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Dalla crescita al benessere

Politiche climatiche: un cambiamento di sistema è inevitabile e irreversibile

5 Set 2021 - Laura Basagni - Laura Basagni

Il gruppo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc) ha lanciato un messaggio perentorio: alcuni cambiamenti sono ora inevitabili ed irreversibili, con conseguenze allarmanti. Per trovare esempi non serve guardare lontano: basta vedere gli incendi e le inondazioni devastare l’Europa, da sud a nord.

Dana Meadows scrisse che “un cambiamento negli obiettivi cambia un sistema profondamente, anche se tutti gli elementi e le connessioni restano invariate.” Per raggiungere i target climatici globali garantendo una transizione ecologica socialmente giusta, bisogna sostituire il benessere comune alla crescita come obiettivo sistemico. Contrariamente al pensiero economico dominante, non tutta la crescita è positiva e sufficiente a creare benefici sociali.

Il modello economico capitalistico si è sviluppato sulla premessa che perseguire la crescita avrebbe automaticamente garantito prosperità a tutti. Ciò non è avvenuto, nonostante i successi su sviluppo e lotta alla povertà: la crescente iniquità economica e i danni ambientali causati dall’essere umano dimostrano come sia necessario un ripensamento. Un nuovo modello economico che ottimizzi più obiettivi, invece di massimizzarne uno solo, permetterebbe di perseguire giustizia sociale e ambientale insieme allo sviluppo. Una filosofia economica che si poggia su un principio di sufficienza, che massimizzi la qualità, e non la quantità, produttiva, permetterà di impostare il sistema per perseguire obiettivi economici, sociali ed ambientali insieme.

Pratiche come minimalismo, veganesimo, agricoltura rigenerativa, consumo consapevole diventano sempre più diffuse, contribuendo a trasformare la concezione collettiva di prosperità e successo. Queste pratiche implicano un sistema di valori diverso dal passato: sfidano il paradigma dominante dell’homo oeconomicus razionale e auto-interessato, portando l’idea di capitale sociale nella valutazione del valore, influenzando le scelte di mercato. Il cambiamento etico è alla base di altri fenomeni economici, come l’introduzione di criteri ambientali, sociali e governance (Esg) nel processo di valutazione dei portafogli d’investimento, l’attivismo sociale e ambientale di molti imprenditori, e un concetto di impresa improntato alla responsabilità, nei confronti di investitori (shareholders) e tutti i portatori di interessi, compresi dipendenti e territori (stakeholders).

La teoria economica dominante è anch’essa in trasformazione, in particolare dalla crisi del 2008: sempre più istituzioni mettono in discussione il paradigma economico neoliberale, cercando soluzioni a problemi che in quel contesto sembrano irrisolvibili.

La comunità internazionale ha adottato la strategia della separazione assoluta (absolute decoupling) delle emissioni di anidride carbonica dall’attività produttiva contro i cambiamenti climatici. Ciò nonostante, la società civile e la comunità scientifica chiedono di andare oltre e concentrarsi sulle falle del modello economico.

Alla base di tale strategia vi è l’idea che l’innovazione tecnologica (presente e futura) permetterà di scindere crescita economica e impatto sull’ambiente. Tale stratagemma è necessario per mantenere l’idea di un Pil in continua crescita come caposaldo del successo economico. L’innovazione tecnologica, così come per ogni precedente rivoluzione industriale, sarà necessariamente fondamentale, ma il livello di dipendenza delle attuali politiche climatiche sulla tecnologia resta preoccupante. È anche un segno di poca fiducia rispetto alla comunità scientifica. Nel 1970, il report I Limiti alla Crescita commissionato dal Club di Roma, sosteneva l’impossibilità ecologica di una crescita economica infinita.

L’Organizzazione Europea per l’Ambiente (Eeb) lancia lo stesso allarme, sostenendo che la separazione assoluta di crescita ed emissioni non si è mai verificata in pratica, dimostrando come la transizione energetica verso fonti di approvvigionamento rinnovabili implica comunque l’utilizzo di fonti non rinnovabili e limitate, come metalli preziosi e rari, ed è non risolve il paradosso di una crescita illimitata/risorse limitate. L’Eeb raccomanda di accompagnare politiche di efficienza energetica con politiche di sufficienza, con l’enfasi sulle seconde, per quanto abbiano entrambe un ruolo.

Politiche orientate alla sufficienza già caratterizzano le strategie di transizione energetica in Europa e negli Usa: l’efficienza energetica implica sia efficientamento dei processi di produzione dell’energia, ma anche l’implementazione di sistemi e comportamenti che riducano sprechi e quindi la domanda. In fin dei conti, l’energia più pulita è quella che non viene utilizzata.

Questo è un esempio di scelta per un cambiamento sistemico: da un modello economico che ruota intorno alla crescita e massimizza un unico obiettivo, ad un altro con priorità al benessere comune e che ottimizzi diversi obiettivi: prosperità, equità, sostenibilità. Un approccio del genere non isola l’attività economica dal contesto ecologico, come la strategia della separazione assoluta. Al contrario, riporta l’economia nel suo contesto sociale ed ecologico.

Politici e regolatori dovrebbero considerare con cura i suggerimenti della comunità scientifica, nonché cercare di comprendere i cambiamenti già in atto nella società che vanno a regolamentare. Mettere in discussione l’imperativo della crescita è fondamentale per sviluppare una efficace strategia climatica, facendo del benessere comune l’obiettivo sistemico fondamentale. È premessa necessaria anche per affrontare domande complesse come sostenere l’economica senza il consumismo; quali saranno i nuovi ritmi vita-lavoro in un contesto di produttività decrescente; quale sarà il futuro del mondo del lavoro; quale sarà il ruolo di strumenti come il reddito universale per sostenere tali cambiamenti nella maniera più equa e giusta possibile.

La comunità politica non può rispondere a queste domande se non vengono poste, e il momento di farlo è adesso.