Rebus Germania: Spd avanti, ma adesso serve formare una coalizione
È stata una lunga notte di conteggi all’ultimo voto, ma sarà un ancor più lungo autunno di trattative per la formazione del governo in Germania. I risultati delle urne tedesche danno i socialdemocratici della Spd al 25,7% (+5,5% rispetto a quattro anni fa), primo partito come previsto da tutti i sondaggi della vigilia (non accadeva da 16 anni, dall’ingresso sulla scena politica di Angela Merkel, che ha governato a Berlino ininterrottamente dal 2005). Alle loro spalle, a un’incollatura, finisce la Cdu/Csu orfana di Merkel, al 24,1%: è il risultato peggiore mai registrato dal campo conservatore dal secondo dopoguerra, e giù di 8,8 punti percentuali rispetto al 2017.
Nei discorsi a caldo per commentare il responso del voto, i leader di entrambi i campi, il socialdemocratico Olaf Scholz e il cristiano-democratico Armin Laschet, hanno rivendicato la guida del prossimo governo. Ed entrambi potrebbero virtualmente farlo (tra i due partiti ci sarebbe un distacco di appena dieci seggi nel nuovo Bundestag): tutto dipenderà infatti dalla coalizione che andranno a costruire.
“Il prossimo cancelliere sarà Olaf Scholz. Abbiamo ciò che serve per guidare la Germania”, ha detto il socialdemocratico ai suoi supporter nella notte elettorale. “Non possiamo essere soddisfatti di questi risultati – ha ammesso Laschet -, ma faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità per mettere in piedi un governo conservatore in Germania; abbiamo bisogno di una coalizione che modernizzi il Paese. E sarà probabilmente la prima volta che avremo un governo con tre partiti”.
I negoziati con le altre forze politiche sono ai nastri di partenza, e se sia per Scholz sia per Laschet bisognerà avere un nuovo esecutivo a Berlino “entro Natale”, fra gli osservatori c’è chi scommette in uno stallo che si protrarrà più a lungo (nel 2017 ci vollero sei mesi di trattative andate in fumo, che condussero controvoglia a una riedizione della Grande coalizione). Riflettori tutti puntati allora sui Verdi e sui liberali della Fdp, rispettivamente terzo e quarto piazzamento con 14,8% e 11,5% e partiti che fanno incetta del voto degli under 25, secondo le rilevazioni: per gli ambientalisti – nonostante una sensibile riduzione rispetto alle aspettative della scorsa primavera – è il miglior risultato di sempre; per i liberali è una conferma del radicamento nel Paese, dopo il periodo buio nel 2013 quando passarono dalla presenza al governo all’uscita dal Bundestag.
Che sia a guida Spd o Cdu/Csu, il futuro esecutivo tedesco passa inevitabilmente dal protagonismo giallo-verde, tanto che il leader della Fdp Christian Lindner ha suggerito un’intesa di massima tra i due partiti prima dell’inizio delle trattative con Scholz o Laschet; un’ipotesi ventilata alla vigilia del voto anche dalla candidata verde Annalena Baerbock, che ieri ha ribadito il suo interesse. Fdp e Verdi dovranno limare molti punti su cui sono in disaccordo, dalla politica fiscale alla disciplina Ue sui conti pubblici.
Sul tavolo le ipotesi sono un’intesa “semaforo” (Spd, Fdp, Verdi) o una “Giamaica” (Cdu/Csu, Fdp, Verdi); ma è aritmeticamente possibile, per quanto per il momento esclusa dai principali protagonisti, una nuova Grande coalizione Spd-Cdu/Csu, stavolta guidata dai socialdemocratici. Nell’attesa che uno dei due leader alla sua successione risolva il rebus, Angela Merkel rimarrà cancelliera ad interim.
A perdere sono le forze anti-sistema e anti-Ue. Tracollo per l’ultra-sinistra di Die Linke, che ha perso quasi cinque punti passando al 4,9%, sulla pericolosa soglia dello sbarramento, e calo nei consensi pure per l’ultra-destra dell’AfD: giù di due punti percentuali, da terzo gruppo del Bundestag diventa il quinto.