Armonia e coordinazione, senza uniformità: la strada del multilateralismo
La pandemia, il cambiamento climatico, la guerra nucleare e le nuove tecnologie sono solo alcuni esempi dei problemi che l’umanità è chiamata a fronteggiare. Le visioni sociali e religiose che antepongono un gruppo di uomini a tutti gli altri, tornate alla ribalta in seno al recente momento di difficoltà per le democrazie occidentali, non costituiscono affatto una risposta efficace ai problemi di cui sopra: l’estrema difesa della tanto acclamata identità porterebbe alla formazione di “fortezze nazionali” desiderose di più ricchezza, prosperità e sicurezza a spese dei vicini.
Ne seguirebbe una “gara preventiva” per lo sviluppo di nuovi armamenti e tecnologie potenzialmente distruttiva. La fiducia internazionale è ora più che mai una condizione fondamentale: non si tratta di favorire un’ideologia politica piuttosto che un’altra, si tratta di sopravvivenza. Come sottolineato dallo storico e ricercatore israeliano Yuval Noah Harari, il vero nazionalismo, quello che coincide con la tutela e la protezione dei propri connazionali da qualsiasi tipo di pericolo, deve coincidere col globalismo. Non vi è contrapposizione.
I compiti del multilateralismo
Solo una su tre: è questo il dato europeo del 2020 sulle aziende che avviano un controllo sul rispetto dei diritti umani da parte dei propri fornitori. Si tratta di un controllo costoso, perché porta a escludere i fornitori più economici, in grado di tenere i prezzi bassi proprio grazie allo sfruttamento dei lavoratori e alla violazione dei loro diritti. È inaccettabile che vi sia uno svantaggio competitivo per coloro che prestano maggiore attenzione alla tutela dei diritti umani, poiché questo si traduce in un forte incentivo a non farlo, una tendenza invertibile solo con un obbligo di legge esteso a tutti gli Stati dell’Unione.
Se da un lato queste restrizioni renderebbero la competizione più equa nel mercato europeo, dall’altro rischierebbero di sfavorire la totalità delle aziende europee sul mercato globale. Il problema può essere affrontato soltanto a livello internazionale. L’amministrazione di Joe Biden fornisce una grande opportunità per le regolazioni ambientali e umanitarie, dopo un periodo di collaborazione difficile con l’ex presidente Trump. Mantenere lo storico ruolo di difensore delle norme globali e guidare l’alleanza atlantica in direzione di una maggiore attenzione ai diritti umani e alle questioni ambientali può rivelarsi decisivo per sensibilizzare a queste tematiche anche le relazioni con gli altri paesi.
Rivalità e opportunità
Ricerca, innovazione, sviluppo tecnologico: sono queste le armi competitive delle nazioni del XXI secolo, nonché le ragioni del recente incremento della rivalità internazionale. I regolamenti europei sulla privacy sono molto più severi di quelli degli Stati Uniti o della Cina. Questo costituisce un considerevole svantaggio competitivo nel mercato internazionale, ma è allo stesso tempo un’opportunità. Negli Stati Uniti si sta sviluppando, per usare le parole della professoressa Shoshana Zuboff, un “capitalismo della sorveglianza” in cui le grandi multinazionali operano un controllo sui consumatori sfruttando potenti strumenti di raccolta dati.
In Cina c’è un ferreo controllo centrale di monitoraggio dei cittadini. I regolamenti vigenti non mettono l’Ue nella condizione di battere gli Stati Uniti nel capitalismo della sorveglianza o i cinesi nella sorveglianza governativa. L’Europa deve trovare una propria strada, quella dei prodotti in linea con il desiderio umano di privacy, di riservatezza, di sicurezza. Per chi vorrà efficienza ci saranno i prodotti cinesi, per chi vorrà innovazione e modernità ci saranno quelli americani, per chi vorrà proteggersi da entrambe queste alternative e dotarsi di tecnologie che tutelino la propria intimità, ci devono essere i prodotti europei.
Il tema della tassazione
Dopo anni di proposte e negoziazioni, nei giorni scorsi è stato raggiunto nel quadro dell’Ocse e del G20 l’accordo sulla Global Minimum Tax che fissa al 15% la tassa minima per le multinazionali. Eppure, neanche questa misura sembra creare le condizioni per un mercato equo. L’allocazione di nuovi diritti fiscali avviene infatti a condizione che vengano soppresse le imposte sui servizi digitali (la cosiddetta “digital tax” presente anche in Italia).
Una simulazione condotta da TaxWatch ha ipotizzato che il nuovo regime fiscale permetterebbe a Google, Ebay, Amazon e Facebook, in totale, di corrispondere al governo inglese 232 milioni di sterline in meno di quanto non paghino attualmente. Il tema della tassazione non riguarda però soltanto le Big Tech: in assenza di una collaborazione, tanto globale quanto europea, i paesi sono tentati di impegnarsi in una corsa al ribasso, nella speranza di attirare nuovi talenti e capitali.
La linea da seguire
Quando si parla di relazioni internazionali, si dovrebbe sempre porre attenzione alla salvaguardia della cultura e dell’identità nazionale dei paesi coinvolti. Armonia e coordinazione, senza uniformità. Nella storia del genere umano, l’Unione Europea è stata il più significativo esperimento orientato alla creazione di questo compromesso: un’efficiente cooperazione tra centinaia di milioni di persone, libere dall’imposizione di un singolo governo, di una singola lingua o di una singola nazionalità. La più alta aspirazione che il multilateralismo e la cooperazione internazionale possano avere è che su quanto appena illustrato si fondino anche le relazioni tra le potenze mondiali. La più grande speranza è che l’Europa insegni al mondo come creare armonia senza uniformità.
Foto di copertina EPA/FRANCK ROBICHON
Per tutto il mese di ottobre AffarInternazionali pubblica gli estratti dei saggi finalisti della quarta edizione del premio IAI
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Il PremioIAI è stato realizzato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ai sensi dell’art. 23- bis del DPR 18/1967
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