In Iran inizia il dopo Rouhani: tutto pronto per la presidenza Raisi
Il 25 maggio scorso, il ministro degli Interni dell’Iran ha annunciato la lista dei sette candidati che correranno alle elezioni presidenziali di venerdì 18 giugno, quando tutti i cittadini maggiorenni saranno chiamati alle urne per scegliere il successore di Hassan Rouhani, attualmente a capo della Repubblica islamica. Il presidente uscente è al suo secondo mandato consecutivo, il massimo previsto dalla Costituzione, e non potrà quindi ricandidarsi. Ma si preannuncia una bassa affluenza.
I sette sfidanti sono stati selezionati dall’Agenzia per il monitoraggio delle elezioni (Ema) tra 592 candidati. L’Ema è un organo controllato direttamente dal Consiglio dei Guardiani, un gruppo di dodici membri che godono del potere di “supervisione approvativa” e che sono strettamente legati ad Ali Khamenei, attuale Guida Suprema dell’Iran.
L’Ema ha il compito di fare una preselezione dei candidati, passando al vaglio centinaia di proposte. Anche a questa tornata elettorale, tutte le 40 candidate sono state escluse, così come numerosi nomi importanti. Inoltre, il Consiglio non esprime mai le motivazioni del diniego, ma sostiene di riferirle privatamente ai singoli candidati.
I sette candidati
Ebrahim Raisi (1960): conservatore, attualmente capo della magistratura iraniana e membro dell’Assemblea degli Esperti, l’organo statale incaricato di nominare la Guida Suprema. Raisi è una figura molto controversa a causa di alcuni episodi che hanno segnato la sua carriera, primo fra tutti l’esecuzione di migliaia di prigionieri politici nel 1988. Nonostante ciò, ha sempre ricoperto ruoli di primaria importanza nella magistratura del Paese, oppure legati a organismi religiosi. Gode di molto prestigio in Iran e non è un volto nuovo per le elezioni presidenziali. Raisi ha infatti partecipato anche alla tornata elettorale del 2017, in cui è arrivato secondo con il 38,3% di voti dopo il 57% di Hassan Rouhani. Date le numerosissime squalifiche dell’Ema, Raisi ha la strada abbastanza spianata verso la vittoria, ed è anche considerato il candidato favorito dell’establishment. Inoltre, è importante sottolineare come Raisi sia considerato uno dei più probabili successori dell’ormai anziano Khamenei, attuale Guida Suprema del Paese.
Amir-Hossein Ghazizadeh Hashemi (1971): conservatore, medico chirurgo, legislatore di lunga data e attualmente primo vicepresidente del Parlamento, di cui è membro dal 2008. Hashemi rappresenta la circoscrizione elettorale di Mashhad e Kalat, nel nord est del Paese. Da sempre estremo oppositore del dossier sul nucleare e dell’accordo Jcpoa, Hashemi porta avanti una campagna elettorale basata sul dialogo fra amministrazione e cittadini. È il più giovane candidato di queste elezioni e dovrà fronteggiare gli altri candidati conservatori.
Abdolnaser Hemmati (1956): moderato, professore associato di economia presso l’università di Teheran e governatore della Banca Centrale dell’Iran dal 2018 al 30 maggio scorso. Sotto la presidenza di Ahmadinejad e Rouhani ha ricoperto importanti ruoli alla guida di numerose istituzioni, fra cui: l’Islamic Republic of Iran Broadcasting (IRIB), che possiede il monopolio radiofonico e televisivo iraniano, l’istituto centrale di assicurazione dell’Iran e alcune fra le più importanti banche iraniane. È considerato un tecnocrate e ha dimostrato negli anni la capacità di destreggiarsi fra i vari poli di potere iraniani. Le sue indubbie competenze economiche sarebbero di grande supporto al Paese, e nonostante la poca esperienza politica, potrebbe attrarre una parte dell’elettorato di Rouhani. Tuttavia, negli ultimi tempi la presidenza uscente non gode di buona fama, in quanto considerata una delle cause dell’attuale crisi in cui versa l’Iran.
Saeed Jalili (1965): conservatore, politico e diplomatico di lunga data, è attualmente membro del Consiglio per il Discernimento, un organo statale istituito per mediare le controversie fra Parlamento e Consiglio dei Guardiani e che funge da supporto alla Guida Suprema. È considerato un fedele alleato di Khamenei, grazie al cui appoggio ha avuto accesso ad alcune cariche istituzionali di alto profilo, fra queste: segretario del Supremo Consiglio per la sicurezza nazionale, negoziatore sul nucleare e viceministro degli Esteri, tutte cariche ottenute durante la presidenza di Ahmadinejad (2005-2013). Concorre per la quarta volta alle elezioni presidenziali. L’ultima partecipazione risale al 2013, anno in cui Hassan Rouhani vinse le elezioni per la prima volta: Jalili si classificò terzo con l’11,3% di voti. È un candidato molto popolare e benvoluto dall’establishment, ma che probabilmente non riuscirà ad uscire dall’ombra del candidato conservatore favorito Ebrahim Raisi.
Mohsen Mehralizadeh (1956): unico riformista in lista, di origini azerbaigiane, politico, ex governatore del distretto del Khorasan e della provincia di Isfahan, è stato per anni a capo di diversi organi statali. Aveva già partecipato alle elezioni presidenziali del 2005, quando risultò il candidato meno votato. Anche queste elezioni non si prospettano molto favorevoli: Mehralizadeh è l’unico candidato in gara che non copre attualmente nessuna carica vicina all’establishment e potrebbe non ricevere l’appoggio di molti gruppi riformisti che hanno deciso di non supportare alcun candidato come forma di protesta alle numerose bocciature dell’Ema.
Mohsen Rezai (1954): conservatore, attualmente segretario del Consiglio per il Discernimento, è stato dal 1980 al 1997 il comandante in capo del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (Pasdaran o guardiani della rivoluzione). È spesso soprannominato il “candidato perenne”, in quanto ha preso parte a tre elezioni presidenziali e a diverse parlamentari, senza però vincerne nessuna. La sua presenza funga quasi da segnaposto per creare una sorta di competizione in una gara già pianificata a tavolino.
Alireza Zakani: (1965) conservatore, fisico di formazione, è attualmente membro del Parlamento. È inoltre proprietario del sito di informazione Jahan News e del settimanale Panjereh. Da sempre forte oppositore dell’accordo sul nucleare Jcpoa, Zakani era stato escluso alle elezioni presidenziali del 2013 e del 2017 e probabilmente giocherà un ruolo marginale anche nella tornata di quest’anno.
Grandi esclusi, astensionismo e il favorito
Questa tornata elettorale non si preannuncia quindi particolarmente competitiva. Personaggi di spicco, quali Ali Larijani (ex presidente del Parlamento), Eshaq Jahangiri (vicepresidente di Rouhani) e Mahmoud Ahmadinejad (già presidente dal 2005 al 2013) sono stati esclusi per volere del Consiglio dei Guardiani. La scelta sembra essere dettata dalla volontà di facilitare la vittoria del candidato favorito Ebrahim Raisi. Ali Khamenei ha inoltre appoggiato appieno le scelte del Consiglio. Questi e altri fattori, fra cui un generale malcontento, la pesante crisi economica e la disastrosa emergenza sanitaria in cui versa il Paese, concorreranno a un elevato tasso di astensionismo.
L’establishment iraniano ha quindi preso una decisione chiara nel supportare un candidato a discapito della legittimità del voto popolare. Decisione nettamente in contrasto con narrativa portata avanti nei decenni scorsi, che vedeva nel voto popolare un meccanismo di autolegittimazione del regime di Teheran. Le elezioni presidenziali del 18 giugno non dovrebbero quindi riservare molte sorprese. Gli effetti a lungo termine di questa crisi di legittimità e di ricompattazione delle forze conservatrici rischiano invece di peggiorare il già fragile equilibrio della Repubblica islamica.
A cura di Manuel Mezzadra, autore Mena de Lo Spiegone
***Lo Spiegone è una testata giornalistica formata da studenti universitari e giovani professionisti provenienti da tutta Italia e sparsi per il mondo con l’obiettivo di spiegare con chiarezza le dinamiche che l’informazione di massa tralascia quando riporta le notizie legate alle relazioni internazionali, della politica e dell’economia.
Foto di copertina EPA/ABEDIN TAHERKENAREH