Kurz è in difficoltà, ma il governo con i Verdi in Austria per ora regge
La prospettiva di una coalizione fra democristiani e Verdi dopo le elezioni del prossimo 26 settembre in Germania trova un precedente nell’alleanza Kurz-Kogler al governo in Austria dal gennaio 2020. Ma le somiglianze si fermano qui.
I Verdi tedeschi sono ormai il secondo partito, avendo largamente superato i socialisti (25% contro 15% circa) e puntano a una coalizione paritaria; non si esclude anzi l’eventualità di un sorpasso sulla Cdu-Csu, nel qual caso Annalena Baerbock potrebbe essere la prossima cancelliera. I Verdi austriaci, per contro, non possono sperare di uscire dalla loro condizione di junior partner: sono il quarto o il quinto partito (come i Neos, liberali, oscillano fra il 10 e il 12%), e il rapporto di forze con l’alleato è di 1 a 3.
Questa debolezza ha impedito loro di incidere in modo apprezzabile sull’azione di governo, e ciò ha appannato la loro immagine di partito ecologista. Non ha giovato loro l’inadeguatezza dimostrata da qualche loro esponente sia nella compagine di governo nazionale, sia nella coalizione di sinistra che governa la capitale. Tanto è vero che a Vienna il socialista Michael Ludwig, li ha recentemente sostituiti con i Neos, i quali con l’occasione si sono scoperti un’anima passabilmente ambientalista. L’opzione che Kurz ha di fare altrettanto a livello statale priva il verde Kogler di ogni potere negoziale.
Cancelliere nell’angolo
In declino appare anche la stella dello stesso Kurz, in quanto invischiato in vicende di nepotismo e presunta corruzione che deludono chi aveva creduto nel “nuovo stile di governo” da lui promesso. Non pochi commentatori arrivano a prevedere sue dimissioni ed elezioni anticipate nel prossimo autunno. Urne che non confermerebbero la maggioranza assoluta raggiunta dai due partiti dell’attuale coalizione nel 2019. Possibile, ma non molto probabile.
I guai del giovane e brillante cancelliere nascono dalla commissione di inchiesta parlamentare voluta dalle opposizioni a seguito dello scandalo “Ibiza” che aveva travolto l’allora capo del partito nazionalista Fpö e offerto a Kurz l’occasione per liberarsi dalla scomoda alleanza. Oggetto dei lavori doveva essere il presunto clima di corruzione sotto il governo Övp-Fpö, quale emerso dalle incaute dichiarazioni fatte a Ibiza da Heinz-Christian Strache sul finanziamento illegale dei partiti mediante versamenti di somme ad associazioni ad essi legate di fatto ma non ufficialmente.
L’astio dei partiti di opposizione ha, paradossalmente, portato a spostare i riflettori della Commissione dall’osceno spettacolo di uno Strache pronto a vendersi a una presunta oligarca russa, rivolgendoli a un paio di peccati tutto sommato veniali delle due figure chiave del partito di maggioranza relativa e del governo in carica.
Due scandali in uno
La prima accusa riguarda un passo fatto nel 2017 da Gernot Blümel (oggi ministro delle Finanze) presso l’amico Sebastian Kurz (allora titolare degli Esteri) per fare avere un appuntamento con un suo funzionario ad un dirigente della Novomatic ai fini di un appoggio diplomatico presso le autorità italiane per dirimere una questione fiscale. Una filiale del colosso austriaco delle sale da gioco e video-lotterie rischiava di dover pagare circa 60 milioni al fisco italiano, cifra poi ridotta a 20. Ci sono indizi, ma non prove, di una contestuale offerta di donazione al partito da parte della Novomatic; e l’ipotesi di un interessamento di Kurz durante un colloquio di quei giorni con il suo omologo italiano, Angelino Alfano.
Il secondo guaio in cui il ministro delle Finanze ha trascinato Kurz è l’aiuto dato al suo amico Thomas Schmid per scalare l’ambito posto di presidente della Öbag, la holding delle partecipazioni statali. Schmid non era la persona più qualificata, ma era pur sempre il segretario generale del dicastero guidato da Blümel. Interrogato in proposito dalla commissione, Kurz aveva risposto di non essersi occupato della cosa, pur essendone informato. Da messaggi chat risulterebbe invece un suo blando sostegno a quella candidatura. La colpa di Kurz, per cui secondo i partiti di opposizione meriterebbe di essere mandato a casa, sarebbe dunque quella di aver mentito alla commissione d’inchiesta. Più che di dichiarazioni mendaci si dovrebbe parlare di reticenza.
Assai meno scandalizzata è la maggior parte dell’opinione pubblica. Nei sondaggi il partito di Kurz perde 3-4 punti percentuali rispetto al trionfo elettorale del 2019, ma è comunque attestato al 34% circa, contro il 23 dei socialisti e il 16-17 dell’Fpö.
Ma l’esecutivo non cadrà
Degno di nota è invece l’accanimento della Procura anti-corruzione, che sospetta finanziamenti illegali. Ai fini di tale indagine è arrivata a ordinare la perquisizione dell’appartamento del ministro delle Finanze e la consegna di tutta la corrispondenza elettronica del suo dicastero. Non avendo Blümel dato seguito con la debita sollecitudine, si è rivolta alla Corte costituzionale, la quale ha chiesto al capo dello Stato – altro fatto senza precedenti – di ingiungere al ministro di ottemperare.
Potrebbe una eventuale incriminazione del cancelliere per falso, o addirittura una sua condanna, spingere i Verdi a far cadere il Governo? Sarebbe autolesionistico, per loro come per i popolari, andare a nuove elezioni in un momento di debolezza. Ma non lo si può escludere. Rischierebbero più di Kurz, il quale tornerebbe a vincere sia pure con qualche deputato in meno, e avrebbe varie opzioni: rifare la coalizione con loro aggiungendovi i Neos, oppure mandarli all’opposizione e tornare all’alleanza di larghe intese con i socialisti.
Fpö sempre più a destra
L’alternativa, un’ammucchiata destra-sinistra (secondo il modello israeliano di questi giorni) pur di silurare Kurz, esiste solo sulla carta. L’ha invocata, poco credibilmente, Herbert Kickl, capo dell’ala radicale dell’Fpö. Che la attuale leader dei socialisti, Pamela Rendi-Wagner, possa decidere di collaborare con lui piuttosto che con Kurz è assai poco plausibile. Lo stesso dicasi dei Verdi.
La decisione di Norbert Hofer (quello che mancò per poche migliaia di voti l’elezione a presidente della Repubblica nel 2016) di dimettersi da capo dell’Fpö, perché stanco della continua guerriglia del suo rivale Kickl, apre ora a quest’ultimo la strada della leadership. Ma colloca ancora più a destra il partito e allontana le sue prospettive di alleanze di governo. Anche quella di una riedizione della coalizione Övp-Fpö (2017-2019), che avrebbe potuto sopravvivere allo scandalo Ibiza una volta estromesso Strache, ma fu affondata da Kurz per incompatibilità proprio con l’allora ministro dell’Interno Kickl.
Foto di copertina EPA/CHRISTIAN BRUNA