L’Ucraina cerca una nuova strategia, oltre il Donbass e la Crimea
La conferenza “La guerra russo-ucraina e la Piattaforma Crimea: una strategia per porre fine all’occupazione?”, organizzata a Torino dall’Istituto Affari Internazionali in collaborazione con il Centro Interateneo di Studi per la Pace (Cisp) e il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, ha riportato l’attenzione sulla situazione in Ucraina.
Tra i temi discussi dal panel di esperti la necessità di una nuova strategia occidentale per l’Ucraina, il rischio di un conflitto a “bassa intensità”, lo stallo in Crimea, le iniziative diplomatiche dell’Unione Europea. “È un’occasione di grande importanza perché migliora la conoscenza dell’opinione pubblica sui dossier più importanti in seno alla comunità internazionale, i quali nascono in contesti distanti da noi ma vengono percepiti dai cittadini anche a livello locale”, ha commentato Nicolò Russo Perez, responsabile delle attività internazionali della Fondazione Compagnia di San Paolo.
I temi sul tavolo
La Piattaforma Crimea è un’iniziativa del governo ucraino intrapresa per consolidare gli sforzi dell’Ucraina e dei partner internazionali a vari livelli con lo scopo di tutelare i diritti umani in Crimea, bilanciare la sicurezza nella regione e porre fine all’occupazione della penisola. L’occupazione della penisola, il suo status giuridico e il conflitto latente nella regione del Donbass sono le sfide aperte per la diplomazia internazionale e per l’Unione europea.
“Il Donbass continua a essere teatro di combattimenti e la Crimea a essere occupata illegalmente dalla Russia anche alla luce della sua annessione alla Federazione attraverso un referendum di dubbia legittimità”, ha ricordato Dario Arrigotti, console onorario dell’Ucraina per il Piemonte. La questione posta dal console onorario riguarda la strategia occidentale per emancipare l’Ucraina dalla prova di forza in corso tra la Federazione Russa e la comunità internazionale liberale che vuole affermare la legge del diritto internazionale. L’augurio è che il tema assuma una maggiore rilevanza nella politica estera dell’Europa e dell’Italia.
Secondo Valter Maria Coralluzzo, presidente del Cisp e docente di relazioni internazionali, analisi della politica estera e studi strategici all’Università di Torino, “accanto all’andamento della guerra nel Donbass, il conflitto russo-ucraino riguarda la capacità dell’Unione europea di parlare con una voce sola e di relazionarsi in maniera non servile ma neanche troppo autonoma in quanto non ne avrebbe le capacità di fronte ai grandi della Terra”.
Il ruolo diplomatico dell’Ue
L’impegno dell’Unione europea per la risoluzione del conflitto russo-ucraino prosegue anche nella forma del confronto istituzionale, come è avvenuto lo scorso 12 ottobre a Kiev dove si è tenuto il 23° vertice Ue-Ucraina. Secondo Marco Ferraro, Human Rights Sector Manager alla Delegazione dell’Ue a Kiev, il confronto ha realizzato progressi nella cooperazione, quali l’accesso dei vettori ucraini allo spazio comune europeo per quanto riguarda i voli e l’accesso dell’Ucraina ai programmi Horizon 2020 e Creative Europe. «Si tratta quindi di un segno della volontà politica dell’Ue di allargare la cooperazione con l’Ucraina a tutti i settori, di instaurare una cooperazione il più estesa possibile e di rendere il Paese parte di tutti i programmi comuni che l’Ue ha per i suoi Paesi membri.
Il Vertice ha confermato la politica di non riconoscimento e ribadito la determinazione a non accettare l’occupazione russa della Crimea. Ha inoltre sottolineato l’importanza delle riforme interne nel campo della giustizia».
Le soluzioni al conflitto
Il giornalista ucraino Taras Semanyuk ha posto l’attenzione sulla precarietà della situazione nella regione del Donbass. Questa situazione complessa richiama differenti posizioni sulla risoluzione del conflitto all’interno del Paese: “Attualmente in Ucraina non vi è un chiaro consenso sul futuro del Donbass. Secondo la maggioranza occorrerebbe intraprendere una linea diplomatica per riunirlo al resto del Paese. Lo stesso presidente Volodymyr Zelensky sarebbe favorevole a un piano diplomatico. Al contrario, secondo una minoranza situata soprattutto nella parte occidentale dell’Ucraina, sarebbe meglio dimenticare il territorio alla luce dell’occupazione russa. Secondo altri, invece, occorrerebbe dialogare con i separatisti sulle modalità di concludere la guerra”.
Una possibile risposta alla crisi del Donbass – secondo Semanyuk – sarebbe la strategia dei “piccoli passi” (Small steps mechanism) elaborata da Arsen Avakov, ex ministro degli affari interni dimissionario nel luglio 2021. Come spiega il giornalista: “Si basa su diversi pilastri: il primo prevede di ridare lo status legale ai territori occupati, di ristabilire la giurisdizione della Costituzione e delle leggi ucraine e di insediare sul territorio le istituzioni ufficiali di Kiev. Il secondo riguarda la comunicazione e la propaganda. Il terzo pilastro prevede il conferimento dello status legale, di passaporti e pensioni agli ucraini dei territori occupati. Il quarto riguarda la missione di pace che deve essere discussa in una sede Onu a New York”.
La Russia non ha mai dato una risposta chiara sulla possibilità di dare seguito a questa strategia “verso la progressiva fine della guerra, la cancellazione delle sanzioni e il ritorno della possibilità di allacciare relazioni di business”.
Le responsabilità russe
Anche Anna Zafesova, giornalista per Il Foglio, La Stampa e Linkiesta, ha posto il problema delle intenzioni del Cremlino sulla questione ucraina. “In un recente articolo Dmitrij Medvedev, vice segretario del Consiglio di sicurezza russo, ha proposto di ignorare l’esistenza dell’Ucraina”, ha spiegato la giornalista. “Si tratta di un articolo ai limiti dell’insulto nei confronti dell’Ucraina che si pone sulla scia delle dichiarazioni di Putin. Il capo del Cremlino, infatti, continua a mettere in discussione il fatto stesso che il Paese abbia diritto a esistere come entità sia statale che etnico-culturale-linguistica separata”.
Nella regione del Donbass sta avvenendo quello che l’Organizzazione delle Nazioni Unite chiama un “conflitto a bassa intensità”, con le parole della giornalista: “La regione si trova al centro del processo di Minsk, un negoziato bloccato a causa di vulnus originari e dell’intransigenza delle posizioni delle parti, il quale non mette in discussione l’appartenenza di tali territori ma negozia il loro ritorno all’Ucraina.
A livello ufficiale la Russia riconosce i territori come ucraini, ma di fatto sostiene i separatisti a livello militare, politico ed economico“. Il Protocollo di Minsk – firmato da Ucraina e Russia nel 2014 per garantire il cessate il fuoco nella regione – non è mai stato pienamente implementato dai due Stati.
Ha collaborato Alice Palombarani
Foto di copertina EPA/RUSSIAN DEFENCE MINISTRY