EastMed e non solo: il gas e le manovre dell’Italia nel Mediterraneo
Dopo aver fatto balenare la possibilità di acquistare Fregate Fremm italiane, la Grecia ha cambiato cavallo optando per la Francia. Nel frattempo l’Italia ha aderito in toto al progetto del gasdotto EastMed con una scelta tesa a fare della penisola un hub europeo del gas superando le incertezze della transizione energetica.
Alla pipeline che arriverà nel Salento vanno associati i rischi legati all’attraversamento della pretesa Zona economica esclusiva (Zee) turca. Sullo sfondo la questione irrisolta del carente sfruttamento delle potenziali risorse energetiche della Zee italiana.
Antichi sono i nodi critici delle relazioni italo-greche risalenti al secolo scorso ed in particolare al periodo del Trattato di Sevres del 1920: in quel periodo Atene, in nome del rinnovato panellenismo del presidente Eleutherios Venizelos e con l’appoggio della Francia, cercò di contenere le nostre ambizioni sull’Asia Minore ed il Dodecaneso.
Dal dopoguerra in poi, archiviate le vecchie rivalità, i due Paesi hanno sempre collaborato lealmente. Prova ne è l’accordo di delimitazione della Zee del 2020 che ha consentito ad Atene di definire un primo tratto della sua frontiera marittima, anche se stranamente l’anno prima aveva aperto alla ricerca aree metanifere della Zee italiana davanti a Leuca.
In questa prospettiva, l’ipotetico acquisto di Fremm italiane potrebbe essere stato nient’altro che un espediente tattico per indurci ad entrare in EastMed.
Italia e il gas del Mediterraneo orientale
L’adesione italiana nel 2020 al Forum del gas del Mediterraneo orientale (East Mediterranean Gas Forum – Emgf) costituito da Cipro, Egitto, Giordania, Grecia ed Autorità nazionale palestinese ha aperto la strada alla realizzazione del progetto. Sono così venute meno le nostre riserve verso un’iniziativa a lungo considerata non rispondente all’interesse nazionale nel confronto col Tap .
Passata sotto silenzio nei mesi scorsi, la nostra decisione di consentire la costruzione del tratto ionico dell’infrastruttura – il metanodotto Igi Poseidon, joint venture tra la greca Depa, e la Edison Italia del gruppo francese Edf – può considerarsi lungimirante alla luce dell’attuale crisi del gas. EastMed trasporterà in Italia, con approdo ad Otranto, il gas dei giacimenti israeliani e ciprioti del Mar di Levante, via Cipro e Grecia con 1.300 chilometri di condotte sottomarine.
Tracciato pipeline
Il tracciato del gasdotto nel Mediterraneo orientale è stato fissato di massima: il tronco più lungo collega Cipro al versante orientale di Creta, passando dalla pretesa Zee turco- libica del 2019 che lì si sovrappone a quella greco-egiziana del 2020.
In teoria, il consorzio che eseguirà l’opera ha il diritto di installare la condotta, in quanto la Convenzione del diritto del mare del 1982 riconosce tale libertà sul fondo delle Zee. Lo Stato costiero non può impedirne la posa, ma il percorso è subordinato al suo consenso.

Ma qual è in concreto lo Stato competente a concedere le autorizzazioni all’esecuzione dei lavori? Le imprese dovrebbero rivolgersi sia alla Grecia sia alla Turchia secondo un modus operandi che viene seguito per attività similari nelle Zee contese dell’Egeo e del Mar di Levante.
Logico quindi pensare ad una modifica del tracciato ad evitare ipotetiche situazioni come, manco a dirlo, è successo qualche giorno fa alla nave “Nautical Geo” al largo di Creta. Proprio per questo, pare che l’Egitto abbia proposto di trasportare sul suo territorio il gas israeliano facendolo poi arrivare a sud di Creta attraverso la Zee delimitata con la Grecia, escludendo chiaramente Cipro.
Zee italiana
Il disegno di fare dell’Italia un hub del gas ha una sua logica economica e risponde ai principi della sicurezza energetica dell’Unione europea volti ad affrancare i Paesi membri dalla dipendenza energetica russa.
L’Unione non si è ancora pronunciata sulla conformità del gas rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione. Da parte italiana sembra comunque chiaro che la sua eliminazione è rinviata al lungo periodo, mentre lo si continuerà ad usare nell’attuale fase di transizione.
Se tutto questo è vero, non appare chiaro il motivo per cui lo sfruttamento dei giacimenti metaniferi (effettivi e potenziali) della Zee italiana debba restare un’attività marginale rispetto ai tempi lunghi delle rinnovabili marine che stentano a partire.
Foto di copertina EPA/ARMANDO BABANI