I danni delle tempeste di polvere
La frequente messa in orbita di satelliti a scopo meteorologico testimonia la crescente capacità tecnologica e scientifica associata alle rilevazioni ma anche l’aggiornamento di conoscenze su fenomeni già noti. Sia i satelliti polari che quelli geostazionari hanno raccolto molti dati sulle tempeste di sabbia o, più correttamente, di polvere. La loro manifestazione è nota da secoli ed è stagionale. Tuttavia, studi recenti sui materiali abiotici e biotici trasportati dalle tempeste hanno suscitato un crescente allarme.
I disagi delle tempeste di polvere
Premesso che il manifestarsi di tali bufere si accresce con l’aumentare della desertificazione, del disboscamento, del sovrapascolo, ovvero della degradazione del suolo. Due fattori prima considerati marginali stanno facendo associare tali tempeste a seri problemi sanitari: il primo è dato dal trasporto di inquinanti industriali ed agricoli (incluse varie sostanze cancerogene) a grandi distanze; il secondo è costituito dallo spostamento di batteri, funghi, virus. Su questo secondo aspetto ha indagato in particolare lo United States Geological Survey (Usgs), formulando alcune stime dei rischi e danni alle persone, considerando che tali eventi determinano un aumento nella concentrazione di polveri sottili, con danni non solo al sistema respiratorio.
L’esempio della Cina e della Corea del Sud
Secondo alcuni studi la polvere aumenta il tasso di mortalità giornaliero dell’1,7%, incrementando la manifestazione di molte malattie nelle zone aride (circa il 40% della superficie dei continenti è composta da terre secche) ma raggiungendo anche territori posti nelle zone temperate dove produce conseguenze sanitarie che tendono a manifestarsi nel medio-lungo periodo per effetto delle polveri sottili. Cina e Corea del Sud negli anni recenti stanno investendo in lavori di riforestazione per arginare il fenomeno, ma non è facile prevedere se tali azioni saranno in grado di contenere la tendenza in atto. Ricordando che i satelliti polari sono quelli con maggiore potenzialità di rilevazione dati e che solo pochi Paesi ne dispongono, si comprende come mai l’analisi di tali dati si sia intrecciata alla cosiddetta guerra meteorologica (weather warfare).
Alexander Virgili, responsabile relazioni esterne Corpo italiano di San Lazzaro