Talebani e repubblicani contro Biden dopo le esplosioni dell’Isis a Kabul
È accaduto quel che era inevitabile accadesse, in un contesto di violenza, dove i talebani di nuovo al potere hanno nemici inermi – le decine di migliaia di afghani in fuga dal loro Paese – e nemici con il sangue agli occhi, i terroristi dell’Isis cacciati da Iraq e Siria e alla ricerca di una nuova affermazione territoriale e militare.
Giovedì 26 agosto, due esplosioni innescate da kamikaze hanno fatto un’ottantina di vittime, fra cui molti bambini, 13 marines Usa e una ventina di talebani, e circa 150 feriti all’esterno dell’aeroporto di Kabul, dove migliaia di disperati continuavano ad accalcarsi nella speranza di salire su un “volo della libertà”. Nessun italiano è rimasto coinvolto.
La scena della carneficina
Succede quando a Kabul è già sera, in un’area detta “il canale”, dove le persone aspettano in fila che i loro documenti vengano controllati per entrare nello scalo. Prima esplode un’autobomba. Poi un terrorista salta in aria presso un hotel frequentato da stranieri, anche giornalisti. I marines uccisi sono i primi caduti Usa, da quando i talebani hanno ripreso il controllo dell’Afghanistan. Le esplosioni rendono concreti gli allarmi anti-terrorismo lanciati dalle intelligence di Usa, Russia e altri Paesi. Nell’aeroporto di Kabul ci sono ancora almeno dieci mila persone; sperano di salire su uno degli ultimi aerei in partenza. Dopo la strage, tutti i gate sono stati temporaneamente chiusi.
L’attacco terroristico è concordemente attribuito alla frangia dell’Isis che opera in Afghanistan e che rivendica l’azione, accusando i talebani di essere troppo morbidi con l’Occidente: ci sarebbero a Kabul un centinaio di unità operative del sedicente Califfato. Le prossime ore sono ritenute “estremamente rischiose”. Stati Uniti e Gran Bretagna avevano già sconsigliato ai loro cittadini di recarsi all’aeroporto. Dopo le esplosioni, i talebani dagli altoparlanti invitano gli abitanti a tornare a casa. Fonti russe stimano a una cinquantina i morti all’aeroporto nelle ultime due settimane, nella calca, sotto il sole, senza assistenza.
Il tempo per lasciare l’Afghanistan è agli sgoccioli, anche se le informazioni sono contraddittorie: Washington, che conferma la deadline del 31 agosto per la presenza delle sue truppe, e Londra dicono che le partenze continueranno anche dopo tale scadenza; per la Nato, oggi è l’ultimo giorno utile per l’evacuazione dei civili. Alcuni Paesi, come Germania, Canada, Belgio, Paesi Bassi, Polonia hanno già concluso le loro operazioni, la Francia lo farà oggi. La Turchia sta ritirando le truppe che erano state inviate per garantire la sicurezza dello scalo.
Pure il numero delle persone portate via e ancora da portare via è incerto: si calcola siano oltre 100 mila, nonostante il paradosso di aerei ripartiti vuoti o semivuoti per disguidi burocratici o organizzativi.
L’impatto a Washington e su Biden
Gli attentati di Kabul – anticipati, ma non evitati, dall’intelligence statunitense – con i primi caduti Usa in Afghanistan dopo il ritorno al potere dei talebani, danno la stura a un’ondata di attacchi senza precedenti dei repubblicani contro il presidente Joe Biden, accusato di essere il responsabile, perché non avrebbe garantito la sicurezza dei militari e dei civili americani rimasti in Afghanistan.
Anche i talebani scaricano la responsabilità dell’accaduto sugli Usa, pur essendo loro ora in controllo della capitale e del Paese. Per una risposta, si valutano opzioni. Una ritorsione sul campo immediata appare problematica: Kabul e l’Afghanistan sono nelle mani dei talebani e individuare come obiettivi i militanti dell’Isis è estremamente difficile. In ogni caso, dicono gli esperti, se si colpirà lo si farà una volta completata l’evacuazione.
I repubblicani cavalcano lo scempio del ritiro dell’Afghanistan, tramutatosi in una rotta militare e politica, per chiedere le dimissioni di Biden e prospettare un procedimento di impeachment, ignorando che i presupposti di quanto sta accadendo li pose Donald Trump, negoziando una vera e propria resa con i talebani senza coinvolgere né il governo di Kabul né gli alleati.
Proprio Trump guida la carica anti-Biden: “Deve dimettersi”, dice. E chiosa: “Non dovrebbe essere un problema, visto che non è mai stato legittimamente eletto” – la sua fissa delle elezioni truccate -. Anche un deputato, Mike Garcia, chiede le dimissioni del presidente. Il senatore Lindsay Graham, un esperto di sicurezza, vorrebbe ripristinare il controllo della base di Bagram, tenuta dai talebani – sarebbe un bagno di sangue -. Nikki Haley, ex rappresentante degli Usa di Trump all’Onu e una quotata potenziale candidata repubblicana a Usa 2024, è ironica: “Biden dovrebbe dimettersi, ma Kamala Harris – la sua vice, che diventerebbe presidente, ndr – è dieci volte peggio”.
Nelle ultime settimane, diversi esponenti del partito repubblicano hanno ipotizzato l’impeachment di Biden, soprattutto se i repubblicani riusciranno a riconquistare il controllo di una o di entrambi i rami del Congresso alle elezioni di midterm del novembre 2022, fra 15 mesi. Gli eventi dell’Afghanistan possono però indurli ad accelerare i tempi o, almeno, ad alzare i toni.
The Hill, il giornale degli insider della politica statunitense, avanza una gamma di opzioni che vanno dall’impeachment alla rimozione di Biden con il 25o° emendamento della Costituzione, che stabilisce che il vice-presidente possa assumere i poteri in caso di incapacità del presidente in carica – se n’era parlato anche per Trump, nella fase finale del suo mandato, quando il magnate farneticava sulle elezioni truccate e sobillava i suoi sostenitori contro il Congresso e le istituzioni -.
La lettura dell’intelligence
Al di là delle chiacchiere strumentali dei repubblicani, destinate a rimanere tali, c’è la tragica gravità della situazione in Afghanistan. E un ex consigliere per la Sicurezza nazionale di Trump, il generale H.R. McMaster, che se ne andò in malo modo dalla Casa Bianca, non ha dubbi: l’attentato di Kabul “è solo l’inizio” ed è ciò che “succede quando ti arrendi a un’organizzazione terroristica”. McMaster, che fu in carica fra il 20178 e il 2018, critica Biden per le modalità del ritiro, ma critica pure Trump che “si fece giocare dai talebani” con l’accordo di Doha del febbraio 2020.
Per McMaster, però, non ci sono sostanziali differenze fra i terroristi dell’Isis-K (branca afghana dello Stato Islamico) e i talebani: “È tempo di smettere d’illudersi che questi gruppi siano separati… Bisogna riconoscere che sono interconnessi… Stiamo assistendo alla creazione di uno Stato terrorista e jihadista in Afghanistan e dovremo affrontare di conseguenza rischi molto maggiori”.
Foto di copertina EPA/AKHTER GULFAM