IAI
I FORUM DI AFFARINTERNAZIONALI

L’Italia, l’Europa e il dopo Merkel

15 Ott 2021 - Caterina Maggi - Caterina Maggi

Ora che la cancelliera sta per uscire di scena, che futuro per la Germania e per l’Europa (Italia compresa)? Il Forum di AffarInternazionali “L’Italia, l’Europa e il dopo Merkel” ha analizzato opportunità e ostacoli per l’Italia nella nuova stagione europea, prendendo spunto da alcune osservazioni sul governo della cancelliera tedesca e dal saggio di Massimo Nava “Angela Merkel. La donna che ha cambiato la storia” (Rizzoli).

Hanno partecipato al Forum l’ambasciatore Michele Valensise, presidente di Villa Vigoni – Centro italotedesco per il dialogo europeo e già Segretario Generale al ministero degli Esteri; Virginia Kirst, corrispondente di Die Welt in Italia; Maria Latella, giornalista multimediale e docente all’Università Luiss Guido Carli; Massimo Nava, editorialista del Corriere della Sera; Nicoletta Pirozzi, responsabile delle relazioni istituzionali dello IAI e del programma dell’Istituto “Ue, politica e istituzioni”; Ferdinando Nelli Feroci, presidente dello IAI.

Giamaica addio
Il primo interrogativo è: cosa possiamo realisticamente aspettarci dalla Germania post-Merkel (ammesso che un cambiamento ci sia visto che in diversi discordano sul punto)? Michele Valensise, già ambasciatore in Germania e segretario generale della Farnesina, ha sottolineato nel suo intervento un episodio avvenuto nei giorni scorsi: la resa di Armin Laschet, il controverso candidato della Cdu accusato da una fronda del partito di essere il responsabile del peggior risultato elettorale di sempre per la formazione politica. “In una fase di transizione e di negoziato per la formazione di un nuovo governo – ha spiega Valensise – in cui c’è molta attenzione per i colloqui partiti da pochi giorni, c’è stata la sostanziale uscita di scena del candidato Laschet e l’annuncio di un congresso straordinario del Partito per far fronte al magrissimo risultato elettorale, all’inizio del 2022. Può significare un piccolo cambio di passo nella trattativa per la costituzione del governo, perché in tal modo si indebolisce molto l’opzione Giamaica».

L’opzione, che prende nome dai tre colori dei partiti che formerebbero questo tipo di coalizione (Cdu- liberali- verdi), fino a pochi giorni fa sembrava poter competere con l’alternativa, cioè la “coalizione semaforo” (Spd- liberali- verdi). Dopo l’uscita di scena del leader della Cdu però, secondo Valensise “sarebbe ancora più difficile immaginare una coalizione tra liberali, verdi e cristiano-democratici quando questi ultimi sono così impegnata in un dibattito interno, laborioso e profondo“. Non solo un assist a un’ipotesi “a tre luci”, ma anche il sorgere di quell’“astro nascente” di Olaf Scholz (Spd) a discapito di alcuni alleati. “Forse – ha ipotizzato Valensise – un indebolimento tattico di una delle tre componenti della coalizione, il partito liberale; che fino a ieri poteva giocarsi la carta dell’alternativa, mentre a oggi mi sembra più in difficoltà. Si rafforza così la mano di Scholz e dei verdi».

Senza giravolte e senza strappi
Attenzione però, ha avvertito l’ambasciatore, a ipotizzare cambiamenti radicali: “Quello che i possiamo aspettare è la composizione di un governo che terrà ferme alcune priorità dello Stato tedesco, che terrà fermo un assetto a cui noi siamo stati abituati per tanti anni. Parlo delle opzioni fondamentali di politica europea ed estera: un certo impegno, forte, nel quadro europeo e una rinnovata solidarietà con gli Stati Uniti, in un periodo di necessaria revisione del rapporto transatlantico». Un binario sostanzialmente consolidato che la Germania continuerà a percorrere “forte, al suo interno, di una certa perdurante vitalità dello strumento del partito politico. I partiti hanno dimostrato di essere dei contenitori vivaci ed efficaci del dibattito politico tedesco, tutti con una certa vivacità e con la volontà di far partecipare i cittadini. Veniamo tutti – ha sottolineato Valensise – dal dibattito tra Germania egemone e Germania riluttante. Possiamo ragionevolmente aspettarci che la Germania continuerà ad essere meno dominante, e ad essere forse meno riluttante ad assumersi le responsabilità che le competono come principale Paese dell’Unione europea». Come? Senza giravolte, senza strappi, senza cambi improvvisi del proprio corso politico, ma con un’attenzione particolare a ciò che l’Europa sta vivendo in questa fase” sia sul fronte economico sia sulla proiezione esterna dell’Ue nel mondo.

Qui subentra il ruolo dell’Italia, chiamata ad essere un “terzo angolo” di una figura geometrica già solida all’ipotenusa Francia-Germania. Sotto la buona stella delle rinnovate intese (e di Pitagora) siamo un terzo angolo “sollecitato, atteso, desiderato, scrutato con attenzione. Si ripartirà con un’idea di collaborazione possibile e di traino dei Paesi più accreditati per farlo. Sottolineerei, dal mio punto di vista, che non c’è nessuna intenzione di marginalizzare l’Italia, ma anzi a inglobarla (a determinate condizioni). Con la prossima firma di intesa tra Parigi e Roma al Quirinale, perché non ragionare su un terzo segmento che potrebbe chiudere il triangolo?».

Avari o prodighi nel girone tedesco?
Virginia Kirst (corrispondente di Die Welt in Italia) ha sposato la teoria di Valensise, aprendo uno spaccato sul clima tedesco di questi giorni, con una Germania “tutta incentrata su di sé; i giornali in questi giorni sono pieni di notizie sul governo (si forma? O forse no?)”. Anche Kirst, tuttavia, ha invitato alla prudenza nel giudizio, richiamando a un caso precedente: «Quattro anni fa tutti i tedeschi erano convinti di avere un esecutivo, e invece poi i liberali si sono sfilati sostenendo che era meglio non avere un governo che governare male». Finché non si firma, insomma, tutto è possibile (anche se anche la giornalista ha dato ottime chance di formazione alla “coalizione semaforo”). Ma per tutta la campagna elettorale che in Germania s’è parlato poco degli “altri”: “In questo periodo si è parlato poco di Europa e in generale di affari internazionali, in generale il dibattito nel Paese è rimasto focalizzato su di sé”.

Facendo una carrellata dei programmi elettorali, il profilo che ne ricava la corrispondente del Die Welt è quella di un governo “più interessato a una possibile integrazione europea; con elementi, come i liberali, che guarderanno a una politica fiscale stringente e a non cambiare le regole sul Patto di stabilità e crescita, mentre verdi e Spd sono più orientati a rendere più flessibile il trattato e a tornare a fare investimenti piuttosto che risparmiare la maggior parte del tempo. Ma erano elementi che si potevano vedere già prima d’ora”.

Certo, il vuoto lasciato dalla cancelliera Angela Merkel si sente, soprattutto in quanto “leader europea”; e che il ruolo italiano stia in parte cambiando “si è visto con il recente G20 straordinario, organizzato da Mario Draghi sulla situazione in Afghanistan. È un cambiamento che ho visto modularsi in tre anni, da un Paese preoccupato soprattutto di sé a un Paese molto attivo sul piano europeo. Ed è un cambio di passo molto forte, che ho notato con l’entrata in scena di Mario Draghi“. Nell’immaginario pubblico tedesco, il premier “si porta ancora addosso il ruolo precedente, quello di capo della Bce. Quindi anche in Germania si sta parlando della possibilità, in futuro, di formare più un triangolo di potere che vada oltre il solito legame storico tra Francia e Germania”. Anche se i tedeschi «non sono ancora completamente convinti di ciò“. Quel che incuriosisce Kirst è sapere quale sarà la posizione della Germania nei rapporti tra Europa e Cina. “Resta da vedere e non possiamo saperlo ancora molto bene, come agiranno Verdi e Spd su questo piano. Quindi siamo tutti in attesa di sapere che coalizione uscirà da queste consultazioni, ma soprattutto con quali leader in quali posizioni – se, ad esempio, il leader dei liberali sarà ministro delle Finanze“.

L’equilibrismo di Berlino
A guardare con interesse alle vicissitudini della Germania è anche un “convitato di pietra” al di là dell’Atlantico: gli Stati Uniti di Joe Biden, che dopo il divorzio ostentato di Trump nei confronti dell’Ue, ora tentano di ricucire i rapporti con i partner europei (con qualche distinguo). “È molto importante capire che tipo di relazioni gli Stati Uniti di Biden stabiliranno con l’Europa tutta ma con la Germania in particolare, che riluttante o meno – con il regno Unito non più parte dell’Unione si trova in un ruolo fondamentale. Quello che mi chiedo, quindi – ha detto la giornalista Maria Latella – è: chi sarà il punto di riferimento americano in Europa ora che Londra non siede formalmente a Bruxelles con noi?”.

Altro tema centrale, nel discorso di Latella, è stato il rapporto Berlino-Pechino. “Cifra della politica estera di Merkel è stata, pur tenendo ferme le posizioni sul tema dei diritti umani, la capacità di mantenersi su un crinale, curando i rapporti con una superpotenza non democratica e facendo gli interessi del proprio Paese. Ora che le relazioni tra la Cina e gli Stati Uniti sono così complesse, sarà interessante vedere che ruolo ricoprirà la Germania”. Il riferimento è alla Cina, solido partner commerciale della Germania tanto quanto ostico avversario dell’economia europea. Ma non è solo Pechino un elemento di attrito tra la Casa Bianca e il prossimo governo tedesco.

“La Russia – ha proseguito la giornalista – è stata un interlocutore molto presente nelle relazioni con la Germania. Anche qui, per quel che mi riguarda, sono curiosa di vedere se un governo a guida Spd continuerà su questo solco o meno”. Il triangolo? Per Latella è “inevitabile nella ricerca della stabilità, perché l’unione fa la forza. Con Paesi Bassi, Repubblica Ceca e Austria in tumulto, in quell’area vicina alla Germania si vive un momento di fragilità. D’altronde l’America lo aveva detto, che l’Europa deve prendere il proprio destino nelle sue mani; e non potrà essere raccolto nelle mani di uno solo, ma almeno in quelle di tre”. Mentre Latella vede il rapporto tra Italia e Francia in discesa, “il rapporto da costruire è quello con il governo tedesco “nuovo” e un italiano ben conosciuto all’Europa”. Sullo sfondo un Paese, il nostro, che secondo Latella “si è riscoperto europeo, perché gli italiani alla fine degli anni ‘90 erano i più convinti europeisti. Anche guardando allo scenario politico attuale, nessuno nel Parlamento, nemmeno Fratelli d’Italia, esprime più opinioni anti-europee; lo stesso ministro degli Esteri Luigi di Maio è un europeista, pur provenendo da un movimento che alla sua fondazione non era così entusiasta dell’Europa; gli stessi sindaci e piccoli centri, elettorato leghista, fanno affari con l’Europa”.

Che mondo sarebbe senza la cancelliera?
«Merkel lascia un Paese forte, coeso, europeo; con tanti fantasmi, veri o presunti, con scheletri messi in soffitta che chi guarda alla Germania certo avverte. Ma la Germania in questi anni con Merkel ha davvero fatto giustizia definitiva coi conti del passato. E questo penso che debba tranquillizzare tutti, ed è uno dei punti forti di Angela Merkel». Massimo Nava, editorialista del Corriere della Sera e autore di “Angela Merkel, la donna che ha cambiato la storia”, ha tinteggiato così un veloce ritratto della Germania dopo la cancelliera. Perché in Germania c’è un prima di Merkel e un dopo Merkel. E lei, Angela Merkel, spartiacque di un’epoca, “ha attraversato tantissime crisi. E a differenza di Helmut Kohl e di altri leader non ha cambiato la storia, ma ha impedito che la storia degenerasse – e credo che sia il suo più grande bilancio”. Se però ha lasciato un paese – e un’Europa – più forte dietro di sé, non si può dire lo stesso del suo partito: “Non ha trovato un successore, non ha lasciato delfini credibili e ha lasciato che la nostalgia elettorale premiasse gli avversari“.

Ma senza Merkel, cosa sarà ora della Germania? «Non vorrei peccare di eccessivo ottimismo – ha osservato Nava – ma credo che il playmaker del Recovery Plan e delle posizioni tedesche (anche di Merkel) durante l’emergenza pandemica sia stato proprio Scholz, all’epoca vicecancelliere e ministro delle Finanze. L’opinione socialdemocratica (e quella vicina all’Spd) hanno messo in chiaro come l’Europa avesse, certo, bisogno della Germania, ma anche di quanto la Germania avesse bisogno di essere solidale e forte in Europa. Poi certo sono intervenuti Merkel, Draghi e altri fattori, ma questa svolta forte lo dobbiamo a Scholz, che non solo è stato protagonista della Grande Coalizione, ma si presentò agli elettori dicendo “Io sarò Cancelliera””. Una battuta che mostra quanto egli voglia inserirsi in un solco di continuità.

Dove molta luce, molte ombre
Se Nava ha pochi dubbi sul futuro tedesco in una coalizione semaforo, ha ricordato che “furono i Verdi che quando al governo, con Joschka Fischer, si impegnarono militarmente ribaltando tutta una serie di tabù e di pregiudizi inerenti al partito. E anche i liberali certo, cercheranno di imporre tutta una serie di correttivi in particolare di ordine fiscale, ma non dimentichiamo che oltre che vogliosi di tornare al governo, hanno anche un occhio vigile sui diritti“. Quindi si noterebbe secondo Nava una sostanziale continuità nella politica tedesca, ma anche un salto di qualità in politica europea, cementate dall’esperienza della pandemia che ha mostrato a tutti i Paesi membri la verità del mantra “Nessuno si salva da solo”. Il vero problema, secondo l’editorialista del Corriere, è fuori i confini dell’Europa, oltre gli scontri tra il blocco di Visegrád e Bruxelles.

Più a est dell’Est europeo – Nava ha citato Aukus e le crescenti ostilità tra Taiwan e Pechino – si radunano nuvole nere che «da un lato spingono a una maggiore coesione dell’Europa stessa, ma dall’altra dovrebbe preoccupare perché possono avere ripercussioni anche per la Germania”. Anche gli scontri di Roma, che il giornalista più che rigurgiti fascisti ha definito “il gigantismo del cretino”, non lasciano un’impressione positiva e richiamano a stare attenti, perché non è detto che la politica italiana dopo Draghi non possa fare “qualche scherzo di cattivo gusto”. Senza dimenticare le difficoltà di Emmanuel Macron che in Francia rischia sempre più di avere a che fare con avversari – Michel Barnier o Xavier Bertrand – ben più temibili di Marine Le Pen.

Un terreno instabile
Che la prossima guida della Germania sarà alla testa di una “coalizione semaforo” sotto la regia di Olaf Scholz ha concordato anche Nicoletta Pirozzi, responsabile delle relazioni istituzionali dello IAI e del programma “Ue, politica e istituzioni”. “Tutti i paesi del “triangolo” – ha aggiunto sul punto della “Germania europea di domani” – hanno espresso nei loro programmi l’intenzione di rafforzare le istituzioni europee e il ruolo del Parlamento europeo; in questo senso la Germania continuerà ad essere uno dei motori portanti dell’asse franco-tedesco europeo”. Escluso perciò “che si possa andare oltre Natale” per la formazione di un nuovo governo; non con “ombre lunghe”, come le ha definite Pirozzi, come Afghanistan, pandemia e ripresa economica, e il “grande punto interrogativo delle elezioni francesi che rischiano di portare ulteriore instabilità”; punti in agenda che l’Ue deve affrontare.

«Restano alcuni punti – ha puntualizzato Pirozzi – che vanno però chiariti. Ad esempio, cosa sarà delle riforme della governance economica approvate in via provvisoria nell’ambito della crisi dovuta alla pandemia, e se si riuscirà a trasformare in riforme di lungo periodo. Ad esempio, per quanto riguarda il Patto di Stabilità e crescita e la disciplina fiscale europea. Qui una posizione che genera apprensione è quella dei liberali della Fdp, e resta da vedere se, con il leader Christian Lindner che potrebbe assumere il ruolo di ministro delle Finanze, prevarrà una linea dura sulle riforme che Italia e Francia vorrebbero a livello europeo; o se l’Spd e i Verdi riusciranno a introdurre dei correttivi, ad esempio una certa flessibilità della regola del debito per quanto riguarda gli investimenti in termini di transizione ecologica o in ambito sociale”.

I vari candidati tedeschi, che pure “si sono espressi a favore di una difesa comune europea” devono chiarire, ha fatto notare Pirozzi, quanto “questo andrà ad incidere sulla spesa tedesca, uno dei punti cardine per la creazione di una difesa europea; così come il protagonismo tedesco nell’intervento europeo in missioni internazionali Tante altre le incognite: quanto durerà la “Pax draghiana”? Quanto durerà questo afflato europeista? “In generale credo che comunque l’Italia sarà vista come un protagonista nell’Europa del futuro, con Draghi ora ma anche con coalizioni diverse”.

A cambiare sono gli equilibri istituzionali europei: “Se Scholz diventasse cancelliere, la famiglia del Partito popolare europeo perderebbe un posto importante, e questo potrebbe renderli più rigidi e avversi, ad esempio, a una riconferma di David Sassoli a gennaio alla presidenza del Parlamento europeo”. Anche la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, se Scholz prendesse il posto di Merkel “perderebbe un alleato prezioso nell’attuazione dell’agenda strategica europea e potrebbe portare a un rapporto più stretto tra Commissione e Francia”.

Serve un’Italia protagonista
“L’Unione europea – ha concluso il dibattito l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, presidente dello IAI – è in un periodo positivo, ma restano degli elementi di criticità non indifferenti. Penso ad alcuni temi su cui si andrà a testare quanto continuità potrà apportare il nuovo governo tedesco”. Insomma, va bene l’ottimismo ma con cautela.

Due in particolare i tasti dolenti evidenziati da Nelli Feroci in chiusura: fuori dalla Germania e in Europa, il tema dell’economia; in Italia, la scarsa partecipazione al gioco europeo dei nostri governi (finora). Il tema dell’economia consta di due questioni specifiche: il più pressante, vista la congiuntura, la revisione delle regole vigenti in materia di disciplina fiscale, che inizia con una consultazione al via il 19 ottobre e si materializzerà in proposte della Commissione all’inizio del prossimo anno.

Bruxelles, secondo il presidente dello IAI, “correttamente ha aspettato di vedere stabilirsi un governo a Berlino prima di fare le proprie proposte”. La disciplina sui conti pubblici rimane centrale, dato che “è ovvio che nella situazione attuale la regola del debito non ha senso”.

Ma l’Italia sarà in grado di salire sul palco e assumere su di sé il ruolo che le è richiesto? Dipende tutto da noi, è fin troppo ovvio. Sia a Berlino che a Parigi c’è una grande domanda di protagonismo dell’Italia. E l’Italia gli anni scorsi è sembrata non voler rispondere a questa chiamata, in precedenti esperienze di governo – ha aggiunto -. Oggi abbiamo aggiustato il tiro, abbiamo le credenziali per fare il nostro lavoro in Europa. Il vero problema riguarda la stabilità del quadro politico italiano. Il nostro ruolo in Europa dipenderà dalla capacitò di rispondere a queste aspettative».

Foto di copertina ROBERTO MONALDO/ LA PRESSE/ POOL/ ANSA