Adesso Stati Uniti e Santa Sede remano nello stesso oceano
Chi ha la missione di navigare sulla barca di Pietro sa che i nodi non sono tutti uguali. Dai più semplici ai più complessi, ognuno con la sua funzione. Il nodo del rapporto tra Stati Uniti e Santa Sede resta e resterà per sempre: due imperi, entrambi con vocazione universale, difficilmente possono stare dalla stessa parte su ogni questione. Ma i nodi, come detto, possono essere diversi. Durante l’amministrazione di Donald Trump, tra Washington e Vaticano si era creato un nodo d’arresto: avvolti su se stessi e con evidenti difficoltà di comunicazione, i due si sono ritrovati allacciati in un rapporto senza vie d’uscita. Nessun filo riusciva a districarsi dal nodo. Con l’elezione di Joe Biden alla Casa Bianca, nel novembre dello scorso anno, e la nomina di Antony Blinken come segretario di Stato, il nodo sembra essersi fatto di congiunzione.
Alcune vedute opposte, insomma, rimangono tali. L’aggroviglio di posizioni non è negato, ma i fili possono allentarsi un po’ di più dal centro. Del resto, ai nodi di congiunzione si chiede di essere facilmente sciolti. Non siamo ancora a quel punto, ma la visita di Blinken in Vaticano, ricevuto da papa Francesco a differenza del suo predecessore Mike Pompeo, va in questa direzione. Dopo il primo approccio della presidenza democratica grazie al summit tra il pontefice e John Kerry, l’ex candidato cattolico oggi inviato speciale di Biden per il clima, il faccia a faccia con Blinken getta le basi per l’incontro che il presidente statunitense avrà con Bergoglio nei prossimi mesi. Quello sì che potrebbe essere un punto di svolta. Anche se, va ricordato, le spaccature della comunità cattolica statunitense non si ricomporranno per volontà di un solo uomo. Soprattutto se quell’uomo è il fake Catholic – così com’è stato spesso rinominato da parte dei più conservatori – Joe Biden.
L’agenda globale e i problemi internazionali
I principali punti di convergenza tra gli Stati Uniti di Biden e la Chiesa di Francesco sono quelli dell’agenda globale. Bergoglio e Biden, negli ultimi mesi, hanno avuto modo spesso e volentieri di mettere al centro del proprio discorso problemi di rilevanza mondiale: accessibilità universale alla vaccinazione, un’azione multilaterale sempre più intensa contro il cambiamento climatico e il fenomeno delle migrazioni. Su questi, Blinken e Francesco, nel loro colloquio durato una quarantina di minuti, hanno avuto modo di ricostruire quantomeno quei rapporti cordiali che Washington e Vaticano, durante la presidenza Trump, faticavano a mantenere.
È certamente più complesso scendere nel dettaglio. Se l’agenda globale allenta il nodo, i singoli problemi internazionali lo riallacciano. Come hanno riportato alcune fonti vaticane, il confronto si è spinto anche su quelle hot button issues, le questioni più controverse in grado di scatenare immediate reazioni. Dalle crisi umanitarie e politiche in Libano, Etiopia e Bielorussia e il quadro geopolitico del Medio Oriente, arrivando sino al Venezuela. Su Caracas, il portavoce Ned Price ha garantito l’impegno degli Stati Uniti per garantire un rapido ritorno alla democrazia, mentre la Santa Sede, negli anni passati, ha sempre mantenuto un atteggiamento più prudente, volto a ricercare il dialogo tra governo e opposizioni.
Ancor più ingarbugliato il sentiero verso la Cina. L’accordo provvisorio tra Pechino e Vaticano, stipulato nel 2018 e riconfermato nel 2020, testimonia la volontà della Chiesa di Francesco di mantenere aperti i canali di comunicazione con la Cina, nonostante l’opacità del governo di Xi Jinping sui casi della minoranza uigura, di Hong Kong e della persecuzione dei cattolici che, in alcune zone del Paese, va avanti. Gli arresti di un vescovo e di alcuni sacerdoti nella prefettura apostolica dello Xinxiang, avvenuti poco più di un mese fa, hanno allarmato e irrigidito la Santa Sede. Il dialogo rimane, ma gli Stati Uniti hanno saputo approfittare dello stallo, inserendosi nelle perplessità vaticane invocando libertà religiosa e tutela dei diritti umani.
Il passo indietro dei vescovi americani
Quasi impossibile per Blinken e Francesco non affrontare anche la questione del voto dei vescovi statunitensi sul significato dell’eucaristia e sulla convenienza di far partecipare al sacramento della comunione quei politici pro-choice come Biden. È vero, poco prima dell’incontro tra i due, la Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha rilasciato un documento nel quale viene specificato come, in vista della nuova assemblea di novembre, “non vi sarà alcuna politica nazionale volta a negare la comunione a politici”. Ma è altrettanto vero che, nella riunione di giugno, sono stati 168 i vescovi favorevoli alla stesura di alcune linee guida sull’eucaristia per i politici favorevoli all’aborto. La rottura, per il momento, è evitata. La comunità cattolica statunitense, però, resta fortemente polarizzata.
La visita di Blinken, come ha specificato Matteo Bruni, direttore della sala stampa vaticana, è stata un’occasione per Francesco per “ricordare il viaggio compiuto nel 2015” in America e per “esprimere il suo affetto e la sua attenzione al popolo degli Stati Uniti”. Il nodo c’è e continuerà a esserci. Ma Washington e Vaticano, almeno per i prossimi tre anni, sembrano remare nello stesso oceano.
Foto di copertina ANSA/ VATICAN MEDIA