Dal G7 all’Ue passando per la Nato: una missione per rilanciare il multilateralismo
Nel suo primo viaggio all’estero, il presidente americano Joe Biden sarà impegnato per circa una settimana in Europa, a partire dal 10 giugno. Il lungo periplo europeo è solo in parte una scelta imposta dal calendario di alcuni incontri internazionali. Corrisponde però anche al desiderio del presidente americano di restituire centralità all’Europa nella nuova agenda di politica estera americana.
In un articolo a sua firma uscito qualche giorno fa sul Washington Post, Biden ha sinteticamente indicato le sue aspettative per i vari vertici in cui sarà impegnato in Europa. Con il suo incontro con il primo ministro britannico Boris Johnson alla vigilia del G7, Biden si propone di rilanciare la “relazione speciale” con il Regno Unito dopo la Brexit. Con la partecipazione al Vertice del G7 in Cornovaglia, il presidente americano intende valorizzare il ruolo delle maggiori democrazie del mondo e consolidare alcune significative convergenze su un certo numero di sfide globali: dal rilancio dell’economia su basi sostenibili nella fase post-Covid al contrasto del cambiamento climatico, dalla lotta alle pandemie alla tassazione delle multinazionali.
Il Vertice della Nato a Bruxelles sarà l’occasione per confermare l’impegno americano sulla perdurante validità dell’articolo 5 del Trattato e sulla sicurezza degli alleati, ma anche per sensibilizzare gli europei sulle priorità americane (i rapporti con la Cina e le nuove minacce non convenzionali). L’incontro con i vertici delle istituzioni dell’Unione europea dovrebbe consentire di verificare solidarietà e convergenze sulle sfide globali e sui rapporti con Pechino e Mosca. E infine il vertice bilaterale di Ginevra con il presidente russo Vladimir Putin, l’incontro che riserva maggiori incognite, servirà per verificare se e in quali condizioni si potrà proseguire nei confronti della Russia sul doppio binario della deterrenza e del dialogo.
Per Biden, quindi, una lunga missione in Europa all’insegna del rilancio del dialogo e del multilateralismo e di un ritrovato rapporto con gli europei. L’idea di fondo di questa prima uscita sulla scena internazionale di Biden è quella di trasmettere un chiaro e rassicurante messaggio: dopo la parentesi destabilizzante dei quattro anni di Trump alla Casa Bianca, gli Usa sono tornati a fare la loro parte e ad assumersi le loro responsabilità sulla scena internazionale ,in un quadro di dialogo e concertazione con i partner naturali dell’America.
Difficile però attendersi risultati spettacolari, anche perché in certe occasioni i contatti personali e la stessa partecipazione in persona contano più delle conclusioni (che vengono negoziate minuziosamente e in anticipo). Non sarà neppure tutto in discesa. E non mancheranno temi controversi o questioni su cui la piena sintonia con gli europei è ancora da realizzare.
Al G7, ad esempio, si confermerà l’impegno per una tassa minima globale sui profitti delle grandi multinazionali. Ma le difficoltà verranno in seguito quando si andranno a definire i dettagli (ancora problematici) di questo solenne impegno di principio. E quando soprattutto si cercherà di estendere l’accordo (per ora solo di principio) ad altri Paesi finora non coinvolti nella intesa. Sempre al G7, in materia di cambiamento climatico si potrà registrare il ritorno degli Usa negli Accordi di Parigi; e non dovrebbe essere troppo complicato in quella sede concordare obiettivi ambiziosi. Ma la vera sfida sarà quella di coinvolgere su questi obiettivi altri grandi Paesi non membri del G7, ma responsabili di significative quote di emissioni di carbonio; o di trovare convergenze in materia di distribuzione dei costi della transizione energetica.
Il Vertice della Nato potrà prendere atto con soddisfazione del rinnovato impegno americano in materia di sicurezza collettiva dell’Alleanza; e dovrebbe senza difficoltà concordare un mandato per l’elaborazione di un nuovo “concetto strategico” per l’Alleanza, che tenga conto del nuovo contesto internazionale e delle nuove sfide non convenzionali (dalla sicurezza cyber, all’intelligenza artificiale alle guerre informatiche). Potrebbe essere più problematico convincere gli alleati europei ad assumersi pienamente le loro responsabilità in materia di difesa e di relativi bilanci. E resta da verificare quanto Biden voglia utilizzare anche la Nato per coinvolgere gli europei in una strategia condivisa di contenimento della Cina; e quanto gli europei si manifestino disponibili a coinvolgere la Nato in un confronto a tutto campo con la Cina.
Nell’incontro con i presidenti del Consiglio europeo e della Commissione verrà certamente riconosciuto che il dialogo con questa Amministrazione americana è più facile e costruttivo che con la precedente. E che i risultati già cominciano a vedersi, ad esempio con le ritrovate convergenze sul cambiamento clima, sul ruolo del Wto, o sulla tassazione delle grandi società. Ma tra Bruxelles e Washington restano differenze di sensibilità su vari temi. Sui contenziosi commerciali siamo in presenza di una tregua più che di una accordo vero proprio. Cina e Russia sono considerate in Europa Paesi complessi e sfidanti, distanti anni luce in tema di valori e principi, ma anche partnerseconomici importanti e interlocutori non rinunciabili per crisi regionali e sfide globali. E gli europei restano scettici sull’idea, cara a Biden, di un fronte unito (o di una stabile alleanza) delle democrazie contro le autocrazie. Permangono poi divergenze sulla sospensione dei brevetti sui vaccini, e diffidenze reciproche in materia di regolamentazione di tecnologie digitali e “disruptive”, e di intelligenza artificiale.
Ma sarà il bilaterale con Putin a costituire l’occasione più impegnativa per Biden; e le premesse lasciano poco spazio ad ottimismi di facciata. Il trattamento delle opposizioni interne, il sostegno al regime autoritario di Lukashenko in Bielorussia, l’assenza di progressi sul conflitto nelle province orientali dell’Ucraina, le interferenze russe su processi democratici interni negli Stati Uniti, sono state occasioni anche recenti di scontro con Mosca, e sono altrettante conferme della distanza che separa la Russia di Putin dagli Stati Uniti (e dall’Occidente più in generale). Difficile accreditare eccessive aspettative per questo incontro.
Ma sarà comunque importante che i due presidenti si vedano, evitino che le divergenze su questioni di principio blocchino il dialogo, e magari riescano a concordare un’agenda minima di impegni di reciproco interesse: dall’avvio di una interlocuzione sulla stabilità strategica, ad una ripresa dei negoziati su disarmo e controllo degli armamenti nucleari (a partire dall’incerto destino dell’Accordo Inf); dalla definizione di un percorso che consenta di conferire maggiore stabilità e prevedibilità alle relazioni bilaterali complessive, all’impegno per una maggiore collaborazione su crisi regionali e sfide globali.
Foto di copertina EPA/Samuel Corum / POOL