Pechino e il ponte delle perle
Lo scorso ottobre la Cina ha inaugurato il ponte più lungo del mondo: un’infrastruttura di 55 km, di cui 7 sottomarini, che comprende quattro isole artificiali e 6,7 km di gallerie ed è progettata per resistere a tifoni di categoria 16 e a terremoti di magnitudo 8 sulla scala Richter. Il ponte collega Hong Kong, Zhuhai e Macao, le tre grandi città sul delta del Fiume delle Perle. I lavori sono iniziati nel 2009 e si sono protratti per due anni oltre la data di consegna stabilita, il costo dell’opera si aggira intorno ai 20 miliardi di dollari.
Sulle sezioni continentali del ponte si guida sulla destra, mentre tra Hong Kong e Macao si passa sulla corsia di sinistra, in ossequio alle modalità di guida delle città connesse dall’infrastruttura. È stato inoltre installato uno specialissimo sistema di controllo, che permette alle autorità di rilevare le pulsazioni cardiache dei conducenti e la frequenza degli sbadigli: oltre i tre sbadigli ogni 20 secondi, scatta l’allarme. Non è previsto il transito di mezzi pubblici, né reti di trasporto ferroviario, mentre si stima che circa 4.000 navi navigheranno le acque sovrastanti per servire i porti intorno al delta del fiume.
Esteticamente, il risultato è quello di una lunga collana, in cui città e isole artificiali vengono unite da un cavo d’argento: una collana di perle sul fiume delle Perle. Strategicamente, il risultato è invece quello di aver drasticamente ridotto i tempi di collegamento: se prima il tragitto Zhuhai – Hong Kong richiedeva circa 4 ore di viaggio, oggi bastano 30 minuti. In questo senso, il peso del ponte risiede principalmente nel fatto che costituisce il primo vero punto di congiunzione diretta tra le regioni amministrative speciali di Hong Kong e Macao e la Cina vera e propria, ponendo le basi per la il progetto della Baia allargata.
Il delta del Fiume delle Perle ha infatti un ruolo prioritario nella geopolitica di Pechino, non solo per il fatto che rappresenta una delle aree economicamente più dinamiche dello stato, che peraltro si affaccia sul sempre complicato Mar Cinese Meridionale, ma anche perché comprende proprio l’ex colonia britannica. Il ritorno di Hong Kong nell’alveo di Pechino, avvenuto nel 1997, ha sicuramente accresciuto lo sviluppo dell’area, ma ha anche posto una serie di sfide in termini di coesistenza e dialogo.
La soluzione “un Paese, due sistemi” adottata fino a questo momento, si basa sulla preservazione di una serie di libertà politiche, sociali ed economiche, ma in fin dei conti lascia scontenti entrambi: Pechino, che vorrebbe inglobare Hong Kong a pieno titolo nell’economia nazionale, e la stessa ex colonia, che pare orientata ad un sistema democratico e liberista in stile occidentale.
In questo senso, la costruzione del ponte rientra pienamente nel disegno di Pechino di inserire Hong Kong nelle dinamiche economiche dello stato, pur facendo sì che mantenga il suo ruolo di hub finanziario internazionale.
Federica De Paola, Amistades