Giappone verso un nuovo leader: anche Suga getta la spugna
A fronte di sondaggi in picchiata, Suga Yoshihide ha annunciato – a sorpresa – il ritiro della propria candidatura alle presidenziali del Partito Liberal Democratico (Pld) del Giappone. In vista dello scioglimento della Camera Bassa e delle elezioni generali da tenersi entro il 28 novembre, le principali due fazioni del Pld, capeggiate dall’ex premier Abe Shinzō e dal suo sodale Asō Tarō, hanno fatto pressioni su Suga perché abbandonasse il timone del partito per far posto a volti nuovi capaci di un maggior richiamo elettorale. Che tipo di eredità politica lascia Suga e chi gli succederà?
Suga ha dovuto concentrare la sua azione politica sull’emergenza pandemica. Seppur la politica di contenimento del Giappone può definirsi a buon diritto un relativo successo rispetto al dilagare del Covid-19 nel continente americano ed europeo, sia Suga sia, precedentemente, Abe – di cui ha preso il posto un anno fa – si son distinti per una gestione farraginosa della crisi. Agli occhi dell’opinione pubblica giapponese le politiche di Suga, ad esempio, sembrano aver contribuito (a torto o a ragione) alla diffusione del virus: dalla campagna di incentivi al turismo interno “Go To Travel” dismessa con troppo ritardo alla decisione di premere con le Olimpiadi estive del 2021.
In linea con quanto sta accadendo in molte economie mature, Suga ha impresso una svolta decisa in favore della digitalizzazione del Giappone e, in misura minore, della transizione energetica. Sul fronte internazionale egli ha operato sul solco dell’operato del predecessore tanto da delegare la sua politica estera e di sicurezza ai dicasteri degli Esteri e della Difesa, avallando la promozione di burocrati vicini al team Abe in seno al Consiglio per la sicurezza nazionale. Se è vero che la presidenza Suga verrà ricordata per una svolta più decisa a favore della difesa di Taiwan –anche in sede diplomatica con le controparti americane, europee e del G7 —tale politica va ascritta principalmente al ministro della Difesa Kishi Nobuo e al fratello di questi, l’ex premier Abe che ha continuato ad agire da mentore e modello di riferimento di Suga.
Premier di transizione
Del resto, Suga è stato largamente percepito come un leader di transizione dopo le improvvise dimissioni di Abe l’anno passato. Suga quindi succedeva ad Abe lasciando più o meno intatta la composizione del governo e della dirigenza del Pld. Del resto, il potente ex capo di gabinetto di Abe non appartiene ad una fazione politica del Pld –fazioni che sono tutt’oggi necessarie a fare e, come si è accennato sopra, disfare le dirigenze di partito− ed è subito apparso, anche a chi scrive, come un grigio tecnocrate privo di carisma ed incapace di comunicare con la popolazione.
Se aggiungiamo a tali fattori il malcontento tra i “giovani turchi” del Pld – da anni in attesa di un ricambio generazionale all’interno del principale partito di governo giapponese – si capisce che le dimissioni di Suga e prim’ancora del potente (e anziano) segretario generale Nikai Toshihiro presagiscano consultazioni che si giocano anche sul fronte generazionale.
Cosa si profila sull’orizzonte politico del Giappone dopo la dipartita di Suga? Non è chiaro se ci possa essere un successore che farà propria l’agenda volta alla digitalizzazione, cara al premier già durante i suoi anni come capo di gabinetto. In politica estera c’è la possibilità che il summit Quad – potenzialmente da tenere a latere del G20 di Roma – venga rimandato a dopo le elezioni generali giapponesi. Di contro, il profilo dei contendenti alla presidenza del Pld (il cui nome verosimilmente coinciderà con quello del prossimo primo ministro post-elezioni generali) è sostanzialmente allineato all’alleanza nippo-americana, vista come baluardo di stabilità in Asia Orientale.
I favoriti
Chi ha maggiori chance di vittoria? Il cavallo dato per vincente è Kōno Tarō, discendente di una famiglia di potenti politici giapponesi di estrazione conservatrice moderata. Kōno, già ministro degli Esteri e della Difesa sotto Abe nonché a capo del dicastero per le riforme amministrative e normative sotto Suga, ha dalla sua una popolarità molto alta, nell’elettorato come tra i membri del Pld di fazioni diverse dalla sua (comunque la potente fazione Asō).
Di contro, le sue convinte posizioni contro il nucleare civile, nonché quelle a favore dell’ascensione di una donna al trono imperiale lo rendono inviso alle forze più conservatrici. Invero, Abe ha fatto intendere un supporto per l’ultra-nazionalista e scarsamente popolare Takaichi Sanae, ma la mossa sembra presagire un negoziato tra le due principali fazioni del Pld per evitare che Kōno smonti l’agenda politica dell’ex premier, la cui ombra ancora aleggia nell’agone politico di Tokyo.
Se si aggiunge il nome degli altri due altri contendenti, i conservatori moderati Kishida Fumio e Noda Seiko, si può intuire che la logica sia proprio quella di imprimere una certa continuità al nuovo premierato; una continuità che parte da Abe, passa per Suga e arriverebbe (verosimilmente) a Kōno.
Foto di copertina EPA/ISSEI KATO / POOL