secondo Cerved, dal 2008 in Italia sono fallite quasi centomila aziende e si sono persi oltre un milione di posti di lavoro. Con procedure concorsuali non fallimentari e liquidazione volontarie, il dato sale ulteriormente.

Alcune aziende tuttavia non sono state colte impreparate da questi cambiamenti epocali. E hanno compreso che, paradossalmente, un aiuto importante può arrivare proprio dal territorio. Il territorio può anzi diventare un vantaggio competitivo per l’impresa. È questa la tesi sostenuta da Marco Magnani – economista, ricercatore e docente a Harvard e alla Luiss, editorialista di AffarInternazionali e del Sole24Ore – nel suo ultimo saggio Terra e Buoi dei Paesi Tuoi, pubblicato da Utet.

Già nel precedente Sette Anni di Vacche Sobrie (Utet, 2014), Magnani aveva individuato molti degli ingredienti della crescita economica a livello locale. In Terra e Buoi sono approfonditi i rapporti tra impresa e territorio e evidenziate le due condizioni principali affinché territorio e impresa crescano insieme. Da una parte il territorio deve rinnovarsi e diventare più attrattivo per gli investimenti. Dall’altra, l’impresa deve investire nel territorio in maniera intelligente e lungimirante, non facendo filantropia ma pretendendo un ritorno ai propri investimenti.

Storicamente, in Italia, il territorio è stato un elemento importante per la crescita economica. Basti pensare al successo dei distretti, che tuttavia da qualche tempo sembrano aver perso spinta propulsiva. Per tornare a essere determinanti in un’economia globale, i distretti devono trasformarsi in hub, cioè il centro di reti aperte che sappiano attrarre le competenze e integrare le conoscenze. Il territorio deve conservare la propria specificità e al tempo stesso aprirsi all’esterno per aumentare l’appeal per l’insediamento di nuove imprese e trattenere quelle esistenti.

L’impresa, da parte sua, deve tornare a investire nel territorio. E deve farlo non per filantropia ma piuttosto mossa da quello che Magnani chiama un “egoismo lungimirante”, perché territorio e impresa crescono insieme e investire in modo intelligente nel primo dà vantaggi anche alla seconda. L’impresa non deve dimenticare che il suo primo dovere è quello di fare profitti. Perché, come dice Milton Friedman, il profitto rappresenta il miglior uso possibile delle risorse scarse. Pertanto, massimizzando il valore economico si massimizza anche quello sociale. Per analizzare e spiegare comportamenti “egoisti” e “altruisti” delle imprese nei confronti del territorio, per distinguere le imprese “corsare” da quelle “radicate”, Magnani fa ricorso all’economia e alla teoria dei giochi, ma anche a riferimenti a psicoanalisi e filosofia e finanche a Torah, Bibbia e Vangeli.

Come ben spiega il sottotitolo del saggio (“Scuola, ricerca, ambiente, cultura, capitale umano: quando l’impresa investe nel territorio”), gli investimenti dell’impresa nel territorio vanno al di là del luogo geografico di produzione. Riguardano anche la scuola e la formazione, l’università e la ricerca, le comunità che producono le materie prima e l’intera filiera, i dipendenti e i collaboratori, la cultura e l’ambiente, i giovani e lo sport. Il comportamento socialmente responsabile a 360 gradi da parte dell’impresa diventa elemento di competitività e motore di crescita.

Per sostenere le sue tesi, Magnani studia alcuni casi di best practice. Si tratta di imprese dimensioni medio-piccole, a controllo familiare, originarie della provincia italiana. Perché queste sono le imprese più rappresentative dell’economia del nostro paese. L’analisi si estende ai distretti e cerca di spiegare quali sono i fattori fondamentali che consento ad alcuni territori di avere successo a fronte della globalizzazione mentre altri, simili e talvolta situati a pochi chilometri di distanza, entrano in declino.

Il rapporto impresa-territorio rimane quindi centrale a patto che il territorio sappia “aprirsi” e sostenere le aziende nella loro crescita e l’impresa estenda il concetto di territorio, investendo nelle sue diverse dimensioni. Per Magnani, al fine di affrontare con successo le sfide della globalizzazione e della digitalizzazione e superare la crisi economica, c’è bisogno di “territori forti, con aziende guida e imprenditori coraggiosi e lungimiranti. Con questi ingredienti, e nonostante i cambiamenti epocali dovuti a globalizzazione e tecnologia, il rapporto tra impresa e territorio rimane uno dei cardini della competitività”.

Marco Magnani, Terra e Buoi dei Paesi Tuoi. Scuola, ricerca, ambiente, cultura, capitale umano: quando l’impresa investe nel territorio, Utet, 2016, 14 euro.

Giuseppina Tomasello è Ph.D. in Economia e Scienze Sociali presso l’Università degli Studi di Parma.