I due atleti che avrebbero dovuto gareggiare per l'Afghanistan alle Paralimpiadi che si sono aperte ieri a Tokyo non c'erano (il Comitato Olimpico nazionale ha ritirato la delegazione), ma la bandiera del Paese centro-asiatico ha sfilato comunque, "in segno di solidarietà e di pace". Vent'anni dopo, con il ritorno dei talebani al potere, Kabul si ritrova alla casella di partenza del "Grande Gioco": per i media Usa (ci racconta Giampiero Gramaglia) è l'ora dell'esame di coscienza, mentre chi si affaccia sulla scena (Cina in primis) affronta la partita consapevole degli errori altrui.
Si è trattato di una sconfitta politica e non militare: indispensabile per l'Occidente (e anche per l'Italia) individuare gli errori commessi e le lezioni di cui far tesoro, fanno notare Michele Nones, Stefano Silvestri e Vincenzo Camporini. E pure l'Europa, che si è dimostrata ben lontana dal proposito di dare sostanza e contenuto alla sua annunciata ambizione geopolitica, ha molta strada ancora da percorrere: nell'immediato la sua credibilità sarà misurata sui dossier profughi e interlocuzione con i talebani, avverte Ferdinando Nelli Feroci.
Su AffarInternazionali, la rivista dello IAI, affrontiamo con varie voci il dibattito dopo la caduta dell'Afghanistan.
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