La costruzione europea si fonda su una forte dimensione sociale
In un precedente scritto su AffarInternazionali del dicembre 2017 avevo affermato che gli obiettivi sociali sono gli stessi su cui si fonda tutta la costruzione comunitaria e che essi si leggono in filigrana nei Trattati dell’Unione e, del resto, anche nel Trattato Cee originario. Il Pilastro europeo dei diritti sociali, approvato nel novembre 2017, ha collocato la dimensione sociale “nel più ampio dibattito sul futuro dell’Unione”. Si può dire che esso contenga la sintesi dell’attività dell’Unione in campo sociale. Un tema affrontato anche di recente in occasione di un seminario dell’Associazione italiana giuristi europei (Aige).
La Commissione ha presentato il 4 marzo 2021 un Piano d’azione, che enuncia alcuni obiettivi fondamentali da realizzare entro il 2030: dare un lavoro ad almeno il 78% degli adulti (20-64 anni); assicurare la partecipazione a corsi di formazione ad almeno il 60% degli adulti; ridurre di almeno 15 milioni il numero delle persone a rischio di povertà o di esclusione sociale.
In attuazione del Pilastro la Commissione europea ha intrapreso una serie di iniziative e presentato varie proposte di atti normativi. Si possono ricordare: la strategia per la parità di genere 2020-2025; il sostegno dell’occupazione giovanile; la proposta di direttiva sui salari minimi adeguati; la proposta di direttiva sulla trasparenza retributiva; la strategia per i diritti dei disabili; la strategia europea dei diritti dei minori; la proposta di raccomandazione del Consiglio che stabilisce una garanzia europea per l’infanzia.
Il legame con le politiche macroeconomiche
Particolarmente significativa la Comunicazione del 14 gennaio 2020, “Un’ Europa sociale forte per transizioni giuste”, nella quale la Commissione aveva evidenziato lo stretto legame tra la dimensione sociale e le modifiche da realizzare nella struttura economica dell’Unione e individuava come quadro di riferimento proprio il Pilastro sociale. Nella stessa linea si è posto, all’interno di Next Generation EU, il Dispositivo europeo di ripresa e resilienza, che contiene numerosi riferimenti ai temi sociali. Per tradurre in azioni concrete le indicazioni del Dispositivo il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno approvato il 12 febbraio 2021 il regolamento 2021/241, che costituisce il quadro giuridico e finanziario del Piano.
Questo regolamento in più punti del lungo preambolo e nell’articolato fa costante riferimento a temi sociale: coesione sociale e territoriale; lotta alla povertà e alla disoccupazione; occupazione ; investimenti a favore dell’infanzia (asili nido) e dei giovani; istruzione.
Il Piano italiano (Pnrr) si muove evidentemente nella stessa ottica. Delle sei missioni in cui esso si articola, infatti, tre riguardano la dimensione sociale (intesa in senso ampio): la 4 (istruzione e ricerca); la 5 (coesione e inclusione); la 6 (salute).
La deriva intergovernativa
Anche per il Piano, come per il Pilastro, ci si dovrebbe attendere che si traducano in strumenti concreti le numerose proposte in esso contenute, ma purtroppo le decisioni seguono in gran parte il metodo, anzi, come detto più volte, la “deriva” intergovernativa. È questo il nodo centrale, che sarebbe auspicabile fosse superato con le riforme da apportare a seguito della Conferenza sul futuro dell’Europa. Ma un’altra svolta fondamentale sarà il superamento della concezione “economicistica”, che ha prodotto, in un recente passato, il Patto di stabilità e crescita, dal quale, in verità, la crescita è letteralmente “fuggita”.
Si potrebbe incominciare, per la sua funzione redistributiva, con l’istituzione del finanziamento comunitario dell’indennità di disoccupazione, che ha trovato una risposta parziale nell’iniziativa Sure, che finanzia (con circa 100 miliardi di prestiti) una sorta di cassa integrazione europea. La Dichiarazione di Porto del maggio 2021 lascia sperare in una nuova prospettiva, quando afferma che “l’Europa… deve esser il continente della coesione sociale e della prosperità” e riafferma “l’impegno a lavorare per un’“Europa sociale”.
Dai documenti e dalle prese di posizione delle istituzioni europee sembra emergere una diversa impostazione, che pone al centro la dimensione sociale come fattore essenziale di crescita dell’Unione e suo contenuto identitario.
Foto di copertina ANSA/FILIPPO ATTILI/US PALAZZO CHIGI