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I volti di Visegrád

Tusk: l’ex leader del Consiglio europeo vuole riprendersi la Polonia

21 Lug 2021 - Osservatorio Sociale Mitteleuropeo (Osme) - Osservatorio Sociale Mitteleuropeo (Osme)

“Sono tornato per sconfiggere il male fatto alla Polonia dal governo di Kaczyński”, queste le parole di Donald Tusk al momento di riprendere la guida di Piattaforma Civica (Platforma Obywatelska, Po), partito di centro/centro-destra a vocazione europeista.

In effetti vi è da dire che la storia politica di Tusk è strettamente intrecciata al difficile cammino europeo di Varsavia, considerando anche che l’interessato ha iniziato già da diverso tempo a rivestire cariche importanti all’interno delle istituzioni dell’Ue – presidente del Consiglio europeo dal 2014 al 2019 – e nella politica su scala comunitaria – attuale presidente del Partito popolare europeo, il Ppe -.

Un impegno che parte da lontano
64 anni, originario di Danzica, laureato in Storia all’università della sua città natale nel 1980 con una tesi su Józef Piłsudski, Donald Tusk svolge attività politica fin da quando era studente. Come tale, durante il regime comunista, dà il suo contributo all’organizzazione del Comitato Studentesco di Solidarnośč creato dopo l’uccisione a Cracovia di Stanisław Włodzimierz Pyjas, nel 1977, in circostanze rimaste dubbie, almeno secondo alcune fonti. Pyjas era membro del movimento studentesco anticomunista; ufficialmente il suo decesso fu attribuito a una caduta accidentale dalle scale.

Ma torniamo a Tusk che inizia quindi il suo percorso politico nelle file dell’opposizione giovanile all’epoca della Cortina di Ferro. Collabora con Bogdan Borusewicz, uno dei leader di Solidarnośč, anch’egli attivista dell’opposizione all’epoca del regime comunista e ora membro del Parlamento polacco (Sejm) da tre mandati, ed è anche fondatore e uno dei primi capi dell’Associazione studentesca indipendente polacca.

La sua attività politica continua anche dopo il 1989; Tusk è infatti uno dei fondatori del Congresso Liberaldemocratico (Kongres Liberalno-Demokratyczny, KLD) di cui diventa presidente nel 1991. Quello stesso anno, alle elezioni, il KLD ottiene 37 seggi alla Camera bassa e Tusk diventa membro del Parlamento. Tre anni dopo è uno dei vice-presidenti dell’Unione della Libertà (Unia Wolnosci, UW) nata dall’unione del KLD con l’Unione Democratica. Diventa senatore nel 1997 e appoggia la coalizione di Jerzy Buzek, tre anni più tardi perde la presidenza dell’Uw a favore di Bronisław Geremek e si dimette dal partito.

Nel 2001 fonda la Piattaforma Civica insieme a Andrzej Olechowski e Maciei Plaźyński, già ministro delle Finanze, il primo, nel 1992 e degli Affari Esteri tra il 1993 e il 1995, uomo politico e giurista il secondo, morto nel 2010 a Smolensk nell’incidente aereo che costò la vita all’allora presidente polacco Lech Kaczyński, alla moglie Maria e ad altre novantaquattro persone. Tusk aveva già collaborato con Plaźyński in gioventù e nel 2003 prese il posto di quest’ultimo alla presidenza del Po, carica che detiene tuttora.

Tutti i ruoli ricoperti
Due anni dopo lo troviamo nelle vesti di candidato di Piattaforma Civica alle elezioni presidenziali che vengono vinte al secondo turno da Lech Kaczyński. È nel 2007 che Po vince le elezioni con il 41% dei voti e Tusk diventa primo ministro. Nel 2011, a seguito del voto per il rinnovo del Parlamento, ottiene un secondo mandato. Come primo ministro polacco Tusk presiede il Consiglio dell’Unione europea nel periodo compreso fra il luglio e il dicembre di quello stesso anno. Si trattò del primo governo polacco impegnato ad assicurare la presidenza semestrale del Consiglio, dopo l’adesione all’Ue nel 2004. Va anche detto che le valutazioni degli osservatori sulla presidenza polacca di Tusk sono state positive malgrado le difficoltà in cui l’Unione europea si trovava in quel periodo.

Nel 2014 succede a Herman Van Rompuy in qualità di presidente del Consiglio europeo, tre anni dopo viene riconfermato per un nuovo mandato di due anni e mezzo e nel luglio del 2019 annuncia la nomina di Ursula von der Leyen come presidente della Commissione europea da parte del Vertice dei leader Ue.

Nel novembre del 2019 diventa presidente del Partito popolare europeo (Ppe), dopo che mesi prima aveva avuto luogo la sospensione del Fidesz di Viktor Orbán dalla famiglia politica del centrodestra Ue per ormai sempre più chiare incompatibilità di vedute politiche tra i due soggetti anche in termini del loro rapportarsi alle istituzioni comunitarie. Il divorzio definitivo fra i due partiti è avvenuto nel marzo di quest’anno.

Come l’Ungheria, anche la Polonia, da qualche anno si trova sotto il tiro dell’articolo 7 per leggi e politiche che sono state giudicate dai vertici dell’Ue contrarie ai valori europei e lesive dello stato di diritto, come riaffermato ancora il 20 luglio scorso dalla Commissione nel suo “Rule of Law Report” che vede proprio Varsavia e Budapest sul banco degli imputati.

Il ritorno dell’altro Donald
La relazione di Bruxelles esprime preoccupazione per le riforme dell’ordinamento giudiziario introdotte in Polonia dal 2015. Si legge nel dossier che tali riforme “che hanno ripercussioni sul Tribunale costituzionale, sulla Corte suprema, sui tribunali ordinari, sul Consiglio nazionale della magistratura e sulla procura, hanno aumentato l’influenza del potere esecutivo e del potere legislativo sul sistema giudiziario e hanno quindi indebolito l’indipendenza della magistratura”.

Tale stato di cose ha portato la Commissione ad avviare, nel 2017, la procedura relativa al già citato articolo 7 e, nel 2019 e nel 2020, a promuovere nuove procedure di infrazione contro la Polonia. Il documento rende chiare le preoccupazioni della Commissione anche in altri ambiti, come quello mediatico che vede notevolmente a rischio la sua indipendenza e quello della società civile che il dossier definisce “dinamica” e che, tuttavia, appare sottoposta a pressioni da parte del potere.

Donald Tusk ha ripreso le redini di Piattaforma civica il 3 luglio scorso, per opporsi in modo diretto alle politiche messe in atto dal governo del PiS (Diritto e Giustizia, Prawo i Sprawiedliwość) presieduto da Mateusz Morawiecki sotto la regia dell’onnipresente Jaroslaw Kaczyński e dare il suo contributo alla tutela dello stato di diritto. La scelta di riprendere la guida di Po è funzionale alla campagna elettorale per le elezioni del 2023 in vista delle quali Tusk intende incoraggiare le propensioni europeiste esistenti nel suo Paese contro il conservatorismo nazionalista e gli atteggiamenti ostili del PiS e dei suoi sostenitori nei confronti dell’Ue. A questo proposito il leader del Po ha criticato il partito governativo per l’indebolimento della posizione internazionale della Polonia e soprattutto per i conflitti con i Paesi confinanti e con Bruxelles.

Foto di copertina EPA/WOJCIECH OLKUSNIK

Nel 30esimo anniversario dalla creazione del Gruppo di Visegrád (che abbiamo ricordato qui), AffarInternazionali cura un ciclo di approfondimenti sui volti che popolano l’universo dei quattro Paesi che fanno parte della formazione (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca), in collaborazione con l’Osservatorio sociale mitteleuropeo (Osme).