IAI
I 55 anni dello IAI

L’Istituto visto dai suoi ricercatori

12 Lug 2021 - Ottavia Credi - Ottavia Credi

Per festeggiare l’anniversario dei 55 anni dalla sua fondazione, lo scorso 8 luglio l’Istituto Affari Internazionali ha inaugurato la sua nuova sede, con ospiti di rilievo italiani ed europei, rappresentanti del mondo delle istituzioni, dell’industria e dei think tank. In tale occasione, ho avuto il piacere di concludere il convegno cercando di portare la prospettiva del gruppo di giovani ricercatori dell’Istituto.

Il mio primo periodo allo IAI è stato insolito: ho iniziato a lavorare come ricercatrice junior nel febbraio 2020, quando l’Istituto era ancora nella sede di via Angelo Brunetti, due settimane esatte prima del lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19. Ancora prima di familiarizzare con il nuovo ambiente e conoscere tutti i miei colleghi, ho dovuto salutarli fino a nuovo avviso e, di fatto, iniziare il mio nuovo lavoro dal tavolo della cucina. Ciononostante, il team con cui collaboro è stato in grado non solo di spiegarmi il lavoro da fare, ma anche di integrarmi nel gruppo, seppur a distanza.

La vera vita di Istituto è per me iniziata pochi mesi fa, nella nuova sede dello IAI, in via dei Montecatini. Oltre ad avere finalmente l’occasione di lavorare a contatto con i colleghi dei Programmi in cui sono inserita (Difesa & Sicurezza), il vero valore aggiunto di ricominciare in presenza è stato conoscere tutti gli altri ricercatori, l’Amministrazione, la Progettazione, tutti i collaboratori. È infatti attraverso conversazioni, anche di corridoio, che si scoprono interessi comuni tra di noi, spesso trasversali, che vanno a beneficio della collaborazione interna all’Istituto.

Ottavia Credi

La possibilità di lavorare con team diversi è uno dei grandi punti di forza dello IAI. Ma non l’unico: oltre metà delle persone che lavorano allo IAI ha meno di 40 anni, è un ambiente con prevalenza femminile, e raccoglie storie di esperienze vissute in tutto il mondo. Nonostante io stessa sia felice e grata dei miei soggiorni tra Londra, Budapest, Washington e Bruxelles, mi sento particolarmente fortunata ad avere l’opportunità di fare il lavoro per cui ho studiato nel mio Paese.

In poco più di un anno allo IAI, ho avuto l’occasione di lavorare su progetti e tematiche diverse – dalla protezione delle infrastrutture critiche alla difesa cibernetica, dalla non-proliferazione missilistica alle emergenze radiologiche e nucleari -. La varietà di questi progetti è resa possibile dalle tante collaborazioni che l’Istituto porta avanti con partner italiani, europei e internazionali, che ci permettono di fare una ricerca mirata, che vuole avere un impatto concreto sulle politiche.

Oltre a presentare le attività e gli studi ai quali lavora, un ricercatore dell’Istituto – anche junior – ha la possibilità di pubblicare le proprie ricerche su portali e testate diverse, sia in italiano sia in inglese. Le attività non si limitano, però, alle mura dello IAI: quando è finalmente stato possibile farlo in sicurezza, ho avuto l’opportunità di fare una trasferta all’estero, insieme a partner di tutta Europa, nel contesto di uno dei progetti ai quali stiamo lavorando. Dopo mesi di conferenze online, è stata una ventata di aria fresca poter andare a fare una domanda ad un relatore dopo il suo intervento di persona, piuttosto che dover ricorrere a una chat, e parlare con i colleghi di progetto provenienti da altri centri di ricerca, università, imprese e istituzioni.

Con la sua nuova sede nel centro della capitale, lo IAI offrirà sempre più occasioni di questo tipo, e l’evento di giovedì scorso ha dimostrato l’energia, entusiasmo e dedizione di chi vi lavora: sia chi lo IAI l’ha costruito, sia chi – come me – è appena entrato a farne parte.

Per celebrare il 55esimo anniversario dello IAI e l’inaugurazione della nuova sede, l’Istituto Affari Internazionali ha ospitato la conferenza “Italy, Europe and The World: Revival and Transition”: trovate tutto sul sito dello IAI, appena rinnovato.