IAI
Ddl Zan e comunione a Biden

Divisioni religiose e alleanze pericolose

28 Giu 2021 - Cesare Merlini - Cesare Merlini

Di recente il mondo cattolico è stato scosso da due eventi. Primo, il voto con cui la Conferenza episcopale americana ha annunciato un’azione punitiva nei confronti dei fedeli che non combattono con ogni mezzo l’aborto (a cominciare, vedi caso, dal presidente in carica Joe Biden); poi la nota verbale della segreteria di Stato vaticana al governo italiano, critica del ddl Zan contro l’omotransfobia in esame al Senato. Entrambi sono stati in prevalenza commentati in relazione ai due contesti politici nazionali del momento; e alle divisioni interne alla Chiesa.

Qui si muove, sì, da tali divisioni ma si intende allargarne la prospettiva all’insieme della questione religiosa nella società globale di oggi. Esse, infatti, non riguardano solo il cattolicesimo, e neppure solo il più ampio cristianesimo. È un fenomeno percepibile presso più fedi e in più regioni, in conseguenza dei trend manifestatisi da ormai più di un decennio verso una maggiore secolarizzazione nel mondo, variamente descritta nelle indagini demoscopiche. (si veda, ad esempio, l’analisi di Ronald F. Inglehart su Foreign Affairs: “Giving Up on God. The Global Decline of Religion“)

La risposta alla pandemia è sembrata venire a conferma della tendenza in questione, essendo stata ben più laica di quelle a precedenti pestilenze e simili, comunemente attribuite a castighi di Dio. Nel sentire della gente il ruolo salvifico è ricaduto principalmente sulla scienza e sulla tecnica (terapie intensive e ultrarapida conquista di antidoti efficaci), sullo Stato e sul mercato (intervento pubblico e produzione degli strumenti medici, dalle mascherine ai vaccini). Nel dramma, l’imperativo della comunicazione ha messo in ombra quello della preghiera e l’effetto dolcificante della solidarietà civile, elargita dagli “eroi” dei servizi sanitari, ha prevalso sull’accettazione di fede, benedetta dai ministri dei culti – salvo che per i riti funebri, quando non resi impossibili da numeri impietosi in diversi angoli della Terra -.

Due fattori sembrano essere particolarmente rilevanti nello spingere gli umani verso la secolarizzazione. Uno riguarda la società ed è legato alla questione del ruolo delle donne e a tutto quanto vi gira attorno, rispetto a cui quasi tutte le religioni devono fare i conti con tradizioni, scritte e non, basate sulla superiorità dell’uomo. L’altro è più culturale e discende dal declino del mistero e dell’intervento divino, a seguito delle spiegazioni che di ogni tipo di fenomeno sembrano poterci dare le galoppanti conoscenze scientifiche, non solo in campo epidemiologico.

Poiché entrambi fattori appaiono difficilmente reversibili, i leader religiosi si dividono fra il rifiuto e l’adattamento, entrambe soluzioni che, anche se diversamente, espongono le fedi a una loro minore influenza nelle società, in vari casi a ruoli minoritari al loro interno. È vero che le divisioni all’interno dei credi non sono una novità, la storia che abbiamo imparato a scuola avendoci insegnato di guerre sanguinose e interminabile ad esse dovute.  Tuttavia la frattura che si delinea adesso fra una componente più conservatrice, dottrinaria e identitaria e una più spirituale, solidale e dialogante potrebbe esser di una significativa profondità. Non a caso la parola “scisma” sembra ricorrere con più frequenza di questi tempi.

Il ruolo della prima componente è stato ben visibile, come abbiamo già avuto modo di notare, nell’America cristiana degli Evangelicals, che continuano ad esercitare un forte influenza nella trasformazione in corso del partito repubblicano; lo è stato nell’Israele ebraico di Benjamin Netanyahu e continua ad esserlo con il ruolo esercitato dagli ortodossi nella contraddittoria maggioranza che vi è subentrata; lo è stato nella Turchia musulmana di Erdogan, che ora proibisce la musica dopo la mezzanotte; continua ad esserlo nell’India induista di Modi, pur fumante dei roghi delle vittime della pandemia.

Orbene, a fronte di questi  come di vari altri casi che si potrebbero menzionare, esistono orientamenti e raggruppamenti religiosi di tipo più spirituale, o  mistico, guidati dal senso della fraternità, dell’agape, pure presente in quasi tutte le rispettive tradizioni. Essi però tendono ad essere meno noti e citati rispetto alle prime, che, come si rileva dalla casistica riferita, convivono in sinergia con importanti esponenti politici e di governo, aventi in comune l’ispirazione autoritaria e nazionalista nella loro condotta, dunque in una qualche armonia con la preferenza dottrinaria e identitaria dei gruppi religiosi corrispondenti.

È alla luce di questo quadro complessivo che si può tornare ai due eventi occorsi nella sfera cattolica, da cui siamo partiti. E che, tra l’altro, sono stati visti come suscettibili di mettere in questione il papato di Francesco. Esiste una coerenza di fatto, anche geopolitica, fra il 70% di vescovi americani che in assemblea sono stati per la linea dura sull’aborto (e che magari avevano votato per Trump, contro il cattolico Biden) e quei vescovi italiani che, pur con tutte le successive prudenze del caso, hanno sostenuto la nota consegnata dall’arcivescovo Paul Gallagher al nostro ambasciatore presso la Santa Sede.

Ora, forse non a caso, tale nota è stata applaudita anche da Matteo Salvini e da Giorgia Meloni, cioè dai fan italiani dell’imbarazzante autocrate Victor Orbán, divenuto campione delle leggi contro la tolleranza sessuale e di genere al punto di mettere in questione la partecipazione dell’Ungheria all’Unione europea.