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Marocco al voto tra sfiducia nei partiti e nuove regole 

7 Set 2021 - Lo Spiegone - Lo Spiegone

L’8 settembre la popolazione marocchina sarà chiamata a votare, per la prima volta nello stesso giorno, i propri rappresentanti sia a livello nazionale – i 395 deputati della Camera dei rappresentanti – che regionale e comunale – oltre 31mila eletti. Una maratona elettorale che lascia scettici sulla possibilità di assistere a un’affluenza più alta del 43% registrato alle ultime elezioni del 2016. Per di più, quest’anno, la data del voto coincide con un giorno feriale invece che con un venerdì come di consuetudine.

In Marocco, dal 1963, sono state approvate sei diverse Costituzioni; l’ultima nel 2011 in risposta al movimento di protesta nato sull’onda delle cosiddette Primavere arabe. Dieci anni dopo, il re Mohammed VI rimane il vero centro di potere del Paese; una buona parte della popolazione ha perso fiducia nei partiti e una serie di meccanismi istituzionali, non ultimo la nuova legge elettorale, favoriscono la formazione di governi deboli e frammentati.  

Il sistema politico e i principali partiti 
Secondo l’articolo 1 della Costituzione, il Marocco è “una monarchia costituzionale, democratica, parlamentare e sociale”. Il Parlamento si compone di due camere, la Camera dei Rappresentanti e la Camera dei Consiglieri. La prima è eletta a suffragio universale diretto ogni cinque anni, la seconda ogni sei a suffragio universale indiretto. Entrambe esercitano il potere legislativo. Tuttavia, il re, come capo dello Stato, dispone di ampi poteri, incluso quello di nominare il capo di governo e tutti i suoi membri, all’interno del partito vincitore delle elezioni. Il re può sciogliere entrambe le Camere tramite decreto reale (dahir) e dichiarare lo stato di emergenza, ed è a capo delle forze armate e del consiglio superiore del potere giudiziario. Mohammed VI, attuale sovrano del Marocco, gode anche del titolo di “comandante dei fedeli”, ponendosi come autorità non solo politica ma anche spirituale.

Nonostante i circa 30 partiti candidati, gli attori principali che si contenderanno la scena delle prossime elezioni legislative sono gli stessi del 2016. Il Partito islamista moderato per la giustizia e lo sviluppo (Pgs), affermatosi come forza politica a partire dal 2011, nel 2016 ottenne 125 seggi ed è ora in lizza per la terza vittoria di fila. Il Partito per l’autenticità e la modernità (Pam), secolare e filomonarchico, fondato nel 2008, arrivò secondo con 102 seggi. Il partito nazionalista Istiqlal, nato negli anni ’40 a sostegno dell’indipendenza dal colonialismo francese, si classificò terzo con 46 seggi. Il Raduno nazionale degli indipendenti (Rni), guidato da Aziz Akhannouch, uomo d’affari miliardario e ministro dell’Agricoltura per diversi anni, raggiunse 37 seggi. Infine, l’Unione socialista delle forze popolari, nata da una fazione staccatasi dal partito Istiqlal nel 1956, chiuse l’ultima tornata elettorale con 20 seggi.

Il multipartitismo e la strategia della monarchia  
Nonostante le promesse di riforma, le regole del processo elettorale continuano a scoraggiare, nella pratica, l’affermarsi di una genuina autonomia di governo. Lo spettro politico marocchino è frammentato in un gran numero di partiti, i cui rappresentanti vengono eletti sulla base di un sistema proporzionale. È difficile che una singola forza riesca a guadagnare la maggioranza e il sovrano può ricorrere, quando necessario, alla vecchia strategia del divide et impera per rendere inoffensivo il Parlamento.

È stato il caso della crisi istituzionale del 2016. Il Pgs, infatti, grazie anche alla popolarità dell’allora segretario generale Abdelilah Benkirane, vinse il numero più alto di seggi, ma non abbastanza da aggiudicarsi la maggioranza (198 seggi). Non volendo accettare di formare una coalizione con un blocco di partiti minori filomonarchici, Benkirane finì in un’impasse di cinque mesi e alla fine fu costretto dal re a farsi da parte e a lasciare le redini al più remissivo Saeededdine El-Othmani. Quest’ultimo, sotto pressione, accettò le condizioni rifiutate dal suo predecessore. Nei negoziati per formare la coalizione, il PGS rinunciò ai ministeri più importanti, vedendo notevolmente ridotto il proprio peso decisionale. La scelta di Othmani ebbe anche un impatto sull’unità del partito, causando non poche voci di dissenso.

Nuova legge elettorale
Lo scorso marzo, nonostante l’opposizione del Pgs, è stata approvata una nuova legge elettorale che rischia di ridurre ulteriormente l’assertività del Parlamento. La nuova legge ha eliminato infatti la soglia minima del 3% necessaria a qualificarsi e ha introdotto regole per calcolare il quoziente elettorale che non hanno precedenti in nessun altro Paese. Dal 2002, il quoziente elettorale era stato determinato dividendo il totale di voti validi per il numero di seggi assegnati a ciascun distretto. Nelle nuove elezioni sarà invece calcolato dividendo il totale delle persone aventi diritto di voto per il numero di seggi.

Il numero di voti ottenuti da ciascun partito deve essere quindi diviso per un quoziente elettorale molto più alto: nel 2016, su circa 15 milioni di persone aventi diritto di voto, solo 6 milioni votarono. Il risultato è una Camera più atomizzata. I partiti di maggioranza non riescono ad aggiudicarsi che pochi seggi, con i rimanenti ripartiti tra tutti gli altri partiti, compresi quelli molto minoritari. L’analista Rania Elghazouli stima che matematicamente nessun partito riuscirebbe a ottenere più di 100 seggi, cioè il 25% del totale, rendendo ancora più complicato determinare il vincitore delle elezioni.

Intanto, calcoli a parte, un sondaggio dell’Institute for Social and Media Studies condotto in previsione delle elezioni, mostra che il 60% dei rispondenti non ha fiducia nei partiti politici o nel loro programma elettorale. Viste le circostanze in cui avrà luogo il voto, con la pandemia sullo sfondo a limitare le possibilità di confronto e i comizi, sembra improbabile che la disillusione della popolazione marocchina possa trovare risposta nel prossimo governo.

A cura della redazione Nord Africa e Medio Oriente de Lo Spiegone

***Lo Spiegone è una testata giornalistica formata da studenti universitari e giovani professionisti provenienti da tutta Italia e sparsi per il mondo con l’obiettivo di spiegare con chiarezza le dinamiche che l’informazione di massa tralascia quando riporta le notizie legate alle relazioni internazionali, della politica e dell’economia.