Con Trump Conte si fa prendere la mano

1 Ago 2018 - Spigoli di Gp

Se il cambiamento significa passare da “la Tav s’ha da fare” perché “ce lo chiede l’Europa” – il che non è neppure vero – a “la Tap s’ha da fare” perché “ce lo chiede l’America”, in attesa di dovere fare qualcosa “perché ce lo chiede la Russia”, allora non è mica cambiato granché, a parte i potenti di riferimento.

Trump, tra parentesi, nella conferenza stampa con il premier Conte, ha dato letteralmente i numeri sul Vertice della Nato e sulle spese per la difesa dei suoi alleati, citando almeno quattro cifre tutte diverse e nessuna giusta.

Ma Trump ha un rapporto con la realtà fuorviato: è vero quello che dice, o crede, lui. E siccome c’è una fetta d’americani ancora abbastanza importante che continua a credere a quello che lui dice, e non a quello che è vero, Trump ci sguazza. Un po’ quello che accade in Italia con Matteo Salvini: l’irrilevanza del dato e la rilevanza dell’opinione.

Quello che non è chiaro è il vantaggio dell’Italia a corrergli dietro: fin quando è lui a correre dietro a noi, come sui migranti, non possiamo mica impedirglielo (anche se l’approvazione di Trump è una cartina di tornasole infallibile che stiamo facendo la cosa sbagliata). In fondo, Salvini fa di più di quello che non riesca a Trump: è riuscito a sdoganare nel Paese comportamenti e atteggiamenti che poco tempo fa quelli che oggi li ostentano non osavano mostrare.

Ma perché blandire il magnate presidente sulle sue sceneggiate ai Vertici internazionali? Conte s’è lasciato un po’ prendere da emozione e entusiasmo: l’accoglienza calorosissima alla Casa Bianca, tanti complimenti, l’impressione di essere il punto di riferimento di Trump in Europa.

E così Conte ha fatto da spalla a Trump, più che da controcanto, sul commercio e sulla difesa, sull’Iran e sulla Russia, dove pure sono emerse in filigrana differenze, avendo cura di salvaguardare le specificità italiane più che le posizioni europee. Con il rischio che, d’ora in poi, nell’Unione l’Italia sia “l’amica dell’America”, una ‘quinta colonna’ dell’alleato in questo momento scomodo e bizzoso, che punta a dividere i partner per garantirsi maggiore potere negoziale con ciascuno di essi.

La sintonia tra Usa e Italia, e specie tra Trump e Conte, si basa sul fatto che entrambi sono “outsider” della politica – dice il presidente – ed entrambi rappresentano “il cambiamento – dice il premier -. La sintonia è forte sulla chiusura ai migranti, ma c’è intesa pure sull’avvio di un dialogo strategico tra Italia e Usa, una cabina di regia per la stabilizzazione della Libia e la sicurezza nel Mediterraneo, dove Trump dà a Conte un ruolo di leadership – a lui preme non restarci impaniato -.

Molti auspicavano che il governo del cambiamento non schierasse l’Italia con l’America di Trump, o con la Russia di Putin, in alternativa o in contrapposizione all’Unione europea. Conte, lunedì, e Salvini, in precedenza, non ne hanno tenuto, nonostante la volatilità di Trump e la spregiudicatezza di Putin.