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I volti di Visegrád

Věra Jourová: la politica ceca che si batte per lo stato di diritto

17 Ago 2021 - Osservatorio Sociale Mitteleuropeo (Osme) - Osservatorio Sociale Mitteleuropeo (Osme)

Nata 57 anni fa a Třebíć, cittadina di poco più di 37mila abitanti del sud della Repubblica Ceca, Věra Jourová è dal 1° dicembre 2019 vicepresidente della Commissione europea per le politiche sui valori e sulla trasparenza.

Due lauree, una in arte e una in diritto, conseguite rispettivamente nel 1991 e nel 2012 entrambe all’Università Carolina di Praga, Jourová ha iniziato la sua carriera professionale nel settore dell’amministrazione pubblica locale. All’inizio come segretaria e portavoce dell’ufficio municipale di Třebíć nel periodo compreso fra il 1995 e il 2000, e poi, tra il 2001 e il 2003, come capo del Dipartimento per lo sviluppo regionale della Regione di Vysočina, quella in cui è situata la sua città natale. Quest’ultimo incarico è giunto a termine un anno prima dell’adesione ufficiale della Repubblica Ceca nell’Unione europea, il 1° maggio 2004.

Due anni dopo inizia a svolgere attività di consulenza privata nel campo dell’adesione all’Ue di Serbia, Montenegro e Macedonia. Un impegno che porta avanti fino al 2011. In questa fase della sua carriera professionale ha così modo di approfondire i temi riguardanti l’Europa comunitaria e, infatti, dal 2006 al 2013 lavora come direttrice amministrativa di Primavera Consulting Ltd., società attiva nella fornitura di consulenze in materia di fondi Ue ad autorità pubbliche, occupandosi soprattutto di Romania, Moldavia, le già citate Serbia, Montenegro e Macedonia, quindi Russia, Bielorussia, Lettonia ed Estonia.

Il lavoro sulle politiche Ue
Questi anni di lavoro svolto nel campo delle questioni legate all’Unione europea le valgono, passo dopo passo, una formazione specifica in tale ambito, contribuendo alla sua successiva carriera all’interno delle istituzioni comunitarie. Ma andiamo per gradi.

La carriera politica di Jourová ha inizio nel 2003, anno in cui entra nel Partito socialdemocratico ceco (Česká Strana Sociálně Demokratická, Čssd). Diventa in questo modo viceministro per lo sviluppo regionale e le viene affidata la guida della Sezione per l’integrazione europea, impegno che porta avanti fino al 2006. I suoi compiti, in tale veste, consistono nella guida della delegazione ceca in fase negoziale con la Commissione europea e con la Banca europea per gli investimenti (Bei) per quel che riguarda la tematica dei fondi Ue e la loro gestione.

Una carriera brillante sia nell’amministrazione pubblica che in politica, ma non del tutto priva di incidenti. Nell’autunno del 2006, infatti, Jourová viene incolpata di aver incassato una tangente del valore di due milioni di corone ceche dal sindaco di Budišov, piccolo centro del distretto di Třebíć, per l’ottenimento di fondi Ue destinati alla ristrutturazione del castello situato nella cittadina. In conseguenza di questa accusa Jourová trascorre oltre un mese in detenzione in attesa di giudizio. La vicenda si chiude due anni dopo con l’assoluzione dell’imputata che, alla fine dell’inchiesta, risulta non essere stata coinvolta in un caso di corruzione.

La carriera politica
Il 2006 dimostra di essere un anno molto intenso per la donna politica ceca che proprio allora lascia il Čssd e nel 2009 aderisce al Partito democratico europeo (Eds). In qualità di esponente di questo soggetto politico si candida alle elezioni europee di quello stesso anno e nel 2010 alle legislative, senza ottenere risultati soddisfacenti in nessuno dei due casi. Abbandona così anche l’Eds.

Il suo percorso politico prosegue con una nuova adesione: quella ad Ano 2011 (Akce Nespokojených Občanů, Azione dei Cittadini Insoddisfatti), partito di centrodestra fondato dal premier Andrej Babiš, noto come forza politica anti-casta, populista e moderatamente euroscettica. Euroscetticismo o no, Jourová diventa vicepresidente di questo partito nel 2013.

A seguito delle elezioni parlamentari, alla fine di quell’anno, diviene membro della Camera dei Deputati e nel gennaio 2014 ottiene la nomina a ministra per lo Sviluppo Regionale del governo guidato da Bohuslav Sobotka. Una coalizione costituita dal Čssd dello stesso Sobotka, da Ano 2011 e dall’Unione Cristiana e Democratica – Partito Popolare Cecoslovacco (Křesťanská a demokratická unie – Československá strana lidová, Kdu-Čsl), forza politica membro del Partito popolare europeo (Ppe). Jourová conserva l’incarico ministeriale fino all’ottobre 2014, quando diviene commissaria europea, indicata dalla Repubblica Ceca, all’interno dell’esecutivo presieduto da Jean-Claude Juncker. Sarà responsabile di giustizia, tutela dei consumatori e uguaglianza di genere. Come precisato all’inizio, nel dicembre di quattro anni dopo viene nominata vicepresidente della Commissione europea per le politiche sui valori e sulla trasparenza nella Commissione guidata da Ursula von der Leyen.

A tutela dei valori europei
In tale veste Jourová critica aspramente il governo ungherese di Viktor Orbán e anche quello polacco per aver dato luogo a politiche lesive dello stato di diritto. La vicepresidente della Commissione definisce “allarmante” il panorama mediatico ungherese e accusa il premier di Budapest di costruire una democrazia malata. L’episodio risale alla fine dell’anno scorso e vede Orbán chiedere le dimissioni di Jourová in una lettera a Ursula von der Leyen. Per il primo ministro ungherese, infatti, le dichiarazioni di VěraJourová sono non solo “un attacco al governo ungherese democraticamente eletto ma offendono anche l’Ungheria e il popolo magiaro”.

La Commissione, però, chiarisce subito di non voler dar seguito a questo scambio polemico avvenuto poco prima della pubblicazione del rapporto sullo stato di diritto nell’Ue nel 2020. Un rapporto che, al pari dell’ultimo – pubblicato nella seconda metà di luglio – esprime una serie di inquietudini soprattutto nei casi dell’Ungheria e della Polonia. Casi particolarmente problematici all’interno del Gruppo di Visegrád.

Sta di fatto che il governo ungherese considera Jourová di parte, quindi non obiettiva, ma si tratta della solita accusa che le autorità di Budapest rivolgono a chiunque critichi il loro operato.

Foto di copertina EPA/JOHANNA GERON / POOL

Nel 30esimo anniversario dalla creazione del Gruppo di Visegrád (che abbiamo ricordato qui), AffarInternazionali cura un ciclo di approfondimenti sui volti che popolano l’universo dei quattro Paesi che fanno parte della formazione (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca), in collaborazione con l’Osservatorio sociale mitteleuropeo (Osme).