Argentina: più sopravvivere che vivere

12 Mar 2019 - Tenemos que contar di Redattore

In Argentina, il cittadino medio sopravvive. L’inflazione uccide il Paese e il Paese vorrebbe vendicarsi sul suo presidente Mauricio Macri, il quale nel suo ultimo discorso al Congresso ha riconosciuto di aver commesso degli errori, forse in vista delle elezioni del prossimo ottobre. Ciò che invece preoccupa i ministeri è la situazione socio-economica, per la quale hanno deciso di anticipare l’ultimo aumento del salario minimo dei lavoratori previsto per giugno a marzo.

“Vista la situazione economica attuale, risulta necessario anticipare al mese di marzo 2019 i valori stabiliti dalla legge n°24.013 al mese di giugno 2019”. Questo quanto si legge nella risoluzione pubblicata dal Governo nel Bollettino ufficiale lo scorso 28 febbraio.

La legge in questione risale all’agosto 2018, quando era stato previsto un graduale aumento: dal 1° settembre 2018 al 30 novembre, 10.700 pesos; tra dicembre e febbraio, 11.300 pesos; tra marzo e maggio, 11.900 pesos; da giugno in poi, 12.500 pesos. Nello specifico, i fortunati che toccheranno la soglia dei 12.500 pesos sono solo i lavoratori mensili. Ma, a parte i numeri, cerchiamo nei fatti di capire che cosa ciò significa.

Stando ai dati pubblicati dall’Indec (Instituto Nacional de Enstadística y Censo) l’inflazione argentina annua attuale è la più alta degli ultimi 27 anni. A dicembre scorso era pari al 47,6%. A distanza di un mese, quindi a gennaio, è salita a 49,3 e non si arresta. I prezzi sono aumentati in tutti i settori, ma quello che più importa alla gente comune è il settore alimentare (+ 3,4% a gennaio).

Basta fare un giro a las ferias (i mercati) per vedere che i carretti delle signore quasi faticano a riempirsi. Chiunque, dopo aver scoperto che sei un europeo, ti parla dell’inflazione e di quanto sia duro per un argentino vivere in Argentina. Un euro equivale a 46 pesos e a fine marzo arriverà a valerne 50. Un litro di latte costa intorno ai 113 pesos, una bottiglia d’acqua parte dai 45 pesos; una scatoletta di tonno, 100 pesos (il pesce fresco non lo compra quasi più nessuno); la carne, 255 pesos al chilo; il pollo, qualche pesos in meno; la frutta, così come la verdura, è passata dai 10 pesos ai 60 al chilo, il pane, 80 pesos al chilo.

Se si considerano, poi, l’affitto mensile di un appartamento (intorno ai 18.000 pesos) oppure le spese da sostenere per chi ha figli, i mezzi pubblici (il costo di ogni biglietto, nel giro di un anno, è salito da 6 pesos a 16), la benzina, aumentata di quasi dieci volte rispetto a pochi anni fa (attualmente 113 pesos al litro), si intuisce che l’anticipo dell’ultima tappa di aumento del salario minimo voluto dal Governo non basta per far arrivare la gente comune a fine mese. L’indice di povertà del Paese è elevatissimo: stando ai dati pubblicati a fine anno dall’Osservatorio del debito sociale dell’Università Cattolica Argentina, infatti, il 33,6% delle persone vive al di sotto della soglia di povertà. Ciò significa che 13,2 milioni di persone sono povere.

Il neoliberalismo pare abbia fallito: a Macri restano pochi mesi per sterzare verso la salvezza.