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Visegrád in movimento

Dalle urne di Praga alle piazze di Varsavia: i terremoti politici a Est

12 Ott 2021 - Massimo Congiu - Massimo Congiu

Le elezioni politiche svoltesi in Repubblica Ceca l’8 e il 9 ottobre scorsi erano state presentate come un referendum sulla figura del primo ministro Andrej Babiš. Il partito Ano 2011, di cui è fondatore e leader, è stato però superato di poco dal fronte conservatore Spolu di Petr Fiala costituito da Top 09, Partito civico democratico (Ods) e dai cristiano-democratrici (Kdu-Čsl), che ha ottenuto più voti del previsto. I tre partiti che formano questo blocco risultano cresciuti, in termini di consensi, rispetto alle precedenti elezioni.

In campagna elettorale, Fiala e i suoi hanno puntato il dito contro gli alti deficit di bilancio di questi ultimi anni, sottolineato i timori della popolazione a fronte dell’aumento dei prezzi e criticato il premier per aver attribuito l’aumento del tasso di inflazione a fattori esterni e per i suoi conflitti di interesse. Spolu aveva anche promesso agli elettori una riforma delle pensioni, in caso di vittoria e di approdo al governo, con l’introduzione di una pensione minima legata al salario medio. Per il resto, all’interno del blocco c’è anche un atteggiamento critico nei confronti dell’Ue: nell’Ods, ad esempio, ci sono diversi simpatizzanti del PiS al governo in Polonia.

L’altro fronte di opposizione, quello formato dai liberali del Partito Pirata e dai centristi del Movimento dei Sindaci e Indipendenti (Stan) e avente per candidato premier Ivan Bartoš, ha invece ottenuto un risultato inferiore alle previsioni. Entrambe le coalizioni avevano escluso la possibilità di entrare in un governo di coalizione con Ano 2011, e Fiala aveva promesso di cercare un accordo con il soggetto politico rappresentato da Bartoš.

Dal canto suo, Babiš ha giocato, in campagna elettorale, la carta del nazionalismo e del protezionismo, riuscendo a intercettare alcuni consensi altrimenti destinati a Libertà e Democrazia Diretta (Spd), il partito euroscettico di Tomio Okamura ed altri da socialdemocratici e comunisti. I socialdemocratici (Čssd), alleati al governo di Ano 2011, sono rimasti di poco sotto il 5%, mentre i comunisti non hanno raggiunto il 4%.

La parola al presidente
A questo punto è il presidente della Repubblica Miloš Zeman – nel frattempo ricoverato in ospedale in terapia intensiva, ndr – a doversi esprimere. Questi aveva già chiarito che avrebbe dato il mandato esplorativo al partito provvisto del gruppo più forte alla Camera. Il capo dello Stato ceco non considera i risultati ottenuti dai blocchi ma dai singoli partiti; quindi, dovrebbe attribuire a Babiš l’incarico di formare il nuovo governo.

Come già precisato, i due blocchi di opposizione avevano escluso la possibilità di dar vita ad accordi di governo con Babiš, quest’ultimo dovrebbe quindi cercare di indebolire l’intesa fra Spolu e Pirati-Stan, ma allo stato attuale delle cose questa operazione sembra molto complicata. Quindi potrebbe essere necessario un periodo di tempo non breve per dar vita a un esecutivo con una maggioranza in Aula.

Il malcontento di Varsavia
L’altro importante spunto di attualità proveniente dal Gruppo di Visegrád (V4), è costituito dalla recente sentenza del Tribunale costituzionale polacco che afferma il primato del diritto nazionale su quello dell’Unione europea e, di fatto, considera i pronunciamenti della Corte di giustizia dell’Ue una forma di ingerenza negli affari di uno stato sovrano. Diversi hanno visto in questa iniziativa di Varsavia una spinta verso quella che viene definita “Polexit”, anche se, allo stato attuale dei fatti, non sembra che i sistemi più sovranisti di Visegrád abbiano tutta questa fretta di lasciare l’Unione e rinunciare ai fondi comunitari.

Certo, si tratta di una sentenza di peso che molti descrivono come una sorta di sfida all’Ue e che ha incassato la prevedibile solidarietà di Viktor Orbán ma che ha anche dovuto fare i conti con imponenti manifestazioni di piazza. Per il primo ministro ungherese la sentenza dei giudici costituzionali polacchi è una sacrosanta affermazione del primato del diritto nazionale su quello dell’Unione. A suo giudizio – e in barba ai Trattati -, la necessità di prendere posizione in questo senso si è manifestata proprio a causa di quelle che vede come “continue ingerenze” di Bruxelles nelle questioni interne dei vari Paesi membri.

È ormai noto l’ostentato impegno dei leader più nazionalisti del V4 per l’affermazione del potere sovrano degli Stati che rappresentano, ma di fatto, checché ne dica il PiS, le critiche delle istituzioni europee sono caso mai rivolte a quei meccanismi di governo che influenzano direttamente o indirettamente il funzionamento degli organi giuridici polacchi. Per Borys Budka, deputato di Piattaforma Civica (Po), forza politica pro-Europa, non si può essere stati membri dell’Ue senza rispettare i principi fondamentali dell’Unione, e proprio Donald Tusk, al momento di riprendere la guida di Po, ha motivato la sua decisione con l’intento di “sconfiggere il male” che a suo parere la Polonia sta subendo a causa del PiS. Un grande ritorno a Varsavia per l’uomo che dal 2014 e il 2019 ha guidato il Consiglio europeo.

Foto di copertina EPA/MACIEJ KULCZYNSKI