Myanmar: la giunta militare prova a mettere fuori gioco Aung San Suu Kyi
Le notizie sul procedimento penale che vede accusata Aung San Suu Kyi, arrestata nel colpo di Stato dei militari in Myanmar, lasciano aperti vari interrogativi formali e sostanziali sul comportamento della giunta militare in Myanmar. Oltre ai punti di domanda giuridici su come possano essere istruite e costruite le accuse che i militari muovono alla principale esponente della Lega Nazionale per la Democrazia (Lnd), sorge legittimamente l’interrogativo sul peso che l’intentata azione penale contro Aung San Suu Kyi e i dirigenti a lei più vicini avrà nel panorama internazionale.
Il fatto che l’esecutivo militare si stia “sforzando” di produrre accuse convincenti è sintomatico della volontà di mostrarsi affidabili in campo internazionale, ovvero di mantenere una certa ombra di smart power, la legittimazione giuridica internazionale per chi detiene il potere.
Dopo l’arresto di Aung San Suu Kyi e di gran parte dei dirigenti del suo partito, il governo militare autore del putsch e diretto da Min Aung Hlaing, generale del Tatmadaw (il tanto influente esercito del Myanmar), ha iniziato a formalizzare una serie di gravi accuse contro i detenuti, in particolare contro la premio Nobel per la pace. Nei primi mesi di detenzione la ex-consigliera del governo (questa la sua carica, dal momento che non poteva ricoprirne una ufficiale) era stata formalmente accusata di fatti non eccessivamente rilevanti, come la violazione sulle leggi di importazione o l’infrazione delle norme di contenimento della pandemia. Tuttavia, poco più di una settimana fa, le è stata formalizzata un’accusa di corruzione e abuso in atti di ufficio che avrebbe commesso accettando tangenti. Quest’ultima imputazione potrebbe farle rischiare una condanna a 15 anni di carcere.
Una strategia dei militari?
L’avvocato di Aung San Suu Kyi, Khin Maung Zaw, definisce l’ultima accusa come “assurda”, aggiungendo che il governo militare ha chiaramente tutta l’intenzione di mettere definitivamente fuori gioco la donna che è stata per anni il simbolo del cambiamento in Myanmar, pur fallendo una volta ottenuto il potere. A partire da marzo, oltre alle violenze perpetrate dai militari e ripetutamente condannate dalla comunità internazionale, è fortemente probabile che l’esercito abbia lanciato una campagna di eliminazione degli oppositori politici legati alla Lnd, dando contemporaneamente il via a un’apparente posizione d’apertura verso alcune organizzazioni internazionali.
Esempio di questa apertura, è stato l’incontro fra il generale Min Aung Hlaing e il presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa, avvenuto con lo scopo di monitorare la situazione umanitaria in un Paese sconvolto dalle proteste che potrebbero aumentare la diffusione del virus, mentre lentamente inizia la somministrazione del vaccino indiano. Anche in ambito Asean la giunta militare ha riattivato le attività diplomatiche di vertice dopo lo shock del colpo di Stato.
L’isolamento e l’eliminazione in sordina dei vertici della Lnd, la discreta attività diplomatica e la costruzione di un impianto giuridico contro Aung San Suu Kyi, sono quindi tutti aspetti da considerare per definire la narrativa del regime che sta ormai prendendo forma. Tutto fatto nell’ottica di una nuova rappresentazione della riproposta dirigenza militare del Myanmar sulla scena internazionale.
L’atteggiamento cinese
Molti attori internazionali come gli Stati Uniti, il Canada, il Regno Unito e l’Unione europea, hanno condannato e proposto sanzioni mirate contro il governo militare. La Cina, con mirabile atteggiamento diplomatico, è rimasta in linea, da una parte con la propria postura generale di non interferenza e dall’altra con gli interessi sul territorio del Myanmar, in rappresentanza di un complesso quadro di relazioni economiche con i Paesi Asean che necessitano di una sostanziale stabilità politica.
Pechino,infatti, ha mantenuto una certa neutralità nei palcoscenici internazionali, pur dando segnali di propendere per un ritorno ad una stabilità almeno istituzionale. L’ambasciatore cinese in Myanmar Chen Hai, ha infatti ribadito in un’intervista che la situazione di violenza attuale è assolutamente ciò che la Cina non vorrebbe vedere in un Paese alleato, e che la Cina ha buoni rapporti con la Lnd. Gran parte degli analisti di politica internazionale ribadiscono che la vicinanza (per interessi economici) della Cina con la Lnd e la formalizzazione di accuse sempre più stringenti contro la sua più alta rappresentante, potrebbero far pendere l’atteggiamento della dirigenza cinese contro il Tatmadaw.
Tuttavia, data la situazione, con i militari che sembrano avere una strategia e che la situazione si protrae da tempo, potrebbero esserci colpi di scena.
Foto di copertina EPA/HEIN HTET